Manifesto della mostra "Antonio Ligabue- Pietro Ghizzardi", Mantova , fino al 22 novembre 2015
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A 50 anni dalla morte di Ligabue, a Mantova, in Palazzo della Ragione,
si sta svolgendo una mostra antologica dedicata a due artisti, Antonio
Ligabue - Pietro Ghizzardi, curata da Vittorio Sgarbi, con
l’esposizione di 190 opere, di cui 12 dipinti e 2 disegni
inediti del primo e 37 opere tutte inedite del secondo. La mostra
mantovana, che si svolge nello spazio “Museo della follia”,
ideato da Sgarbi, si presenta come un itinerario emozionante,
che offre l’opportunità al pubblico di scoprire la potente carica
espressionistica e l’esuberante fantasia di Antonio Ligabue,
nato a Zurigo nel 1899 e morto a Gualtieri (RE) nel 1965, ma anche
di conoscere un altro interessante artista, Pietro Ghizzardi, vissuto nella
stessa provincia della Bassa e per alcuni aspetti, sia estetici che caratteriali, vicino al pittore di
Gaultieri.
Un artista, Ligabue, la cui vita fu contrassegnata da carenze affettive
e dalla malattia; fin da ragazzo fu, infatti, affetto da rachitismo
e dal gozzo, che compromisero la sua salute e determinarono anomalie
comportamentali, cui si aggiungono crisi maniaco-depressive che
lo costrinsero a frequenti ricoveri ospedalieri. Figlio di un’emigata,
acquisì il cognome Laccabue (da lui mutato in Ligabue) dal
marito della madre che lo riconobbe; a causa dell’indigenza
della famiglia d’origine, visse per alcuni anni in Svizzera
presso una famiglia affidataria, anche se sempre sentì dentro
di sé il desiderio di fuggire, di viaggiare, di intraprendere
i mestieri più diversi ed umili: da bracciante a circense,
senza mai distogliersi dalla sua grande passione: il disegno e la
pittura, nelle quali mostrò fin da ragazzo grande abilità.
In età giovanile il disegno fu un’ incoercibile necessità
espressiva, che gradualmente trovò un linguaggio estetico
sempre più organico, caratterizzato dalle forti tinte, dalla linea
tesa e nervosa e da una visionarietà vibrante di dinamismo.
L’immagine un po’ leggendaria e romantica che gran parte
del pubblico ha di Ligabue è quella di un eterno fanciullo,
capace di trasfigurare nelle sue opere le nebbiose valli padane
del Reggiano, dove visse gran parte della vita adulta, in intricate
foreste tropicali popolate da splendidi tigri, dalle fauci spalancate
e dalle gole ruggenti, che lottano con enormi ragni o con feroci
serpenti. Sulle sue tele nasce un mondo dilatato dall’immaginazione
fervida che unendo realtà quotidiana e popolare, di un’Italia
dell’immediato Dopoguerra, ad una ispirazione onirica, sa comunicare
sensazioni forti attraverso un colore caldo e brillante, al limite
della surrealtà.
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Antonio Ligabue: Autoritratto con cappello, faesite 17x14.
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A. Ligabue: Testa di Tigre, olio su faesite, 66,4x57,4
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Ma la verità è che Ligabue non fu un naïf incolto,
anche perché grazie all’apprezzamento dello scultore
Renato Marino Mazzacurati, suo sostenitore e amico, seppe approfondire
la conoscenza dell’arte europea a lui più congeniale,
migliorando la consapevolezza dei propri mezzi tecnici. Come ha
spiegato Vittorio Sgarbi, Ligabue può definirsi un Van Gogh
italiano, “ un genio che nella sua assoluta istintività,
nella sua arcaica complicità con la natura, era in grado
inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea, proponendo
un linguaggio figurativo che parla di cose semplici a persone altrettanto
semplici”. Egli è stato un artista istintivamente legato
alla natura e al mondo degli animali con cui aveva un feeling speciale,
un pittore anche autocritico che era solito firmare soltanto le tele di
cui era soddisfatto, proprio come Van Gogh, utilizzando l’immagine
poetica e simbolica di una farfalla!
Nel suo stile, carico di un lussureggiante cromatismo, si possono
avvertire assonanze con i linguaggi di alcune Avanguardie storiche:
evocazioni dall’Espressionismo, dal Fauvismo e dal Surrealismo
si intrecciano originalmente nelle sue opere, contrassegnate
da un’autonomia figurativa che nasce da una ribellione interiore,
resa tangibile dal segno contorto e dalle tinte gridate.
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A. Ligabue, Inedito: Paesaggio agreste
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A. Ligabue, Inedito: Paesaggio con cani
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La produzione migliore di Ligabue si situa tra gli anni ’50
e ‘60, quando anche la critica ufficiale gli tributò
il giusto riconoscimento, malgrado la sua incostanza e le sue intemperanze
comportamentali; interessantissimi possono definirsi numerosi
autoritratti, realizzati dal 1940 fino al 1962, sempre diversi:
ambigui, inquietanti, impacciati, malinconici, teneri, a volte grotteschi.
Di profilo, a mezzo busto, più raramente a figura intera,
con lo sguardo in tralice, ricchi di tensione morale, tutti i ritratti
traducono la visionaria fantasia dell’artista, ma soprattutto
riescono ad esprimere con immediatezza e pathos il profondo disagio
psicofisico che ha contrassegnato la sua esistenza.
Nato a Mantova nel 1906 da famiglia contadina, Pietro Ghizzardi,
l’altro artista cui è dedicata la mostra mantovana,
segue la famiglia in un nomadismo collegato alle necessità contingenti e dopo la morte del
padre e del fratello conduce una vita solitaria, restando vicino
alla madre. Lavora nei campi che ama e coltiva da autodidatta la
sua passione, il disegno, cui si dedicherà completamente
dal 1951, dipingendo su cartoni, con mezzi ecologici, volti di donne conosciute o immaginate, personaggi di storie sacre e di leggende antiche e molti autoritratti,
al pari di Ligabue, che non posseggono tuttavia il tormento del
pittore della Bassa reggiana. Mite, solitario, come Ligabue amante della natura,
Ghizzardi si esprime attraverso un’arte rude ed espressionistica;
anche il suo singolare personaggio, come accadde a Ligabue,
intrigò molti registi, fra cui Vittorio Baldi, che gli dedicò
un programma televiso nel 1978. Dopo molti riconoscimenti e premi
ottenuti per la sua carriera artistica, si spense a 80 anni.
La mostra, organizzata da Augusto Agosta
Tota, presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue
di Parma, si concluderà terminerà il 22 novembre 2015.
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Pietro Ghizzardi, Inedito: Marilin
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Pietro Ghizzardi, Inedito: Mina
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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