Parlare di Michelangelo non vuol dire soltanto prendere
atto di un’eccezionale genialità e di una mirabile
padronanza delle tecniche scultoree e pittoriche, ma riconoscere
l’originalità delle sue creazioni rispetto ai modelli
antichi e moderni su cui l’Artista fonda la lunga esperienza
di vita e di arte. Analizzando le opere fin dall’età
dell’adolescenza, infatti, si avverte che in lui esistono
in nuce tutte le risoluzioni più ardite e i linguaggi
formali espressi compiutamente nella maturità, a loro volta
antesignani delle più innovative estetiche del nostro tempo.
Le sculture giovanili, come La Madonna della Scala, creata
a soli 15 anni o “Il Bacco” del Bargello", sono
già capolavori assoluti che l’arte dei secoli a venire
prenderà a modelli, dall’Età barocca all’Espressionismo
del ‘900.
Se è vero che Michelangelo sa farsi interprete della sua
età come pochi altri, ciò che genera stupore è
la capacità che hanno le sue opere di oltrepassare l'ambito
culturale del proprio tempo per tradurre in maniera universale l’eterno
e titanico dramma dell’esistere, lo scontro delle passioni,
il dubbio e l’angoscia umani, sentimenti sempre attuali. La
mostra 1564-2014 Michelangelo. Incontrare un artista universale,
che si sta svolgendo a Roma, ai Musei Capitolini, in occasione dei
450 anni dalla sua morte, vuole mettere in risalto i debiti che
il "divino artefice" ebbe con il passato, ma nello stesso
tempo far emergere la modernità d’interpretazione rispetto
ai modelli culturali da lui assunti.
|
Jacopino del Conte (Firenze 1510-Roma 1598), Ritratto
di Michelangelo, 1535 circa, Tavola, cm 98,5 x 68 Firenze, Casa
Buonarroti, inv. Gallerie 1890, n. 1708
|
|
|

Michelangelo, Madonna della scala, 1490 circa, Marmo; cm 56,7 x
40,1 Firenze, Casa Buonarroti, inv. 190
|
Michelangelo aveva studiato da giovane sui reperti antichi conservati
negli Orti medicei, ma aveva anche fatto tesoro dell’arte
di Giotto e di Masaccio, i cui affreschi era solito copiare nella
Cappella Brancacci a Firenze; degli insegnamenti di Bertoldo,
allievo del grande Donatello; ammirava senza dubbio l’arte
greca (specialmente quella ellenistica) e la scultura romana,
ma riteneva il gotico espressionismo di Giovanni Pisano un linguaggio
formidabile. Intriso di una cultura immensa, egli seppe creare
già nei primi 25 anni di vita opere che per qualsiasi artista
avrebbero rappresentato il punto di arrivo di un’intera
carriera!
Già nella giovanile Madonna della Scala Michelangelo
affronta il tema tradizionale della Vergine con il bambino in
maniera inedita: non la tranquilla offerta del Figlio all'umanità,
ma un'inquieta, umana reinterpretazione del soggetto. La tecnica
dello "schiacciato" donatelliano (degradazione dei piani
ai fini prospettici) serve qui a porre le figure in primo piano,
facendo emergere la muscolosa torsione di Gesù, la morbidezza
quattrocentesca del panneggio della Madre, memore delle delicatezze
luministiche di Jacopo della Quercia, e l'inversione prospettica
della scala che, anzichè protendersi nello spazio retrostante,
sembra gravitare verso lo spettatore. “La Battaglia dei
centauri”, scolpita a 16 anni, è un altorilievo
sprigionante un’immensa vitalità nei corpi nudi che
invadono dinamicamente lo spazio con aggetti diversi e con forti
contrapposizioni di masse plastiche. Un ritmo circolare pervade
questa mischia furiosa, ma ordinata da quello stesso ritmo rotatorio
che 45 anni dopo animerà l’imperioso gesto divino
nel Giudizio Universale della Sistina! Nella “Battaglia”
(nella mostra romana è purtroppo presente il calco in gesso)
il marmo è scolpito con forme lucide e luminose, altre
scabre, appena sbozzate, che paiono drammaticamente prigioniere
della lastra da cui tentano di liberarsi: è già
qui il pathos del non finito michelangiolesco, la tecnica
che l’Artista utilizzerà nei “Prigioni”
o nella tragica e poetica “Pietà Rondanini”,
ovvero un rilievo "indistinto", ricercato volutamente
per lasciare trasparire la tensione della forma fisica e il tormento
dell'anima.
|
Michelangelo con la collaborazione di Tiberio Calcagni
(Firenze 1532-Roma 1565), Bruto Post 1539 Marmo, altezza complessiva
cm 95, base cm 21 Firenze, Museo Nazionale del Bargello, inv. Sculture
n. 97
|
|
|

Studi per la scala nel ricetto della Biblioteca Laurenziana, prospetto di una finestra o di un tabernacolo, profili di basi, sagome di profili e disegni di figura
1525
Pietra rossa, pietra nera, penna e inchiostro, su carta; mm 386 x 280
Firenze, Casa Buonarroti, inv.92 A
|
L’ansia religiosa che sempre ha animato Michelangelo durante
la lunga esistenza terrena, costituisce la radice profonda della
sua prassi artistica: le mani del Maestro, abilissime nell’arduo
mestiere del “tollere” materia superflua dal marmo,
come pure nella laboriosa tecnica dell’affresco, hanno saputo
trasfondere nelle opere la forza, a volta turbinosa, della sua fede
e la fiducia nell’uomo, ma anche la drammaticità del
suo destino.
Di grande impatto emotivo il busto di Bruto, esposto in mostra
accanto al celebre Bruto Capitolino, d'età augustea: il confronto
tra le due sculture rivela l’originalità dell’interpretazione
michelangiolesca che accentua la torsione del fiero volto “non
finito”, simbolo di forza morale e di coraggio nella difesa
della libertà, mentre il Bruto bronzeo, “libertatis
vindex”, nella saldezza frontale esprime la determinazione
imperiosa di una salda personalità.
Molti i calchi di opere esposte nella mostra capitolina, fra cui
due dei Prigioni, lo “Schiavo barbuto” e lo “Schiavo
morente”, sculture che Michelangelo aveva realizzato per la
tomba di Papa Giulio II, concepita per San Pietro e mai portata
a termine (com’è noto, il monumento ridimensionato
si trova in San Pietro in Vincoli), un progetto durato 40 anni che
lo stesso Artista definì la “tragedia della sepoltura”!
Una delle sculture originali più affascinanti esposta a Roma
è senza dubbio il Cristo Redentore Giustiniani, proveniente
da Bassano Romano (VT), prima versione incompiuta della statua replicata
dall’Artista più tardi per la chiesa di S. Maria Sopra
Minerva, dove ancora si trova. Quantunque Michelengelo non fosse
soddisfatto del risultato a causa di una macchia scura del marmo
rivelatasi sul viso, l’imponente scultura è molto coinvolgente:
è un Cristo nudo, come un antico eroe, solenne e drammatico,
trionfatore sulla morte nella sua monumentale bellezza formale.
|
Michelangelo,
Dio fluviale,
1525 circa,
Sego, pece, cera, trementina; lunghezza cm 22
Firenze, Casa Buonarroti, inv. 542
|
|
|

Michelangelo, La caduta di Fetonte, 1534 circa, Carboncino, su carta;
mm 349 x 255 Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv n. 177 r
|
Ma la mostra romana riserva molte altre sorprese, esponendo
una grande quantità di disegni, progetti architettonici,
finanche poesie autografe dell’Artista, a testimonianza dell’universalità
dell’ ispirazione michelangiolesca. Nei disegni e nei progetti
creati nei due primi decenni del ‘500 a Firenze per la facciata
di San Lorenzo (in mostra si può ammirarne il grandioso progetto
ligneo, non portato a termine), come nella progettazione grafica
della Sagrestia Nuova, sacello mediceo annesso alla Chiesa contenente
le celebri tombe, o negli schizzi per la Biblioteca Laurenziana,
prima ancora della Cupola di S. Pietro, Michelangelo attua un concetto
di spazio architettonico che, pur rifacendosi all’antico e
tenendo sempre presente l’esempio brunelleschiano, rivela
l’originalità nell’accentuata plasticità
delle membrature, modellate al pari di una scultura, ricche di tensione
e di contrasti di linee e di forze.
Uno dei caratteri pregnanti della personalità di Michelangelo
fu senza dubbio il conflitto intimo e filosofico tra il desiderio
di bellezza ideale e l’impulso erotico, fra una dimensione
celeste e una terrena, che egli tradusse in modo superbo nella scultura,
ma altrettanto efficacemente nella poesia. Lo rivelano le sue rime,
dove si evidenzia l’antinomia tra l’ansia spirituale
e la forza dei sensi, ma ancor meglio le liriche per Vittoria Colonna,
marchesa di Pescara, donna “alta e gradita”, stimata
e vagheggiata dall’Artista che le dedica madrigali appassionati
in cui esprime ammirazione devota e totale.
|
Michelangelo (opera non finita, completata da ignoto
scultore del sec. XVII), Cristo Redentore (Cristo Giustiniani),
1514-1516, Marmo del Polvaccio (Carrara); h. m. 2,50, m. 2,01 senza
la croce, Bassano Romano (Viterbo), Chiesa San Vincenzo Martire
|
|
|

Michelangelo, Crocifiss,o 1563 circa Legno; altezza cm 26,5 Firenze,
Casa Buonarroti, inv. 195
|
L’ansia di pacificare la propria turbolenta natura
si riflette tangibilmente negli ultimi 30 anni di vita dell’Artista,
nei quali il tema della morte e della salvezza cristiana caratterizza
ogni opera, ma soprattutto nel Giudizio Universale della Sistina,
nelle ultime due Pietà, la Bandini di Firenze e la Rondanini
di Milano, di cui sono esposti bellissimi disegni di nudi e studi,
anche nel piccolo prezioso Crocifisso ligneo di Casa Buonarroti
(presente in mostra), realizzato con la tecnica del “non finito”.
La morte, benchè esprima il culmine tragico dell’esperienza
umana, nelle opere di Michelangelo si ammanta di un alone mistico
e salvifico che soltanto la fede può donare.
La mostra capitolina è dunque concepita come un laboratorio
di ricerca degli spunti formali che l’Artista ha assunto dall’antichità
e dall’arte a lui contemporanea, ma presenta anche opere di
artisti celebri che si sono ispirati alle forme e ai temi del Divino
artefice, mettendone a frutto l'insegnamento e le innumerevoli suggestioni
estetiche.
E’ facile, perciò, comprendere come mai la sua figura
sia divenuta mitica: capace di lucido senso critico e di una straordinaria
libertà inventiva, come pochi altri nella storia dell'arte
Michelangelo ha mantenuto una fama inalterata nel tempo.
Esempio di pienezza intellettuale e di alto magistero artistico,
egli è stato uno straordinario punto di riferimento della
vita culturale del '900 lasciando una traccia indelebile nell’opera
degli artisti che si sono confrontati con lui, tanto da costituire
un fulcro di approfondimento che supera i confini degli studi sul
Rinascimento e si inserisce in una prospettiva interdisciplinare,
aperta al panorama internazionale.
La mostra romana è un'occasione di studio e di riflessione
per tentare di comprendere quanto sia stata vasta e profonda l'influenza
di Michelangelo nella cultura del suo secolo e di quelli a lui successivi
per ciò che concerne tutte le arti visive. Il forte carattere
iconico dell'artista nella contemporaneità non ha eguali,
neppure paragonato a personalità geniali come Leonardo e
Munch: l'opera michelangiolesca è talmente presente nell'immaginario
del '900 che se ne è fatto uso e abuso, fino alla recente
rappresentazione del David armato di mitragliatrice in una discussa
pubblicità americana !
Curata da Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio
Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale
di Firenze, con Elena Capretti e Sergio Risaliti, storici dell'arte,
la mostra si concluderà il 14 settembre 2014. un appuntamento
speciale da non perdere!
|
Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
|
|