Una chiesa nei Fori imperiali
Roma, 11 marzo 1440: da tre giorni sono esposte le spoglie di Francesca Romana, meta della devozione di “tota civitas” nella chiesa di S. Maria Nova, che in seguito prenderà il nome della santa, monaca oblata di grande generosità. Chiunque si inoltri nel Foro Romano, lungo la Via Sacra, si imbatterà in una candida facciata palladiana che svetta superba tra le grandiose rovine della Basilica di Massenzio, l'Arco di Tito e lo scenario incomparabile del Colosseo, collegando, non solo idealmente, i fasti della Roma pagana con lo splendore della Roma cristiana. E' la chiesa di S. Francesca Romana, la cui storia millenaria inizia nei primi secoli del Cristianesimo, quando, tra le rovine del tempio di Venere e Roma, fu costruita una chiesa intitolata alla Vergine Maria ( IX secolo), che inglobava un più antico oratorio, dedicato da papa Paolo I agli Apostoli Pietro e Paolo. La scritta in latino al di sotto del timpano ricorda ancora la doppia intestazione, prima a S.Maria Nova, poi a S. Francesca Romana.
Definita “la Nova”, per distinguerla da S. Maria Antiqua, preesistente nei Fori e molto danneggiata, la chiesa subì un primo restauro nel XII secolo, quando furono edificati il bel campanile romanico ed il chiostro, ma si trasformò nelle forme che oggi ammiriamo nei primi decenni del ‘600, per volere di Paolo V, il quale ne affidò all'architetto aretino Carlo Lambardi (o Lombardi) il totale rifacimento. La classicheggiante facciata in travertino, a salienti, ritmata da paraste corinzie, conclusa da un timpano triangolare e raccordata con aggraziate volute alle ali laterali, ben si coniuga con l'interno vasto e solenne, ad unica navata con cappelle laterali, fastoso ma senza eccessi, anche se la sontuosità del soffitto ligneo seicentesco sembra accentuarne l'aspetto barocco.
Abbazia benedettina fin dal 1352 per volere del cardinale Pietro Roger Beaufort, divenuto papa Gregorio XI, la chiesa è molto cara ai Romani, che fin dall'inizio avevano apprezzato le tante opere di misericordia compiute dalla nobile patrizia Francesca, chiamata affettuosamente “Ceccolella”. Malgrado le disgrazie personali, infatti, ella si prodigò senza sosta per i poveri; fondò la Congregazione delle Oblate di Maria a Tor de' Specchi e fu sepolta nella cripta della chiesa.
Quando nel 1615 si iniziò la sua ristrutturazione, valenti artisti furono coinvolti nell'abbellimento di una chiesa che, anche per la sua spettacolare posizione sul Palatino, si presentava come un edificio di culto di grande pregio. Il più affermato scultore del tempo, Gian Lorenzo Bernini, fu infatti incaricato di progettarne la cripta, destinata a ricevere il corpo della santa, ritrovato nel 1638 intatto, nonché un gruppo bronzeo, purtroppo disperso durante l'occupazione napoleonica. Mentre la cripta fu realizzata due secoli più tardi da Andrea Busiri Vici senior, l'altare della Confessione , al centro del Presbiterio, un complesso apparato sepolcrale, conserva l'impronta berniniana nella dinamica e policroma struttura del tempietto semicircolare, poggiante su colonne di diaspro rosa. Anche se le statue marmoree di Santa Francesca Romana e dell'angelo sono opere ottocentesche di Giosuè Meli, nell'insieme della struttura si riconosce la scenografica genialità del “cavalier Bernino”, infaticabile creatore del barocco romano.
A differenza di altre chiese, rimaneggiate in età barocca, in cui è evidente un eclettismo di stili, spesso in contrasto tra loro, Santa Francesca Romana riesce a far convivere armoniosamente le più diverse espressioni artistiche, dai bizantineggianti mosaici dell'abside, rutilanti d'oro, ai dipinti sei e settecenteschi che adornano le cappelle laterali.
Tra le testimonianze davvero uniche che la chiesa conserva, vi è La Vergine Glykophilousa , una ieratica icona del V/VI secolo, ritrovata fortunosamente al di sotto del dipinto duecentesco posto sull'altare maggiore, durante un restauro nel 1949, che rappresenta la più antica immagine mariana di Roma ed affascina per il suo enigmatico volto, al pari delle reliquie dei silices apostolici (VIII secolo), ovvero le impronte delle ginocchia di S. Pietro. Secondo una tradizione apocrifa, l'Apostolo riuscì con la preghiera a vincere la sfida con l'anticristo Simon Mago, il quale, lanciatosi in volo, dinanzi all'imperatore Nerone per mostrare i suoi poteri, fu abbattuto dalla forza della preghiera di Pietro. Anche il pavimento della chiesa, sebbene rifatto nel ‘900, nella zona della schola cantorum discopre frammenti preziosi dell'antica decorazione cosmatesca , realizzata dai marmorari romani mediante tarsie di forme fantasiose, secondo una tradizione locale romanica.
A Gregorio XI, che ebbe il merito di ricondurre dopo 70 anni la sede papale da Avignone a Roma, è dedicato un monumento funebre di classica eleganza, in cui campeggia un altorilievo marmoreo raffigurante l'importante evento, ma ovunque nella chiesa si possono scoprire interventi artistici di grande interesse, dagli affreschi quattrocenteschi della scuola di Melozzo da Forlì alle decorazioni seicentesche dell'abside, che ricordano il martirio di San Nemesio e dei compagni, qui sepolti dall'età medioevale.
Sposarsi in questa chiesa è un privilegio: famosi matrimoni sono stati officiati nella maestosa architettura , uno per tutti, quello di Linda Christian e Tyrone Power negli anni '50.
Ma Ceccolella rimane soprattutto nel cuore del popolo: ogni anno, il 9 marzo, data della sua morte, una folla di auto si raduna dinanzi alla Chiesa per ricevere la benedizione e commemorare la santa dei derelitti, divenuta anche patrona degli automobilisti, dal 1925!
Le foto, a corredo dell'articolo, gentilmente concesse dall'Archivio del Fondo Edifici di Culto, sono di Sandro Pisello e Giacinto Mongelli.
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Panorama dei Fori
S.Francesca R.: gouache (maestri del Voyage Pittoresque)

S.Francesca R.: interno (XVII sec)
Facciata e campanile
S.Francesca Romana e il Colosseo
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