Un argomento molto importante e meritevole di approfondimento soprattutto
in questo particolare momento storico è quello relativo cd.
sdemanializzazione dei beni appartenenti al demanio dello Stato.
Infatti negli ultimi anni (complice la crisi economica) il Governo
ha manifestato più volte l’intenzione di alienare parte
del patrimonio disponibile dello Stato ma recentemente si è
pensato di fare altrettanto con gli arenili trovando un sistema
lecito per venderli agli attuali concessionari che gestiscono attualmente
parte degli stessi. Questo vuoi per superare (in maniera forse non
del tutto corretta, ma evitando in parte i contenziosi con gli attuali
concessionari che vi hanno investito per costruire le strutture)
gli imput che vengono dalla U.E. che richiede gare pubbliche comunitarie
per l’assegnazione delle concessioni demaniali (in ossequio
della direttiva Bolkestein, il timing sembra oramai fissato per
il 2020….), vuoi per creare una monetizzazione una tantum
per lo stato.
Ma che cosa è sostanzialmente la sdemanializzazione ?
In gergo tecnico la stessa indica un atto o un fatto che incide
sulla destinazione pubblicistica di un bene determinandone la cessazione
del relativo status pubblicistico (nel caso dei beni demaniali questo
coincide con il concetto di inalienabilità a qualsivoglia
titolo, si pensi che non sono nemmeno usucapibili..).
Come noto, nella categoria dei beni demaniali, occorre distinguere
il demanio necessario, (naturale o artificiale) che è ab
origine destinato al pubblico interesse ed il demanio eventuale
che acquisisce lo statuto pubblicistico della demanialità
solo a seguito di uno specifico atto amministrativo.
La materia è regolata dal Codice Civile e per quanto riguarda
il demanio marino anche dal Codice della Navigazione R.D. 30 marzo
1942, n. 327 (sono costituiti da: a) il lido, la spiaggia, le rade
e i porti; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare,
i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte
dell’anno comunicano liberamente col mare; c) i canali utilizzabili
ad uso pubblico marittimo).
Nel codice civile le norme che interessa ricordare sono quelle regolate
dagli articoli 822 e 829.
L’art. 822 c.c. sancisce che: “(…) Appartengono
allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare,
la spiaggia, le rade, e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e
le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere
destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio
pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e
le strade ferrate; gli aeroporti; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti
d’interesse storico archeologico e artistico a norma delle
leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli
archivi, delle biblioteche; e infine i beni che dalla legge sono
assoggettati al regime proprio del demanio pubblico (....)”
Mentre il successivo articolo 829 c.c. ne regola l’alienabilità:
“(…) il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio
dello Stato deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa.
Dell'atto deve essere dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica. Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni,
il provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio deve essere
pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali
(…)”.
Ma è giuridicamente valida la soluzione di vendita dei beni
demaniali come gli arenili dati in concessione?
Occorre una premessa, per vendere gli arenili è necessario
un passaggio formale ma assolutamente indispensabile.
Gli stessi (almeno nella parte che è attualmente in concessione)
dovrebbero perdere, attraverso una complessa procedura di legge
e di decreti attuativi, lo status di demanio naturale e divenire
patrimonio dello Stato. A quel punto, dopo precipua valutazione
fatta dalle Amministrazioni preposte o da società pubbliche
create all’uopo, potrebbero essere venduti secondo modalità
indicate dal legislatore.
Restano comunque i dubbi circa l’elusione della direttiva
comunitaria.