A Palazzo Reale di Torino, dall’8 marzo al 3 giugno 2014,
sarà esposta un’opera di Artemisia Gentileschi, “Santa
Caterina”, dipinta a Firenze nel 1620, proveniente dagli Uffizi
di Firenze, per celebrare la giornata dedicata alla donna. Un modo
appropriato, a nostro avviso, di ricordare la forza e la creatività
delle donne e il nostro periodico vuole omaggiare Artemisia proponendo
l’immagine di una femminilità ove coincidano forza
morale, professionalità, dignità e talento.
Figlia e allieva del pittore Orazio, Artemisia (Roma 1593/Napoli
1653) si formò agli inizi del XVII secolo all'ombra del padre, ma
grazie ad un'imprevedibile caparbia e alle innate capacità interpretative,
il suo linguaggio divenne ben presto autonomo e seppe esprimersi
in capolavori assoluti, come il notissimo "Giuditta che decapita
Oloferne", in cui il crudo verismo della scena traduce una personalità
passionale, vicina a un caravaggismo tutt'altro che di maniera.
Rari i nomi delle artiste che la storia dell'arte abbia tramandato
tra '500 e '600: Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana, ad esempio,
furono tra le poche ad emergere in un mestiere destinato agli uomini
e nel quale solo l'essere figlia o sorella di un pittore poteva
rappresentare un'agevolazione in una carriera ritenuta comunque
disdicevole. Iscriversi alle Accademie, com'è noto, non era concesso
alle donne, che volendo assecondare la propria inclinazione, dovevano
sfidare costumi e abitudini di una società controriformista, gretta
e ipocrita. Perciò l'arte della pittura, se tenacemente perseguita,
poteva essere acquisita dalle donne soltanto nella bottega di un
familiare cui spesso venivano attribuite sia le opere che il merito!
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Artemisia Gentileschi, Santa Caterina, 1620, Uffizi, Firenze
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Tanti i pregiudizi da combattere, poche le committenze
specifiche, difficile l'inserimento in un mondo regolato da uomini:
malgrado ciò, Artemisia è riuscita ad abbattere il muro dei preconcetti,
delle indignazioni e del silenzio. Non un Caravaggio in tono minore, dunque, né una pedissequa imitatrice dell'arte paterna, che è invece priva dei toni drammatici a lei cari, ma un'artista sensibile, espertissima nel disegno, capace di rendere con materica evidenza la preziosità delle stoffe, amante dei suggestivi effetti di luce che sono finalizzati alla resa truculenta delle immagini. Queste ultime divengono spesso una brutale trasposizione figurativa delle personali angosce e degli episodi che segnarono la sua vita, soprattutto lo stupro subito da parte del maestro, Agostino Tassi, collega del padre, contro cui la pittrice intentò una causa legale e, cosa veramente inconsueta per i tempi, la vinse! Tuttavia nella sua arte la rabbia e la volontà di punire i colpevoli di violenze sempre si intravedono: le scene di uccisioni spietate, i macabri particolari del sangue zampillante dalle ferite, gli sguardi allucinati dei protagonisti sono elementi caratterizzanti del suo stile pittorico, ma anche di una personalità ardente e di una vita tumultuosa. Anche in un'opera come " Santa Caterina", soggetto edificante, Artemisia non spegne la sua veemente personalità delineando l'immagine di una donna dal forte carattere, dal piglio energico, in cui molti critici hanno voluto ravvisare le sue fattezze!
Donna, madre e pittrice eccezionale, dunque , fu Artemisia, stimata talmente dai contemporanei da influenzare, nel periodo trascorso a Napoli, i linguaggi di valenti artisti. Tuttavia muore sola e dimenticata, dopo essere riuscita a ottenere grande fama anche a Londra, dove aveva trascorso soltanto due anni della vita al seguito del padre, apprezzata quanto e più del famoso Orazio.
Questa rievocazione vuole essere un omaggio a una donna straordinaria e a una artista eccellente che soltanto dall'inizio del '900, grazie alla lungimirante visione di Roberto Longhi, ha ottenuto il riconoscimento internazionale della propria genialità.
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