Nato (1909) in Irlanda, a Dublino, da una famiglia inglese, Francis
Bacon ha documentato con una pittura violenta e visionaria la sua
vita tormentata, volta agli eccessi, attanagliata dall’angoscia
esistenziale e da un cupo senso di morte.
Dopo l’interessante esposizione milanese del 2008, Il Guggenheim
di Bilbao gli dedica una grande mostra che intende evidenziare l’influenza
della pittura francese e spagnola sulla creatività dell’artista
attraverso l’esposizione di circa 80 opere tratte dal suo
excursus pittorico, iniziato nel ’34 con una esposizione “privata”
e conclusosi nel ’92, dopo mezzo secolo di successi in tutto
il mondo.
Dopo aver conosciuto il Surrealismo nella Parigi degli
ultimi anni ’20, l‘esperienza artistica di Bacon si
è orientata verso un neo-espressionismo figurativo, contrassegnato
da un’inquietudine sconvolgente: la sua opera è la
cruda testimonianza dell’impossibilità dell’arte
nel dopoguerra di porsi come mezzo di conoscenza del mondo, in un’epoca
in cui l’arte tende a rivolgersi su se stessa interrogandosi
sul proprio ruolo. L’interesse centrale dell’artista
anglo-irlandese è la figura umana che nei suoi dipinti sembra incapace di comunicare
con l’altro, relegata com'è in spazi angusti e ostili,
dilaniata dalla solitudine, regredita a uno stadio pre-relazionale.
Fin dalle prime opere la tendenza alla deformazione si rivela
una costante, come pure l’interesse per il corpo: nelle
mostre inglesi dell’immediato dopoguerra i lavori
di Bacon rivelano già l’ attrazione per la “carne”
umana mediante una rappresentazione ossessiva dei corpi nudi, sempre
più deturpati e contorti, vorticosamente avvinghiati su se
stessi, resi con colori violenti e sensuali, mescolati in maniera
inusuale. I lineamenti corporei sono il frutto di una gestualità
drammatica dell'artista e i visi, solcati da pennellate energiche come sciabolate,
quasi ferite dell’anima, si fanno mostruosi nella perenne
metamorfosi dei tratti che suscita spesso repulsione. L’interessante
serie delle Teste prelude al periodo delle opere dedicate ai ritratti
dei papi negli anni ’50. E’ noto che il ritratto di
"Innocenzo X" di Vélasquez sia stato per Bacon una vera ossessione
e costituisca un’immagine con cui l’artista si è confrontato
più e più volte, creando capolavori come Papa (‘51),
dell’Art Gallery di Aberdeen, o Studio dal ritratto di papa
Innocenzo X del ’65.
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FRANCIS BACON
FURY
ca. 1944
Oil and pastel on fiberboard
94 x 74 cm
Private collection
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FRANCIS BACON
PORTRAIT OF MICHEL LEIRIS
1976
Oil on canvas
34 x 29 cm
Centre Pompidou, Paris - Musée national d'art moderne.
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Oltre ad ispirarsi a grandi pittori del passato, da Velasquez a El Greco,
e ad artisti del suo secolo, come Picasso e Giacometti, Bacon si
è servito anche della fotografia, soprattutto degli studi
di Eadweard Muybridge riguardanti la frammentazione del movimento.
Nelle sue figure, infatti, i movimenti graduati e sincronici desunti
dalle foto si rassemblano, s’intrecciano e, privati di alcuni
stadi intermedi, propongono un’immagine decurtata e mutilata dei soggetti, rivelando
un aspetto quasi mostruoso del reale: “Corpi agitati, corpi
messi a nudo dove la carne diviene cibo, corpi eccitati in perpetua
lotta con la morte” (H. P. Schwerfel).
Negli anni ‘50
le figure di Bacon, spettrali e quasi prive di sostanza corporea,
dai volti sfocati o parti di essi mancanti, stagliati sul nero-nulla
dello sfondo, si rivelano come la drammatica testimonianza del tempo
che passa su di noi, cancellando le individualità e mostrando le
contraddizioni e i tormenti della nostra storia personale.
I ritratti
degli anni ’60, invece, si torcono in uno spazio monocromato,
che mette in maggiore evidenza i volumi dei corpi e la loro solidità
e anche i visi acquistano un’individuazione più definita,
come l’amato Gorge Dyer, Henrietta Moraes, Michel Leiris
(vedi foto) e Lucian Freud, pittore molto amico di Bacon.
La ricerca sul personaggio e sui dilemmi dell’esistenza si
fa più palese nei trittici degli anni ’70, una tipologia
molto apprezzata da Bacon che può ritenersi riferimento
polemico all’arte sacra antica, o come un' attrazione per il linguaggio
cinematografico. Fantasmi della follia o automi colti nell’attimo
di un’ambigua metamorfosi, le figure senza volto, come invase
da una lebbra interiore, si mostrano nello squallore di luoghi asfittici,
simili a gabbie, mentre i corpi sfigurati e gli atteggiamenti sofferti
esprimono un erotismo esibito con sfrontatezza.
L'interessante e coinvolgente mostra di Bilbao, che espone anche degli inediti, s’inaugura
il 30 settembre 2016 e proseguirà fino a gennaio 2017.
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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