Seconda soltanto a Parigi per numero di abitanti,
NAPOLI nel Seicento è una vera e grande capitale del Sud,
sia per prestigio politico, sia per interessi culturali, soprattutto
nella pittura. Malgrado la capitale del Vicereame spagnolo riveli
nella prima metà del secolo XVII piaghe antiche, come la grave
situazione dei poveri, il sovraffollamento della città
e sacche di rivolte sociali, dal punto di vista artistico sia
l’architettura (ad esempio Cosimo Fonzago, attivo nella Certosa
di San Martino) che la pittura prosperano, quest’ultima
soprattutto per l’intensa lezione caravaggesca che imperversa
nel reame, mitigata col tempo da diversi spunti culturali
provenienti da altre regioni italiane. Napoli è un polo
d’attrazione, un crocevia internazionale che intende competere
con Roma, nel quale, oltre a Caravaggio (1606/1609) soggiornano
per decenni artisti del calibro di Artemisia Gentileschi, Domenichino
e Lanfranco, molto attivo fino al 1646, mentre per via mare giungono
le opere del grande Van Dick. Un pittore valenciano di sicuro talento,
JUSEPE DE RIBERA ( Jàtiva 1591/ Napoli 1652) si traferisce
a Napoli nel 1616 su invito del vicerè, dopo aver viaggiato
in Lombardia, in Emilia e a Roma; il suo linguaggio si forma sulle inflessioni del realismo caravaggesco, di cui accentua
inizialmente la brutalità delle scene e dei particolari
cruenti, stile molto gradito al potere spagnolo, come raccontano
gli episodi della sua vita al tempo della rivolta di Masaniello,
durante la quale il pittore fu protetto dentro il palazzo reale.
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Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto (Játiva 1591 - Napoli 1652),
Cristo flagellato, 1620 circa.
Olio su tela, 99 x 81 cm
Torino, Galleria Sabauda, inv. 95
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Giovanni Ricca (Napoli 1603 - .1656?)
Giuditta con la testa di Oloferne, 1630 circa.
Olio su tela, 103 x 76 cm
Salerno, Museo Diocesano, inv. 52
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L’ambiente ricco e stimolante della corte napoletana fa
sì che il naturale caravaggismo di Ribera si tinga di suggestioni
diverse, permeato dagli influssi classicisti e neo-veneti dei
pittori convenuti nella corte; del resto le differenti interferenze artistiche
modificano i linguaggi dei protagonisti di questa ricca stagione pittorica
creando un patrimonio singolare che ha radici nell’anima stessa
di Napoli.
Pur sentendo il forte richiamo dei temi cari alla pittura spagnola, legati ai “martirologi”,
Ribera verso gli anni ’40 si libera dei toni foschi di un
caravaggismo divenuto ormai di maniera per rivelare, invece, maggiore
morbidezza cromatica e naturalezza espressiva. Il Maestro spagnolo
avrà fortuna e anche seguaci altrettanto originali e l' interessante mostra
dossier, da poco conclusasi a Torino, a Palazzo Madama, dal titolo
"JUSEPE DE RIBERA E LA PITTURA A NAPOLI- intorno alla Santa Caterina
di Giovanni Ricca", lo ha messo in rilievo.
I tre dipinti prestati dalla Collezione di Palazzo Zevallos Stigliano
a Napoli, ovvero
l"’Adorazione dei Magi" del Maestro degli Annunci ai pastori
(1635 circa), "Tobia che ridona la vista
al padre" di Hendrick de Somer (1635 circa) e il "San Giorgio" di
Francesco Guarino (1645 – 1650 circa),
pongono le basi sia per costruire un itinerario tra gli artisti
che seguirono gli insegnamenti di Ribera. Ma la mostra torinese ha inteso anche presentare i
risultati degli studi che hanno fatto luce sull’autore della
“Santa Caterina di Alessandria” del 1635, che fu GIOVANNI RICCA, artista dotato di spiccato talento tra gli allievi napoletani
del pittore spagnolo e orientato verso
il naturalismo e il classicismo, come testimoniano l'intenso volto di Caterina e il caldo cromatismo del manto.
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Hendrick de Somer (Lokeren, Gand 1607/1608 circa - Napoli 1656)
Tobia che ridona la vista al padre, 1632 circa.
Olio su tela, 200 x 145 cm
Collezione Intesa Sanpaolo
Gallerie d'Italia - Napoli, Palazzo Zevallos Stigliano
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Hendrick de Somer (Lokeren,
Gand 1607/1608 circa - Napoli 1656), Mosè, 1638 circa. Olio su tela,
94 x 73 cm Napoli, collezione privata |
Jusepe de Ribera restò a Napoli fino alla morte avvenuta
nel 1652, esercitando una notevole influenza sugli artisti del reame. La mostra torinese, dunque, mette in scena alcuni dei migliori
allievi della cerchia di Ribera, già citati nelle biografie
antiche: con i dipinti di Intesa Sanpaolo, accanto alla "Santa
Caterina", sono state esposte opere di collezioni private napoletane
e fiorentine che completano il quadro di una cultura figurativa
nata su basi caravaggesche ed evolutasi verso forme di raffinato
classicismo. “ Il Cristo flagellato” della Galleria
Sabauda di Torino, dipinto da Ribera tra il secondo e il terzo
decennio del Seicento, è un'opera commovente, giocata sui toni chiaroscurali e patetici senza mai giungere a un crudo realismo; le due tele di Hendrick de Somer, dipinte
a Napoli nel 1622 ed esposte in mostra, rivelano l’assimilazione da parte dell’artista
belga del realismo iniziale di Ribera, ma contenuto verso espressività più composte. La figura di Hendrick
de Somer è stata spesso sovrapposta con quella di Giovanni
Ricca, punto nodale della mostra: il corpus delle sue opere è
stato ricostruito consentendo di aggregarvi la Santa Caterina
torinese, che verrà messa a confronto con una delle poche
opere documentate dell’artista, la pala con “Sant’Elisabetta
di Ungheria e santa Francesca Romana” del 1634, con la
“Maddalena penitente” di
collezione privata e con la” Giuditta con la testa di Oloferne”
del Museo Diocesano di Salerno, dal repertorio di sante a mezza
figura di Giovanni Ricca, che coniugano naturalismo e classicismo con risultati di
estrema eleganza.
Infine il “San Giorgio” di Francesco Guarino esprime
tra gli artisti della cerchia di Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto, la componente più
legata al colorismo d’intonazione veneta, per le calde tonalità del mantello e per la
malinconia espressiva del santo che dopo la cruenta uccisione tiene la mano sul cuore, quasi rammaricato del cruento evento.
La mostra si inserisce in un più ampio rapporto di scambio
e collaborazione tra la Fondazione Torino Musei e Intesa Sanpaolo.
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Giovanni Ricca (Napoli 1603 - 1656?)
Santa Caterina d'Alessandria, 1630 - 1634 circa.
Olio su tela, 73 x 62 cm.
Collezione privata
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Francesco Guarino (Solofra, Avellino 1611 - Gravina di Puglia 1637)
San Giorgio, 1645 - 1650 circa.
Olio su tela, 130 x 102 cm.
Collezione Intesa SanPaolo-Gallerie d'Italia - Napoli, Palazzo Zevallos Stigliano
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