turkish version
english version
Yaprak Akinci, Certainty, acrilico su tela, 2014, cm.90x140
|
Visitare la mostra della giovane pittrice Yaprak
Akinci è un’esperienza salutare, non soltanto per il
coinvolgimento di immaginazione e di emotività,
ma anche perché si ha la rara sensazione di trovarsi di fronte
a un autentico talento pittorico. La mostra, che si sta svolgendo
presso l’Ufficio Cultura dell’Ambasciata della Turchia
a Roma, propone una carrellata di acrilici su tela in cui appaiono
paesaggi desertificati, visioni quasi oniriche che delineano una natura
inedita da interpretare.
“Residuo. Ciò
che rimane da un’epoca sepolta” è l’allarmante
titolo dell’esposizione che svela al fruitore l’immaginario
dell’artista, contraddistinto da scenari di immani solitudini, di
un mondo colpito da una catastrofe ignota che ne ha cancellato la vita
vegetale e animale, anche se a tratti esso sembra ancora rivelare enigmatiche
tracce di civiltà sepolte.
Spazi immensi, prospettive oblique, inquietanti strutture simili a reperti
archeologici, lunghe autostrade deserte prospettano la visione
di uno spettrale futuro, privo della presenza umana, macabra testimonianza
di una storia di autodistruzione. Malgrado i soggetti delle sue tele
siano riferibili a un’epoca in cui il mondo è già
quel che resta dopo una sconosciuta devastazione (guerra nucleare?
disastro batteriologico? estinzione di massa?), i dipinti di Yaprak non
comunicano sentimenti tragici, ma impressioni
di sgomento e suggeriscono paure ancestrali, che nascono negli ambiti
più riposti della sfera psichica. Forse sono un monito all’uomo
contemporaneo affinchè non distrugga questa terra tanto bella,
capace di conservare anche dopo un’apocalisse i segni dell’
antica bellezza.
|
Persistence, acrilico su tela, 2014, cm.120x70
|
Una squisita sensibilità cromatica che predilige le tinte
sommesse delle terre, il blu oltremare e l’azzurro polveroso, gli ocra, i bianchi
e i neri, caratterizza lo stile dell’artista turca; l’incisività
del segno denuncia la validità dell’esperienza grafica
accumulata da Yaprak durante i suoi studi in Turchia, qualità
che le permette di far vibrare l’immagine di una tensione
continua sia nei percorsi lineari tendenti all’infinito sia
nei sapienti intrecci segnici.
Un neo-espressionismo, il suo, che
non esclude il ritorno alla pittura e propone a livello emotivo
un’ analisi della storia del proprio Paese e del mondo, tradotta
in immagini che evocano la fine di un’era, ma che diventano
anche metafore di profonde e inesplorate solitudini interiori.
Gli altissimi orizzonti, ripresi dall’alto, le ampie spianate
di terre incolte, ma soprattutto le costruzioni piramidali incombenti,
rammentano le allucinanti visioni pittoriche di Anselm Kiefer; tuttavia
Yaprak, a differenza del pittore tedesco, non utilizza per i suoi
lavori né materiali alternativi né allegorie troppo
evidenti.
|
Fertility,acrilico su tela, 2014, cm 120x70
|
Dalle sue opere sprigiona, invece, un’atmosfera di inquietante
silenzio: la spazialità illimitata e il tempo immoto, senza divenire, esprimono la malinconica e sconsolata sensazione di una “perdita”
definitiva; un bisogno di sintesi e d’essenzialità
estetica è la nota dominante della sua poetica.
Se l’immagine artistica è uno strumento per imparare
a guardare il mondo con occhi più attenti e critici, le opere
di Yaprak Akinci ottengono questo importante effetto, poiché
mostrando con forte pathos il possibile destino della storia umana
futura, pongono quesiti fondamentali cui dare urgente
risposta.
Yaprak Akinci è nata a Istanbul nel 1984; all’Università
di Belle Arti Mimar Sinan ha studiato grafica pubblicitaria, incisione,
fotografia e cinema. Dopo la laurea si è trasferita a Roma,
dove si è specializzata in Grafica d’arte all’Accademia
di Belle Arti, ma nel contempo ha iniziato una produzione pittorica
originale di cui l’attuale mostra, aperta fino all’11
dicembre 2014, è la prima felice testimonianza.
|
Togetherness, acrilico su tela, 2014, cm.120x70
|
Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
|
|