Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno III - Mar./apr. 2007, n. 8
IL PIACERE DELL'ANTICO  

CAPOLAVORI SVELATI


Due dei Sette
di Paolo Moreno






Una recente pubblicazione ha rinnovato l'interesse per il ritrovamento dei celebri Bronzi nelle acque di Riace, intorno al ferragosto del 1972 (Giuseppe Braghò, I Bronzi, Le altre verità , Vibo Valentia 2006, Edizioni Monteleone): si vorrebbe che i documenti messi liberalmente a disposizione dell'autore da parte della Soprintendenza Archeologica della Calabria servissero a rintracciare altri elementi del complesso allora recuperato. L'opportunità viene salutata felicemente da chiunque abbia coscienza dell'importanza che i due nudi esposti al Museo Nazionale di Reggio hanno assunto nella storia dell'arte antica. Identificati quali Tideo e Anfiarao, dalla schiera dei Sette contro Tebe innalzata sull'agorà di Argo insieme alle immagini dei loro discendenti (Epigoni), sono stati attribuiti rispettivamente ad Agelada di Argo e ad Alcamene di Lemno. La contingenza storica, illustrata in età romana dallo scrittore ellenico Pausania, consente di datare la dedica dopo la vittoria ottenuta il 456 a. C. dagli Argivi e dagli Ateniesi sugli Spartani a Oinoe.






Tideo e Anfiarao, copie dagli originali rinvenuti nel mare di Riace ed
esposti al Museo Nazionale di Reggio Calabria. Bronzo, opera di Dino
Morsani, 2002. Tebe, Palazzo dei Congressi: protette dai cristalli,
le mura di età micenea affiorate nei recenti scavi.





Prima di muovere verso la Beozia, i Sette avevano fondato i giochi di Nemea: tale merito agonistico rendeva adatti i superstiti del gruppo a commentare la celebrazione in Grecia delle Olimpiadi il 2004. Furono acquistate le splendide copie eseguite in bronzo da Dino Morsani (nato a Rieti nel 1934), ma la prevista esposizione allo Stadio di Atene non fu attuata. Nel settembre 2006 fui invitato a parlare dei Riace in relazione alla tragedia di Eschilo, per il simposio Dramma, mito e pólis , che si teneva a Tebe. Mi sovvenne degli eroi depositati al Pireo. Presentandoli non tanto quali atleti, bensì guerrieri, chiesi che tornassero là dove il loro ardire si era infranto alle fatali porte. Immediata l'approvazione del Ministero della Cultura, e della cittadinanza di Tebe: il sindaco offriva la disponibilità del moderno Palazzo dei Congressi, sull'acropoli micenea. A tremila anni dal leggendario assalto, Tideo e Anfiarao sono entrati nella Cadmea.




Paolo Moreno - cattedra di Archeologia e storia dell'arte greca e romana - Facoltà di Lettere e Filosofia, Università Roma Tre ( www.paolomoreno.com)

 

Testa della statua di Tideo. Bronzo, opera
di Agelada, 456 a. C., dal mare di Riace. Reggio Calabria, Museo Nazionale.




L’episodio segna nel Peloponneso anche la conclusione delle sculture che ornavano il tempio di Zeus a Olimpia: con un insperato sviluppo della ricerca, si è dimostrato che Agelada e Alcamene (quest’ultimo citato al proposito da Pausania) erano stati autori dell’intero progetto decorativo, iniziato nel 472, che comprendeva le metope e i frontoni (P. Moreno, I Bronzi di Riace, Milano 2002, 2a ed., Electa). Nell’evidenza archeologica che risolveva il tenace mistero del Maestro di Olimpia, e nella tempra di uno scultore del nostro tempo, la Grecia ha trovato l’occasione per riportare a Tebe i protagonisti del mitico assedio.



Testa di Atlante, dettaglio della metopa con Eracle e i pomi delle Esperidi. Marmo di Paro, 472-456 a. C., dal tempio di Zeus. Olimpia, Museo: l’assoluta somiglianza col profilo del Tideo, conferma la partecipazione di Agelada alla decorazione del tempio.





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