Testimoni, 2009. Pietra di tufo, 200x65x75. Courtesy Artista e Galleria
Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio
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La Galleria Stein presenta a Milano un'ampia retrospettiva dell’opera
di Mimmo Paladino (Paduli, BN 1948) allestita negli spazi storici
di Corso Monforte e nei grandi ambienti di Pero: due mostre che
insieme intendono raccontare dal principio, ovvero dagli anni ’70,
e nei passaggi più significativi il complesso percorso creativo
di uno dei più importanti artisti contemporanei.
L’amore per la scultura resta un elemento essenziale dell’attività
di Paladino, pur nell’ampia capacità di spaziare dal
disegno all’incisione, dalla fusione in bronzo alla modellazione
in legno e in calcare; tuttavia dalla metà degli anni ’80
si fa difficoltà a separare pittura e scultura, che si fondono
in un’inscindibile unità, come si evince da questa interessante mostra milanese.
Superando ogni regola, nell’opera di Paladino “i passati”
si accavallano e gli stili si intrecciano, come se tutta la storia
dell’arte emergesse fratta e sconvolta nel ricordo dell’Artista,
per riaffermarsi con novità di sensazioni e pregnante gestualità.
L’amore per il mito proviene in massima parte dalla sua origine
campana e dall’affezione per una cultura millenaria, ricca
di valori; il suo istinto lo avvicina anche alle tradizioni popolari,
al culto dei morti e dei santi, alle paure ataviche dell’uomo,
al mondo dei sogni. L’assorbimento di tanti linguaggi artistici,
dall’arte greca a quelle romana, egizia, paleocristiana e
romanica, quest’ultime culture ancora vive nel Meridione d’Italia,
costituisce una ricchezza per la creatività di Paladino,
uomo del Sud e dunque imbevuto geneticamente di una cultura sedimentata
e complessa.
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Installazione "Biennale di Venezia" (dettaglio), 1988.
Rame, bronzo. Dimensioni ambientali. Courtesy Artista e Galleria
Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio
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Senza titolo, 1991, legno dipinto, 70x400x400. Courtesy Artista e Galleria Christian Stein. Milano. Foto Agostino Osio
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Tuttavia nella sua sensibilità di contemporaneo
rivivono con originalità i linguaggi delle Avanguardie: l’astrattismo
di Kandinskij, la poetica di Klee, il concettualismo di Beuys, il
rigore di Brancusi, anche echi picassiani, suggestioni diverse che
l’eclettismo nomade dell’Artista riesce ad unificare
con l’essenzialità allusiva del "gesto".
Nelle maschere impenetrabili, nei busti di guerriero o nei legnosi
cavalli dalla testa d’uccello Paladino ripristina il senso
metafisico delle immagini, accentuandone la ieratica monumentalità
attraverso l’immobilità fisica. Le sculture, siano
esse grandiose, come "Hortus conclusus" (’91), “Testimoni”
( 2009) presente in mostra, oppure di ridotte dimensioni, come
"Marcofio" (‘93), sono ugualmente concretizzazioni di simboli
o di fantasmi dell’immaginario, figure emblematiche che generano
stupore e spaesamento; libera da qualsiasi artificio estetico, l’arte
di Paladino possiede l’enigmatica semplicità dell’arte
dei primitivi, in cui analisi e sintesi, meditazione e spontaneità
s’integrano perfettamente.
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Senza titolo, 2006. Fusione in alluminio. Dimensioni
ambientali. Courtesy Artista e Galleria Christian Stein, Milano.
Foto Agostino Osio
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Apocalisse ventosa, 2005, acrilico su tela, 300x900.
Senza titolo, 1993, bronzo policromo, 120x290x140. Film 1953, 1985, tecnica mista su legno, 135x220x40.
Courtesy Artista e Galleria Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio
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Il cavallo è figura molto cara all’Artista e protagonista
di molte opere: esso è il guardiano dei nostri sogni, è
il luogo dei segreti, nume tutelare, pronto ad aiutarci nel pericolo;
a volte è simbolo di speranze distrutte, come i 20 cavalli
di legno bruciato, abbandonati sopra una montagna di sale a Napoli
nel 1966, una scultura-ambiente riproposta a Milano in un’importante
mostra nel 2011. Più spesso il cavallo è idolo primitivo,
figlio della notte e del mistero, che, alla stregua dell’antichissimo
Cavallo di Trundholm, trasportatore solitario del Carro del Sole
(II millennio a.C. Copenaghen), è guida sicura verso l’Eternità,
immagine geometrizzata, forma autonoma che conserva i segni di un’antica
regalità.
Bellissimo e significativo il cavallo in legno dipinto esposto in
questa mostra, “Senza titolo”, disteso come un relitto
al centro di una sala, alle cui pareti sono appesi 7 elementi, ad
olio e calce su legno, giocati sui toni del bianco e del dorato.
Dai lunghi viaggi in Brasile Mimmo Paladino ha riportato il fascino
dei riti animistici, in cui vita e morte, attrazione e timore dell’ignoto
si giustappongono: allo stesso modo in molte sue opere scheletri
e maschere, animali morti e figure vive, demoni ed esseri angelici
si abbinano in un inquietante, muto colloquio.
Un’estrema sintesi segnica e coloristica caratterizza le creazioni
più recenti dell’Artista: volti di idoli mesopotamici,
dipinti con foglia d’oro su legno, mani aperte su cui sono
incisi simboli mistici, stilizzati cavalli dalle zampe lunghissime,
immersi in un ovattato clima di mistero.
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Installazione Biennale di Venezia, 1988. Rame,
bronzo. Dimensioni ambientali. Courtesy Artista e Galleria Christian!Stein,
Milano- Foto Agostino Osio
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La contaminazione di stili permette all'Artista di fluttuare al di sopra di uno smisurato bagaglio culturale, senza necessità di approdi, ma lasciandosi "trapassare dagli eventi", con totale libertà e con una ritrovata capacità manuale, mantenendo la propria poetica coerente e lontana da qualsiasi provvisorietà. Paladino adotta l'ambiguità contro l'assolutezza di una cultura, quella contemporanea, che ha disconosciuto una visione unitaria del mondo; la sua arte riscopre il mistero dell'ignoto contro la certezza di una razionalità incapace di dare le risposte fondamentali dell'esistenza.
Segni astratti, numeri e geroglifici, uso frequente del nero e dell'oro esaltano il pathos delle immagini: una tendenza primitivistica, la sua, condivisa da un clima di neo-espressionismo internazionale, che in Paladino si concretizza nella potenzialità del "gesto": come nell' arte arcaica sono alcuni particolari, come il gesto di una mano o l'atteggiamento di una figura, a comunicare la sintesi delle emozioni e dei sentimenti. l'Artista fonde il carisma degli antichi con la sensibilità dei moderni, dimostrando che l'immagine, quando conserva l'originaria forza etica e fantastica, anche in mezzo al desolante e spersonalizzato mondo dei consumi contemporaneo, può mantenere la propria energia espressiva ed emotiva.
La mostra milanese terminerà l'8 ottobre 2016.
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte.
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