“Potrà il capolavoro michelangiolesco ritornare al
suo primitivo aspetto?”, si chiedeva l’Osservatore Romano
il 22 maggio 1972, il giorno dopo lo scempio della Pietà
Vaticana, attuato da uno squilibrato, mentre lo sgomento del mondo
intero si manifestava sulle pagine di tutti i quotidiani, nelle
strade, nelle case, nelle scuole, nel pellegrinaggio ininterrotto
dei fedeli dinanzi a tanto insensato gesto vandalico. Il 21 maggio
scorso i Musei Vaticani, a 40 anni dalla fine del restauro, hanno
voluto ricordare l’evento con un Convegno di una giornata
, ricco di spunti e di approfondimenti sul tema, presieduto dal
prof. Antonio Paolucci e dal prof. Matteini.Il Ccnvegno di studi,
Storia di un restauro, si è aperto con la proiezione
al pubblico di giornalisti e storici dell'arte, del film documentario
dello scomparso regista Brando Giordani, dal titolo “La violenza
e la Pietà”, realizzato a suo tempo dai Servizi culturali
della RAI in collaborazione con la SD Cinematografica. Il film,
come ha chiarito Rosanna Di Pinto, responsabile dell’Ufficio
Immagini e Diritti dei Musei Vaticani,“unisce alla scrupolosa
cronaca del paziente lavoro di reintegrazione compiuto sull’opera,
l’illustrazione della storia e del significato culturale della
straordinaria scultura di Michelangelo” . Il documentario,
in esclusiva mondiale, registrò, infatti, tutte le fasi del
delicatissimo e complesso restauro, diretto da Nazzareno Gabrielli,
già Dirigente del Gabinetto di ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani,
il quale si trovò ad affrontare e risolvere le difficili soluzioni
d'intervento su di una scultura così speciale e unica per perfezione,
armonia e fama. |
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MICHELANGELO BUONARROTI (1475 -1564)
Pietà, 1499
Basilica di San Pietro in Vaticano
Foto © Fabbrica di San Pietro in Vaticano
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L’opera michelangiolesca era stata presa
d’assalto da un invasato, Laszlo Toth, ungherese e cittadino
australiano, con ossessioni mistiche e visioni apocalittiche, che
aggredì con 10 colpi di mazzuolo d’acciaio la nuca
della Vergine, il lato sinistro del velo e del volto, il naso, gli
occhi, l’avanbraccio sinistro, che fu staccato di netto e
nella caduta si frammentò in 4 pezzi, mentre la mano andava
in frantumi. Il restauro, effettuato dal prof. Redig De Campos,
al tempo direttore dei Musei e delle Gallerie pontificie, assieme
alla sua équipe, durò un anno circa, ma molte furono
le difficoltà affrontate dagli esperti a riguardo delle modalità
e della tipologia dell’intervento. Il problema da risolvere,
ovvero ricostituire e riposizionare alla perfezione le parti danneggiate,
era tuttavia agevolato dall’esistenza di un calco settecentesco
della Pietà, conservato in Vaticano, che permise ai restauratori
un termine di paragone quanto mai attendibile e fededegno.
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MICHELANGELO BUONARROTI Pietà, 1499
Basilica di San Pietro in Vaticano Foto © Fabbrica di San Pietro
in Vaticano
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MICHELANGELO BUONARROTI
Pietà, 1499
Basilica di
San Pietro in Vaticano Foto © Fabbrica San Pietro in Vaticano
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MICHELANGELO BUONARROTI Pietà, 1499 Basilica di
San Pietro in Vaticano Foto © Fabbrica di San Pietro in Vaticano
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Dopo aver raccolto i numerosissimi frammenti
di marmo, nella quasi totalità, e dopo averli catalogati,
si passò al difficoltoso lavoro di incollatura dei frammenti
debitamente restaurati, realizzato con materiali approntati all’uopo
per ciò che concerne la composizione del mastice, degli impasti
e delle resine.
Ma le maggiori perplessità venivano dai danni estetici riportati
dalla statua che avrebbero potuto inficiare l’intensità
dello sguardo e l’ incomparabile del volto della Vergine.
Secondo i dettami della moderna disciplina del restauro, definite
da Cesare Brandi, non si può ricostruire un bene oltraggiato
senza inquinarne la veridicità; dunque si sarebbe dovuto
procedere alla sostituzione delle parti mancanti, lasciando però
visibili le reintegrazioni, come avviene nel restauro contemporaneo,
oppure lasciare la statua con le sue lacerazioni senza interventi
esterni, come avviene per i reperti archeologici. Ma l’eccezionalità
dell’opera, la sua miracolosa bellezza, la fama che la circonda
in tutto il mondo non permisero che si scegliesse alcuna di queste
soluzioni, ma si decise unanimamente, con il parere favorevole dello
storico dell’arte Brandi, per la ricostruzione fedele della
statua, utilizzando tutti i frammenti restituiti alla loro integrità.
Il restauro è risultato perfetto e tuttora validissimo, grazie
all’eccellenza dell’intervento dei restauratori e all’impegno
profuso nel restituire ai posteri un capolavoro eccelso.
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MICHELANGELO BUONARROTI (1475 -1564)
Pietà, 1499
Particolare: firma di Michelangelo
Basilica di San Pietro in Vaticano
Foto © Fabbrica di San Pietro in Vaticano
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MICHELANGELO BUONARROTI (1475 -1564)
Pietà, 1499
Dopo l’atto vandalico, 1972
Basilica di San Pietro in Vaticano
Foto © Musei Vaticani – Per gentile
concessione della Fabbrica di San Pietro
in Vaticano
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Ricerca ardente della verità che sfugge alla mente umana,
testimonianze plastiche dell’inquietudine di un’anima
profondamente cristiana, le quattro Pietà di Michelangelo
Buonarroti, scolpite in situazioni storiche e in tempi diversi,
rappresentano espressioni altissime del “divino artefice”
e ne descrivono compiutamente il tormentato percorso esistenziale.
Nella Pietà Vaticana, terminata da Michelangelo a soli
24 anni (1499) a conclusione di una strabiliante attività
giovanile, reminiscenze dell’arte nordica, echi ferraresi
ed emiliani e suggestioni leonardesche nella composizione piramidale,
si fondono in un capolavoro neoplatonico in cui la serena presentazione
del dramma allontana e disperde la cruda realtà della morte.
Il Cristo sembra, infatti, dormiente nel dolce abbandono del capo
e nella morbidezza delle carni ove affondano le dita della Madre;
la Vergine, giovanissima come una puerpera, offre al mondo il
proprio figlio con un gesto malinconico di rassegnazione, mentre
il marmo candido disegna ampi e chiaroscurati panneggi attorno
al corpo del Cristo, che offre i piani levigati di un morbido
incarnato, lambito da aeree sfumature di luce. Commissionata al
Buonarroti dal Cardinale Jean Bilhères de Lagraulas, già
abate di Saint-Denis, ambasciatore di Francia alla Corte papale,
è l’unica opera che l’Artista abbia firmato
(sulla fascia che cinge il petto!), forse per un atto di orgogliosa
affermazione di sé, ritenendosi ancora poco conosciuto
a Roma come scultore.
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MICHELANGELO BUONARROTI Pietà, 1499 Dopo l’atto
vandalico, 1972 Basilica di San Pietro in Vaticano Foto © Musei
Vaticani – Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro
in Vaticano
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MICHELANGELO BUONARROTI Pietà, 1499 Dopo l’atto
vandalico, 1972 Basilica di San Pietro in Vaticano Foto © Musei
Vaticani – Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro
in Vaticano
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MICHELANGELO BUONARROTI Pietà, 1499 Durante il
restauro Basilica di San Pietro in Vaticano Foto © Musei Vaticani
– Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro in Vaticano
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L’eleganza lineare e la dolcezza plastica
delle forme ne fanno un’opera classica d’ intensa ispirazione
poetica, ove passato, la nascita del Figlio, presente, la morte
stabilita da sempre, e futuro, la resurrezione, si identificano
in una sublimazione della storia che si fa supremo anelito mistico.
Nelle tre successive Pietà, scolpite durante l’arco
della maturità, Michelangelo trasforma gradualmente i gruppi
marmorei in toccanti meditazioni sul tema del dolore, forse più
consone a una moderna sensibilità, perché interpretazioni
drammatiche del mistero della morte.
E’ noto, infatti, il concetto che il Maestro ha della scultura,
somma fra tutte le arti perché capace di esprimere, attraverso
il lavoro fisico sul marmo, il desiderio di “liberazione”
della forma dalla vile materia che la tiene prigioniera. Lo scultore,
secondo Michelangelo, ha il compito arduo di tollere il materiale
superfluo dal blocco di marmo che già contiene in nuce l’idea,
cioè la figura. Tale pensiero, di matrice neoplatonica, aiuta
a comprendere il significato e il valore della sua tecnica del “non
finito”, sempre più presente nelle successive Pietà,
intesa come visualizzazione figurativa della lotta titanica tra
corpo e anima, tra schiavitù e libertà, tra umano
e divino.
L’incompiuta ultima pietà, che Michelangelo scolpiva
ancora una settimana prima della morte, avvenuta all’età
di 89 anni, il 18 febbraio del 1564, è composta, come la
prima, da due figure soltanto: la Madre e il Figlio. Dal sereno
nitore formale della Pietà Vaticana l’Artista è
pervenuto all’allucinante divenire plastico della Pietà
Rondanini, definita dal critico tedesco Wilhelm Worringer “rudere
volontario” (in Astrazione ed Empatia, 1906): nell’estrema
sintesi espressionistica di un’immagine suggerita più
che descritta, la Rondanini diviene il testamento spirituale di
un genio incontrastato dell’arte, lo specchio di una crisi
profonda degli ideali umanistici e filosofici del Rinascimento,
di cui Michelangelo era stato in gioventù, con la Pietà
Vaticana, il più straordinario interprete.
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MICHELANGELO BUONARROTI (1475 -1564)
Pietà, 1499
A) Dopo l’atto vandalico, 1972 B) Dopo il restauro Basilica
di San Pietro in Vaticano Foto © Musei Vaticani – Per gentile
concessione della Fabbrica di San Pietro in Vaticano
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Si ringrazia l'Ufficio stampa dei Musei Vaticani per la gentile concessione
delle immagini
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