Proprio al periodo brianteo è
legato il momento di passaggio dallo stile tradizionale degli esordi,
caratterizzato dai toni scuri tipici della pittura di fine ottocento,
alla ricerca della luce attraverso pennellate di colori puri giustapposti,
caratteristici della sua fase pienamente divisionista degli anni
'90 dell'Ottocento. Queste pennellate spesse e materiche, stese
con il pennello o con la spatola e talvolta raschiate via per portare
a vista i toni sottostanti, fanno la loro prima apparizione nei
filamenti del prato in primo piano nel dipinto Alla stanga
del 1886, in contrapposizione con le stesure ancora tradizionali
con cui Segantini ha realizzato il paesaggio e il cielo. "Il quadro
grande", così come l'artista stesso ama definire quest'opera, consacra
attraverso le straordinarie dimensioni (2), fino a quel momento
dedicate a scene di genere o di storia, un soggetto di paesaggio
in cui è rappresentato solennemente il rapporto tra l'uomo e la
natura. La stanga è la staccionata che separa i pascoli dei due
vicini paesi di Caglio e Sormano, a cui le vengono ricondotte le
mucche al termine della giornata, accudite dalle contadine, di cui
il pittore accenna appena i tratti del volto. La luce calda del
sole al tramonto proietta i profili diagonali delle lunghe ombre,
mentre i suoi raggi penetrano nella nebbia umida delle colline grigio-azzurre
sullo sfondo. Recandosi nel preciso punto dove Segantini dipinse
en plein air "il quadro grande", non vi sarà però possibile ritrovare
la stessa profondità della pianura qui raffigurata: l'immagine non
è una rappresentazione della realtà, ma l'elaborazione di quel paesaggio
attraverso le emozioni dell'artista. Tra l'autunno del 1885 e la
primavera del 1886, per sei mesi, Segantini con l'aiuto di tre assistenti
trasporta sul posto dal suo studio l'enorme struttura lignea su
cui era stata tensionata provvisoriamente la tela per poter dipingere
all'aperto, stipendiando le tre contadine come modelle. Alla
stanga viene esposto per la prima volta alla Permanente di Milano
nell'aprile del 1886, occasione in cui ottiene grande riconoscimento
dalla critica tanto da venire acquistato nel 1888 all'Esposizione
Nazionale di Bologna dal Governo Italiano per 18.000 lire. Il dipinto,
conservato presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma,
allora avente sede in Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale,
è una delle rare opere presenti nelle collezioni pubbliche italiane
a causa del precoce trasferimento di Segantini in Svizzera. Il celebre
dipinto ha avuto una storia conservativa molto travagliata a causa
dell'atto vandalico subito nel giugno del 1948 da uno squilibrato
che con un coltello ha procurato dei lunghi tagli proprio al centro
della tela, avventandosi anche su Il Voto di Francesco Paolo
Michetti, esposto nella stessa Galleria. I due dipinti sono stati
tempestivamente "ricoverati" presso i laboratori dell'Istituto Centrale
del Restauro di Roma (oggi Istituto Superiore per la Conservazione
ed il Restauro), dove è stato effettuato un risarcimento localizzato
dei tagli e la reintegrazione pittorica degli stessi, il tutto in
soli due mesi. Alla stanga è tornato per la seconda volta nei laboratori
dell'ISCR nel gennaio del 2013 per una revisione strutturale dell'intervento
del 1948 e per sottoporre l'opera ad un nuovo intervento conservativo,
reso necessario dall'ingiallimento diffuso della vernice superficiale
e dall'alterazione della vecchia reintegrazione pittorica dei tagli.
Il restauro, portato a termine nell'arco di sette mesi da un'équipe
multidisciplinare (3), è stato preceduto da una serie di indagini non
invasive che hanno permesso di effettuare uno studio approfondito
della tecnica esecutiva e dei materiali costitutivi, fase fondamentale
per la progettazione di un corretto intervento. La riflettografia
infrarossa ha portato alla luce alcune modifiche in corso d'opera
da parte di Segantini, individuabili ad esempio nella riduzione
dimensionale del gruppo delle mucche e della contadina sulla destra,
dipinta interamente per ben tre volte: la riduzione dimensionale
di alcuni elementi in secondo piano è avvenuta per dare maggior
profondità prospettica alla composizione. La caratterizzazione,
attraverso indagini biologiche, della fibra di viscosa di cui è
costituita la grande toppa utilizzata per il risarcimento dei tagli
del 1948 ha rivelato la scelta di un tessuto sintetico di allora
recente introduzione, che attesta la già elevata attenzione da parte
dei restauratori dell'ICR ai materiali impiegati per la conservazione,
ricaduta su un tessuto estremamente sottile ed allo stesso tempo
resistente. L'intervento del 1948 è stato pertanto valutato come
pienamente efficace grazie all'attuale stabilità strutturale della
zona danneggiata. Si è proceduto quindi alla delicata fase di pulitura,
effettuata grazie all'impiego di un gel rigido trasparente (Gellano)
avente funzione estrattivo/supportante, in grado di inglobare al
suo interno delle miscele di solventi organici e di rilasciarle
sulla superficie in maniera controllata. In questo modo è stato
possibile assottigliare gli strati di vernice conservando l'antica
verniciatura ed evitando sempre il contatto diretto del solvente
con la pellicola pittorica originale. L'assottigliamento della vernice
superficiale ha reso possibile la riduzione della componente giallastra
causata dall'ossidazione ed il recupero dei corretti valori cromatici
del dipinto. L'operazione successiva è consistita nel trattamento,
tramite l'apporto controllato di umidità e pressione, delle deformazioni
del supporto verificatesi a seguito di un intervento di foderatura
di cui, nonostante le ricerche d'archivio, non si è trovata traccia
ma che molto probabilmente è stato effettuato nel corso dei primi
vent'anni del '900. L'ultima fase, quella della presentazione estetica,
ha richiesto particolare attenzione e cura: si è optato per una
reintegrazione di tipo mimetico sia per quanto riguarda la stuccatura
che la modalità di applicazione del colore al fine di ridurre il
più possibile la percezione visiva dei lunghi tagli centrali. La
nuova stuccatura è stata realizzata con l'ausilio di una lente di
ingrandimento a visiera, ricreando con una spatola la morfologia
delle pennellate limitrofe, così come la reintegrazione pittorica,
eseguita con colori ad acquarello e a vernice, ha ristabilito una
continuità di texture con la pellicola pittorica originale. L'intervento
è stato completato con l'applicazione tramite nebulizzazione di
un protettivo finale uniformante in strato molto sottile. È oggi
possibile ammirare nuovamente Alla stanga nella sala della Galleria
Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Il restauro è stato presentato
con una conferenza stampa il 30 novembre 2013, che ha visto la partecipazione
della maggiore studiosa di Segantini, la storica dell'arte Annie
Paule Quinsac, che ha definito l'intervento come "un restauro eccelso"
che "ha permesso di rendere vita" ed "una più grande leggibilità"
al dipinto, il cui ingiallimento delle vernici "aveva tolto il senso
dei volumi che in Segantini è fortissimo". Il celebre capolavoro
lascerà per alcuni mesi la GNAM per essere esposto nel Palazzo Reale
di Milano nell'autunno 2014 in previsione di una mostra interamente
dedicata a Giovanni Segantini.
|
|
I tagli provocati dall'atto vandalico del 1948. Fotografia d'Archivio ISCR.
Particolare del gruppo delle mucche e della contadina sulla destra in luce visibile: il cappello della contadina e il profilo delle mucche precedentemente dipinti sono stati trasformati in covoni.
Un particolare del cielo durante la pulitura: la parte sinistra presenta ancora lo strato di vernice ingiallita, mentre nella parte destra la vernice è già stata assottigliata.
Il trattamento delle deformazioni con umidità e pressione.
Ripresa a luce radente della nuova stuccatura, effettuata imitando la morfologia della superficie pittorica circostante.
La restauratrice Francesca Secchi durante la fase
di reintegrazione pittorica.
La restauratrice Caroline Dupré durante
la fase di reintegrazione pittorica.
|