Di ben poche personalità della storia dell’arte si può
dire che siano divenuti un “mito”, ma sicuramente Piero
della Francesca può ritenersi fra quegli artisti capaci di
aver travalicato il tempo e lo spazio e aver meritato questa impegnativa
definizione!
Forlì, la bella città romagnola, dedica una mostra-evento alla figura di Piero della Francesca, artista cardine dell’età
rinascimentale, ma anche mito che perdura nella cultura artistica
fino ai nostri giorni. “Indagine su un mito” è
il titolo della mostra ospitata nei Musei San Domenico, la quale
non soltanto raccoglie molti capolavori del Maestro di Borgo San
Sepolcro, già difficili da riunire, ma offre un’opportunità
unica: quella di poter confrontare le opere di Piero (Borgo San
Sepolcro, Arezzo 1420 c./1492) con quanti dal suo linguaggio pittorico
presero ispirazione, ad iniziare dal suo secolo per giungere all’attualità.
Grazie ad un Comitato scientifico internazionale di altissimo livello,
presieduto da Antonio Paolucci, la mostra è riuscita a proporre
un confronto tra Piero e i maestri del Rinascimento a lui coevi,
da Domenico Veneziano, a Beato Angelico, da Paolo Uccello ad Andrea
del Castagno, da Filippo Lippi a Francesco Laurana.
|
Piero della Francesca: Santa Apollonia, 1454-69, Olio, tempera e oro su tavola,cm 38,7x28,3, National Gallery of Art,Washington
|
|

Beato Angelico, Imposizione del nome al Battista, tempera su tavola. Museo di San Marco, Firenze
|
L’arte di Piero, pittore sommo, matematico e raffinato umanista,
si è espressa per mezzo di uno stile classico e imperturbabile,
come dimostrano le forme geometriche perfette; la grande perizia
prospettica, desunta dal Brunelleschi e dagli studi personali attorno
alla prospettiva lineare, unita alla ricerca di una luce chiara
che evidenzi le immagini senza lasciare alla mente e allo sguardo
nulla di incomprensibile, traduce una visione della storia umana
e divina dove tutto sia intellettualmente perfetto. Piero costruisce
un mondo che è sì reale e riconoscibile, ma nello
stesso tempo è ideale, racchiuso in uno spazio dove ogni
cosa ha una sua collocazione e un suo significato, dove il dramma
umano è superato e le emozioni si ricompongono in una superiore
armonia di forme e di colori. L’arte di Piero traspone in
immagini chiare e limpide i principi rinascimentali: la centralità
dell’uomo, la forza della razionalità, l’ordine
e l’equilibrio del cosmo, la fede cristiana
che non collide mai con la ragione. Pertanto la sua visione armoniosa
e senza contrasti del creato, oltre ad essere assorbita da pittori a
lui coevi, proseguirà con la generazione successiva, come Luca Signorelli, Melozzo da Forlì, Antoniazzo
Romano, fino al magnifico Giovanni Bellini. Non si tratta di emulazione
sic et sempliciter del linguaggio di Piero, bensì di un’osmosi
con personalità anche diverse che assimilano in modi personali
la lezione classica e rasserenatrice di Piero e l’attenzione
prioritaria ai valori pittorici e compositivi del dipinto. |
Piero della Francesca, Madonna della Misericordia, 1445-1462, olio su tavola. Museo Civico, Sansepolcro
|
|

Giovanni Bellini, Compianto, 1473-1476, olio su tavola. Musei Vaticani, Cittą del Vaticano
|
La mostra, tuttavia, si spinge oltre, come accennato, e indaga il
momento in cui, dopo due secoli d’oblio, rinasce in pieno
‘800 il mito di Piero e l’interesse per gli aspetti
più moderni della sua arte: ciò avviene con la ricerca cromatica
dei Macchiaioli, Silvestro Lega e Telemaco Signorini soprattutto,
ma anche con il gusto geometrico della forma riproposto dai pittori pointellisti
francesi, come Georges Seurat, fino ai puristi come Puvis de Chavannes, che richiama la monumentalità classica di Piero in chiave simbolista.
Ma la fortuna e il fascino dell’artista toscano continuano
nel ‘900 soprattutto in Italia: artisti come Carlo Carrà,
Antonio Donghi e Felice Casorati si rifanno nel loro "Realismo magico"
al linguaggio scarno, classicamente impostato, luminoso e immutabile di Piero;
la metafisica di Giorgio De Chirico evoca spesso e volentieri le
atmosfere silenziose e sospese del Nostro, ma anche gli arcaismi di
Massimo Campigli e le forme geometriche e purissime di Giorgio
Morandi si riferiscono palesemente ad alcuni aspetti dei suoi capolavori.
Infine non si deve dimenticare che l’eredità di Piero
ha raggiunto ed apportato linfa a due enigmatici artisti della contemporaneità:
Balthus, con le sue forme bloccate e assorte e Edward Hopper, il
pittore dei silenzi urbani, dei bar e delle strade deserte, lontani
dal caos e immersi in un’atmosfera ovattata.
|
Piero della Francesca, San Girolamo e un devoto, 1440-1450 ca., tempera e resina su tavola. Gallerie dell'Accademia, Venezia
|
|

Balthus, Les Joueurs de cartes, 1966-1973, caseina, olio e tempera su tela. Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam
|
Lo stesso Antonio Paolucci chiarisce nel catalogo ufficiale della
mostra il significato profondo dell’arte di Piero per l'arte contemporanea:
“A un certo momento, nella storiografia critica del Novecento,
Piero della Francesca è sembrato la dimostrazione perfetta,
antica e perciò profetica, di una idea che ha dominato a
lungo il nostro tempo; di come cioè la pittura, prima di
essere discorso, sia armonia di colori e di superfici”.
La mostra, che si concluderà il 26 giugno 2016, è
organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì
in collaborazione con il Comune di Forlì.
Catalogo Silvana Editoriale.
|
Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
|
|