L’opera scultorea di Alberto Giacometti (Stampa (Svizzera)
1901 / Coira 1966) senza alcun dubbio fa parte di quelle produzioni
artistiche che attingono a un concetto di universalità, raccordando
senza traumi né forzature passato lontanissimo e contemporaneità.
Una mostra al MAN di Nuoro, si propone di evidenziare la capacità
dell’artista svizzero di collegare mondi razionalmente distanti,
ma contigui per espressione formale e per tematiche. Tutte le più
arcaiche civiltà mediterranee e non solo, rivivono, infatti,
nell’opera di Giacometti, mantenendo lo stesso potere noumenico
e lo stesso senso di mistero che caratterizzano le opere dell'antichità:
l’arte egizia innanzi tutto, che a più riprese si innesta
nello spirito e nella forma scultorea prediletta di Giacometti;
l’arte etrusca e quella sumerica, la scultura cicladica, l’arte
africana e il mondo nuragico, insomma l'immenso bagaglio culturale
ed estetico che è alle radici della storia del mondo. Il
confronto tra alcune interessanti testimonianze scultoree di queste
ancestrali culture e le opere di Giacometti costruisce il dialogo
che la mostra nuorese offre al pubblico in un cammino storico ed
esistenziale di rara bellezza e di indubbio fascino.
L’artista, com’è noto, ha attraversato nella
sua attività artistiche diverse fasi, in cui dalla costruzione
figurativa della forma, mai venuta del tutto meno, è approdato
a un linguaggio scarnificato e franto, come dimostrano le immagini
delle donne, i ritratti e le figure esili, dalle forme sottilissime
ed estenuate, simili ad ectoplasmi, simboli di mondi ignoti e di
verità interiori.
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Gruppo scultoreo di Mainekhet e famiglia stanti, Museo Civico Archeologico di Bologna
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Alberto Giacometti: Donna che cammina 1936, Bronzo, cm. h.144.6 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York) Credit Photo David Heald
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Seppure in gioventù egli fosse interessato all’arte
di Durer, Rembrandt, Velasquez e Hokusai, e fosse attratto dalla
modellazione della forma, percorse un itinerario di ricerca di
estrema essenzialità per raggiungere uno stile proprio,
dove potesse accogliere liberamente il riflesso di stimoli provenienti
dalle esperienze più antiche.
Allievo a Parigi nell’atelier di Antoine Bourdelle dal 1922
al 1925, si sentì presto coinvolto con l’opera di
Cézanne e dei cubisti, ma non smise di ricercare approcci
personali e critici. Anche l’avvicinamento al Surrealismo
nei primi anni ’30 fu soprattutto curiosità letteraria
e non soddisfece completamente Giacometti: benchè fosse
attratto dall’esplorazione onirica surrealista, egli individua
la funzione dell’arte nell’evocazione dell’invisibile,
della sfera religiosa e del regno dell’aldilà. Il
pensiero e l’ossessione della morte sono sempre presenti
nell’opera dello scultore, che durante il primo viaggio
in Italia (1921), imbattutosi in una testa egizia al Museo Archeologico
di Firenze, disse: “la prima testa scolpita che mi diede
l’impressione di essere viva”. Fu allora che comprò
il libro della studiosa Hedwig Fechheimer, fondamentale per tutta
l’interpretazione che l’artista diede del significato
trascendente dell’arte egizia: al ritorno da quel viaggio
si raffigurò nell’autoritratto ispirato a quello
del faraone Akhenaton!
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Bidyogo (Guinea Bissau), Ultimo quarto XIX Sec, Legno, stoffa e patina sacrificale h. 39 cm. Collezione privata courtesy Galleria 70, Milano
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Alberto Giacometti: Annette assise, 1956, Bronzo 52x16x24 cm. Collezione privata, Ginevra
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Da allora le sue figure femminili sono sempre più simili
a idoli egizi, immagini quasi incorporee e ineffabili: la donna
stante e l’uomo che cammina ripropongono nell’iconografia
la frontalità e la ieraticità della scultura egizia,
ma non si può tralasciare l’influsso dell’arte
negra, grazie al quale l’artista accentuerà nelle figure
il ventre piatto e allungato per evocare nell’ immaterialità
della forma l’invisibile che da sempre l’uomo racchiude
in sé.
Molte delle sculture di Giacometti sono anche ravvicinabili ai bronzetti
nuragici e ciò, oltre ad esprimere il suo amore per le espressioni
ancestrali, può trovare una spiegazione nelle parole di Giuseppe
Marchiori, storico dell’arte e fine studioso, il quale
nei corpi “esili come guerrieri nuragici, senza lance e
scudi, oppure simili all’idolo volterrano, agli uomini della
notte”, riconosce lo spirito antropologico della ricerca
di Giacometti, tutta tesa a individuare l’essenza più
profonda dell’uomo senza implicazioni di tempo e di spazio.
La mostra nuorese, a cura di Pietro Bellasi e Chiara Gatti, ha infatti
il suggestivo titolo “A un passo dal tempo. Giacometti
e l’arcaico”, che evidenzia la dimensione di eterno
presente nell’opera dell’artista. Pertanto 4 Musei archeologici
italiani (Cagliari, Bologna, Piacenza e Villa Giulia a Roma) hanno
inviato al MAN di Nuoro capolavori arcaici che, in un percorso parallelo,
mostreranno la modernità dell’antico e la primitività
del contemporaneo.
Dal 24 ottobre 2014 al 25 gennaio 2015.
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Bronzetto votivo raffigurante Horo Arpocrate gradiente, Epoca tarda, Museo Civico Archeologico di Bologna
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Alberto Giacometti: Femme de Venise V 1956, Bronzo, cm. 112 x 14 x 32 Collezione privata
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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