Bilanciamento che da una parte vede la necessità di rispettare
il principio di economicità (che tra l’atro è
richiamato proprio dalla legge 241 del 1990 e ss mod. e integrazioni)
e dall’altra l’esigenza di salvaguardia e tutela dei
beni appartenenti al patrimonio della nazione.
L’argomento è molto delicato e vasto e non permette
l’esaurimento in un solo scritto, intanto possiamo però
tracciare i confini della materia.
La fonte normativa è anche il Codice dei Beni culturali che
dall’articolo 110 all’articolo 121 regolamenta la materia
della valorizzazione del patrimonio culturale.
Andiamo ad esaminare l’articolo 120 comma 1 che spiega cosa
è la sponsorizzazione (così come sostituito dal D.Lgs.
26 marzo 2008, n. 62.) che riguarda le cd. Sponsorizzazioni, il
quale testualmente recita: “(…) 1. E' sponsorizzazione
di beni culturali ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato
per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla
tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con
lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività
o il prodotto dell'attività del soggetto erogante. (…)”.
Mentre il successivo comma 2 della medesima
norma specifica come: “(…) 2. La promozione di cui al
comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio,
dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa
oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico
o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare
o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione.
(…)”. Tracciando quindi un confine molto labile quando
parla di “forma compatibili con l’aspetto il decoro”
etc.
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