Ritratto dello scrittore Stendhal
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La Colonna Aureliana ( particolare
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Il Gran Tour era il viaggio che letterati,
pittori e poeti effettuavano in Italia tra '700 e '800, considerando
la nostra Penisola culla d'arte e di cultura, un "museo a
cielo aperto" ricolmo di innumerevoli bellezze naturali e
artistiche. Tra i moltissimi viaggiatori dell’età
romantica che più amarono l’Italia primeggia lo scrittore
Henry Beyle, conosciuto con lo pseudonimo di Stendhal (Grenoble
1783- Paris 1842): spirito libero, insofferente di ogni costrizione,
trovò la vera patria in Italia, che considerò un
soggiorno impareggiabile per chi volesse godere il piacere di
vivere e di amare. Oltre Milano, che lo aveva incantato fin da
quando, nel 1800, con il grado di sottotenente, era venuto al
seguito dell’esercito francese, e che sarà per lui
la patria d’elezione (Arrigho Beyle, "milanese",
sarà il suo epitaffio!), altre città diventano mete
dei suoi frequenti viaggi: Parma, Firenze, Napoli, ma soprattutto
Roma lo colpì per le genti, le storie, la grande tradizione
d’arte che la rende unica al mondo.
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La Scalinata di Trinità
dei Monti e la fontana "Barcaccia" del Bernini
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Il Pantheon, a detta di Stendhal, "il più
bel resto d'antichità romana"!
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Durante il viaggio che lo scrittore fece nel
1827 da Parigi a Roma, è letteralmente rapito dalla bellezza
del Lago Maggiore e delle Isole Borromee prima di raggiungere
Parma, la città in cui ambienterà il suo capolavoro,
La Chartreuse de Parme (1839). Fiorente comune nel Medioevo,
colta signoria rinascimentale dei Farnese, infine ducato borbonico
in età risorgimentale, Parma conserva, ancora adesso, l’aspetto
di una capitale di antica tradizione culturale, caratterizzata
da un’autonoma scuola pittorica e dalla passione mai spenta
per la musica. Proprio nella cittadina emiliana, che un altro
scrittore, Maurice Barrès, definisce “il luogo
del mondo più adatto per abbandonarsi alle fluttuanti impressioni
dell’animo”, Stendhal ambientò il suo romanzo.
Il Duomo romanico, con la stupefacente cupola rinascimentale affrescata
dal Correggio, il gotico Battistero di Benedetto Antelami, che
grandeggia sulla Piazza con la sua mole ottagona, le chiese cinquecentesche
e il Teatro Farnese, uno dei primi teatri stabili d’Europa,
che Stendhal potè vedere in tutta la sua magnificenza,
rappresentano lo scenario incantevole della sua storia romantica,
intrisa degli eroismi e delle passioni che lui stesso perseguì
nella vita.
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La spettacolare grandiosità della Cupola
michelangiolesca, vista da uno dei ponti romani
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Tuttavia è Roma il luogo magico che
amò soprattutto; nelle Passeggiate romane, originale
diario dei suoi itinerari storico-artistici, lo scrittore descrive
monumenti antichi, basiliche, palazzi e giardini con grande competenza
e con l’entusiasmo di chi, come lui, ha ricercato il piacere
e la felicità che promanano dal godimento della bellezza,
per chiunque sappia assaporarne l’eterno fascino. Dinanzi
alla “Pietà Vaticana” Stendhal dice ammirato
che l’opera di Michelangelo sopravviverà al ricordo
stesso del Cattolicesimo e di fronte agli affreschi di Raffaello
nelle Stanze Vaticane commenta estasiato le virtù pittoriche
del Maestro Urbinate. E’ incantato dalle severe linee architettoniche
della Chiesa del Gesù, ma ancora di più da Santa
Maria del Popolo, del cui interno descrive le belle tombe del
Sansovino e le famose tele “La crocifissione di Pietro
e La caduta da cavallo di Paolo” di Caravaggio, che definisce
grandissimo pittore e grande scellerato per la sua vita bohémienne
e ribelle.
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Uno dei tanti affascinanti scorci
sul Tevere
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La Chiesa del Priorato di Malta sull'Aventino
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Lo scrittore si sofferma spesso sui panorami naturali che la Città
offre dall’alto dei colli, in particolare dall’Aventino
dove si eleva l’armoniosa facciata neoclassica della Chiesa
di Santa Maria del Priorato di Giovan Battista Piranesi, dai cui
giardini, com'è noto, si ammira un incomparabile scorcio
della cupola di San Pietro. Stendhal elogia gli splendidi giardini
del Pincio per la vista superba sulla Città che si gode
dalla terrazza e rammenta l’abitudine invernale, agevolata
dalla dolcezza del clima, delle passeggiate a piedi delle dame
romane, secondo una moda tutta francese, quasi un analogo Bois
de Boulogne!
Da Castel S. Angelo al Campidoglio ai Fori Imperiali, Stendhal
conduce idealmente il lettore in un percorso esaltante d’archeologia
e di storia; definisce il Pantheon "il più bel resto
d’antichità romana", per l’arditezza architettonica
della cupola da lui definita sublime. Nutrito di studi illuministici,
predilige, infatti, l’arte classica e la cultura del Rinascimento
allo stile barocco, che ritiene troppo ampolloso e sulle cui opere
emette spesso giudizi caustici, mai privi d’ironia. I suoi
personali gusti estetici non gli impediscono, però, di
apprezzare capolavori come l’ Estasi di Santa Teresa
di Gian Lorenzo Bernini: dinanzi al marmoreo gruppo, in Santa
Maria della Vittoria, in cui la Santa d’Avila è rapita
in un’ascesi mistica , mentre un angelo sta per trafiggerle
il petto, così si esprime lo scrittore: che arte divina,
quale voluttà, rivelando un non comune senso critico
nell’individuare proprio nella sintesi di sacro e profano
la sostanza dell’arte berniniana.
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L'Arco di Settimio Severo nei
Fori Imperiali
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Castel Sant'Angelo e Ponte Elio, una delle mete
preferite dello scrittore
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La magnificenza barocca di Piazza Navona, bagnata
dalla pioggia
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Benché sia affascinato dalle innumerevoli testimonianze
artistiche della Capitale, che secondo lo scrittore francese creano
a volte una sorta di vertigine (definita, da allora, sindrome
di Stendhal!), egli visitò volentieri anche i dintorni
di Roma; in particolare fu attratto dai Colli Albani e da Ariccia,
dimora di principi, cardinali e Papi. Palazzo Chigi, fatto ricostruire
alla metà del ‘600 da Alessandro VII su progetto del
Bernini e di Carlo Fontana, lo colpì per gli interni fastosi,
ma ancor più per l’immenso parco, 28 ettari di bosco,
l’antico Nemus aricinum, sacro a Diana. Il barco,
come era chiamata questa zona di caccia allora popolata di daini
e di caprioli, poteva ben rappresentare l’ideale stesso del
paesaggio romantico: una natura verdissima di latifoglie e alberi
millenari, intatta nella sua pittoresca bellezza, adorna di fontane
e di reperti antichi provenienti dalla via Appia. Il Palazzo, all’epoca
di Stendhal ancora soggiorno estivo per ospiti illustri, si conserva
oggi eccezionalmente integro: l’imponente struttura architettonica,
con l’originario arredamento seicentesco, firmato dalla scuola
del Bernini, gli affreschi, i quadri, le sculture di noti artisti
e i rari parati in cuoio stampato, detti di Cordova, rappresentano
un complesso “unico” in Europa.
Nei raffinati appartamenti, negli ampi saloni, nelle camere da letto
arricchite di baldacchini lussuosi del Palazzo di Ariccia, il regista
Luchino Visconti ambientò negli anni ’60 il celebre
film “Il Gattopardo”!.
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Bruna Condoleo, storica dell'arte e giornalista, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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