Una panoramica di una sala della mostra "Canova e I maestri del marmo", a Carrara
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Reputo il “passaparola” la forma
di promozione più diretta ed efficace, soprattutto nel
mondo dell'arte.
Alla sua base vi sono la testimonianza personale, la credibilità
dell'interlocutore, la condivisione entusiasta, il coinvolgimento
emotivo che incidono più profondamente di un anonimo “sentito
dire” o di un generico “letto sul giornale”.
Del “passaparola” apprezzo il tempo prezioso impiegato
nel vivere prima e nel descrivere poi la propria esperienza. Lo
giudico attendibile poiché non influenzato da interessi
pubblicitari, stravolgimenti critici e sovrastrutture intellettuali.
Il “passaparola” è un media coinvolgente: più
personale dell'articolo, che cita pigramente un comunicato stampa;
più chiaro dell'incomprensibile giudizio scritto da un
critico autoreferenziale; più condiviso di un like, facile
ed effimero quanto un click.
Il circo dell'arte con la sua plétora di mostre, musei
e artisti è celebrato dai media con ridondanti recensioni,
omologate dall'abuso dei superlativi: le esposizioni risultano
spesso “imperdibili”; l'artista è sempre “significativo”;
le quotazioni sono oltremodo “interessanti”! Tuttavia
il pubblico, a cui è richiesto l'onere di un biglietto,
merita informazioni attendibili che lo guidino oltre il labirinto
delle tante “issime” recensioni positive.
E' stato dunque il “passaparola” a condurmi alla mostra
(affatto pubblicizzata) “La Scuola carrarese all'Ermitage.
CANOVA E I MAESTRI DEL MARMO” (Carrara, Palazzo Cucchiari
fino al 4 ottobre 2015).
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Pietro Tenerani, Psiche Svenuta
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L. Bienaime, Amore con due colombi (dettaglio)
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Sedici opere provenienti dal museo russo rappresentano il prestigio
internazionale di scultori (Canova, Tenerani, Bartolini, Bienaimè,
Finelli, Cybei, Triscornia, Rauch) legati a Carrara, per nascita
o per elezione. Fondamentale fu il loro apporto al Neoclassicismo
che caratterizzò la vita culturale tra il XVIII e il XIX
secolo con l'interesse per grazia, equilibrio e armonia propri
dell'arte greco-romana.
Sono esemplari del gusto collezionistico dello
Zar Nicola I, il quale durante il Gran Tour italiano del 1845
le commissionò ad artisti contesi dalle corti europee,
destinandole all'Ermitage, primo Museo Imperiale di Russia, in
costruzione accanto al Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo.
Rara è l'occasione di vedere alcune statue a confronto con i
propri modelli in gesso (provenienti dall'Accademia di Belle Arti
di Carrara) e con le repliche eseguite dallo stesso autore su
richiesta della ricca committenza.
E' un peccato che in alcune sale l'illuminazione valorizzi più
i gessi che le sculture, di cui non si percepisce compiutamente
la trasparenza del marmo e la tridimensionalità delle forme.
Tuttavia la possibilità di avvicinarsi senza allarmi e
barriere, permette di vederne il retro, scrutare i particolari,
osservare la grana finissima dello Statuario e addittura individuare
le “lucciche” (piccole imperfezioni del materiale)
nell'Orfeo di Canova.
Quest'opera -in cui il giovane scultore veneto (alfiere poi del
Neoclassicismo) evoca ancora influenze barocche- appare drammatica
per la gestualità e per l'espressione del volto.
Altre, invece, (Fiducia in Dio di Lorenzo Bartolin, Psciche svenuta di
Pietro Tenerani, Venere nella conchiglia di Carlo Finelli)
sono composte in viso e aggraziate nei movimenti. Esse rivelano
la tensione neoclassica verso l'armonia delle passioni, l'equilibrio
della forma e l'essenzialità che non indulge ai particolari.
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Carlo Finelli, Venere che esce da una conchiglia
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Pietro Tenerani, Ritratto della Gran Principessa Maria Nikolaevna
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Dal punto di vista divulgativo manca un'introduzione al contesto
storico-culturale ed il percorso espositivo non traduce l'intento
dichiarato di rappresentare lo sviluppo fra Barocco, Neoclassicismo
e Verismo. Inoltre l'assenza della lingua inglese circoscrive
il pubblico, escludendo una platea internazionale.
Nondimeno il bilancio rimane positivo.
Grazie al poderoso sforzo di un privato (la Fondazione Giorgio
Conti a cui si deve la produzione ed organizzazione della mostra),
le sculture dell'Ermitage tornano temporaneamente nel luogo del
"loro" marmo.
Nelle sale di Palazzo Cucchiari, al cospetto dei nomi che hanno
fatto la storia dell'arte, si comprende la secolare centralità
di Carrara con il suo marmo prezioso, le sue maestranze, i suoi
artisti.
Rimangono negli occhi le sculture di Tenerani: gioielli in Statuario,
bianco caldo, privo di macchie, plasmato abilmente dall'autore
per realizzare i canoni di una bellezza oggi negata all'arte contemporanea.
Anche da sole giustificherebbero il costo del biglietto e l'attendibilità
del “passaparola”!
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Christian Daniel Rauch, RitrattodiFedericoGuglielmodiPrussia
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Canova, Orfeo
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Carla Piro, Laurea in Filosofia; perfezionamento in Didattica della
Filosofia; Master in pubbliche relazioni e comunicazione istituzionale.
Responsabile pubbliche relazioni. Giornalista pubblicista per vari
magazine culturali.
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