La moderna concezione di museo inizia, com’è noto, alla fine del XVIII° secolo (il primo museo pubblico, a scopo conservativo, fu quello Pio Clementino in Vaticano, voluto da Clemente XIV e Pio VI nell’ultimo ventennio del ‘700), epoca in cui si definì una tipologia architettonica precisa, legata, ad esempio, alla natura delle collezioni e all’ordine espositivo, anche se bisognerà aspettare il 1800 (secondo l’impostazione data da J. N. Louis. Durand, architetto e teorico francese) per trovare un vero e proprio tipo edilizio cui riferirsi per il prototipo di museo, ovvero ambienti costruiti allo scopo espositivo e concatenati attorno a corti centrali.
Durante il XIX° secolo si iniziano a studiare la funzionalità, la diversa conformazione e la distribuzione dei percorsi espositivi, per poi culminare con le ricerche del Movimento moderno, cui si affianca la nascita della Museografia, sviluppatasi attorno al concetto di organismo in continua evoluzione: ampliabile, trasformabile, flessibile, il museo moderno abbandona la ricerca di effetti scenografici e di una cornice monumentale, che spesso soffocava e sopraffaceva le opere stesse.
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Il MART di Trento e Rovereto, una suggestiva immagine degli spazi interni |
L’età contemporanea rompe con la tradizione creando musei specializzati, gettando le basi di quello che è divenuto un terreno fertilissimo per l’elaborazione concettuale, che oggi appare spaccata in due filoni: il primo delle “galeries des machines”, come il Centro Pompidou di Renzo Piano e Richard Rogers (1971-77) a Parigi, che ha come archetipo il Chrystal Palace di James Paxton, progettato per l’esposizione internazionale di Londra (1850-1851). Il secondo filone, invece, rispetta lo schema durandiano, cui fanno riferimento architetti come F. L. Wright, che nel Guggenheim di New York (1943-1959) ha proposto un luogo articolato attorno a uno spazio aperto centrale, circondato da una serie di rampe che si avvitano a spirale. Sarà sull’esempio di alcuni progetti museali di Le Corbusier e ancor più sullo stile architettonico di Louis Kahn e dei suoi studi attorno alla luce naturale, che si forma Mario Botta, progettista del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, assieme all’ingegnere roveretano Giulio Andreolli.
Nato nel 1943, Mario Botta è uno dei massimi esponenti della scuola Ticinese degli anni ’70 /’80; dopo le collaborazioni con architetti famosi come Le Corbusier e Kahn, egli riprende gli stilemi del movimento post-moderno intrecciati ad alcuni elementi della tradizione romanica italiana e, giocando sulla fusione delle forme e utilizzando gli effetti della luce zenitale, ha dato vita a uno degli stili più eleganti della contemporaneità.
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L'ingresso del MART con i manifesti delle recenti mostre |
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Un'opera di Fortunato Depero, esposta al MART
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Le architetture di Botta ricorrono, infatti, ai concetti "classici" di simmetria e di geometricità delle forme, al plasticismo dei volumi, spesso all'uso di materiali tradizionali, come il mattone a vista, il tutto interpretato però in maniera innovativa.
Il MART è un esempio eccellente dell'operato di Botta, nel quale alle suggestioni provenienti dalla logica dei suoi Maestri, si sommano la contestualizzazione urbana e la scenografia espositiva, secondo le più avveniristiche tendenze.Terminato e inaugurato nel 2002, il MART è un grandioso edificio che si sviluppa su 12 mila metri quadrati e su 4 livelli: nel piano interrato, oltre ai servizi, si trova la biblioteca specializzata nelle Arti figurative del XX secolo; al primo piano ci sono le gallerie per mostre temporanee, mentre al secondo è esposta la prestigiosa collezione permanente, dal Futurismo ai nostri giorni. Nel MART si riflette la grande capacità progettistica dell'Architetto ticinese, il quale trovando il vincolo di un'area con delle preesistenze settecentesche, ha risolto il problema legato all'integrazione con la Città antica ideando un blocco monolitico senza prospetti, in pietra gialla di Vicenza e porfido, in cui la funzione rappresentativa è conferita all'ingresso, costituito dalla rotonda ricoperta da un'aerea cupola, chiaramente ispirata al Pantheon, una moderna agorà fulcro dell'intera costruzione. Ecco, quindi, gli studi di Wright e l'applicazione dello schema di Durand resi leggeri e impalpabili dalla tecnologia moderna! La piazza ha un diametro di 40 metri e un'altezza di 25, le stesse dimensioni del Pantheon di Roma; la cupola che ricopre la piazza è in vetro e acciaio: 19 capriate rovesciate e disposte a raggiera sorreggono la copertura fatta di 18 spicchi vetrati che si uniscono attorno a un occhio centrale, simile all'impluvium romano che serviva a raccogliere nelle domus l'acqua piovana, il quale corrisponde alla seduta centrale per la sosta esterna dei visitatori.
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La grandiosa agorà d'ingresso del MART |
La ricopertura in vetro del piazzale d'ingresso |
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Mario Botta ha inteso affiancare al concetto di luogo per la conservazione e tutela delle opere d'arte l'idea di uno spazio vivo, polifunzionale, ricco di ambienti creati per eventi espositivi, per lo svolgimento di festival e rassegne artistiche. L' Architetto ha evidenziato la flessibilità nelle pareti mobili e l'elasticità negli spazi dinamici e facilmente percorribili, concetti accentuati nell' essenziale ricerca prospettica e nei lunghi tagli (lucernai) sulle pareti candide delle sale espositive, che proiettano l'occhio del visitatore verso lo spazio della rotonda esterna. Le sale sono immerse in una luce chiara, riflessa dai pavimenti in frassino sbiancato e l'atmosfera che si crea è quella di uno spazio silenzioso e ovattato, che non distrae dal godimento delle opere esposte.
Stupendo da visitare, sia per le prestigiose collezioni esposte che per l'esaltante architettura, il MART è costruito secondo i temi nodali della logica compositiva di Botta: i cerchi si intrecciano con i rettangoli, dialogando con le geometrie pure e generando forme triangolari o ellittiche sempre regolari che, attraverso le fenditure, strette e lunghe, dei lucernai assorbono la poesia della luce che penetra dalla cupola vetrata della piazza centrale, punto d'incontro, ma anche atrio in cui sostare e predisporsi all'incontro con la Bellezza.
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Un'opera di Medardo Rosso della collezione stabile del MART
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L'essenzialità luminosa dell'interno del Museo
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Note biografiche
Mario Botta, nato nel 1943 a Mendrisio nel Canton Ticino, è autore del Museum of Modern Art di S. Francisco, del Museum Tinguely di Basilea, del Centro Friedrich Diarrenmatt di Neuchatel, della Chiesa svizzera di Monte Tamaro, per nominare soltanto alcune celebri realizzazioni. Il MART, concluso nel 2002 in collaborazione con l'ingegnere roveretano Giulio Andreolli, primo tra i musei contemporanei costruito negli ultimi trent'anni, possiede una collezione prestigiosa di opere del '900 italiano, una raccolta di artisti internazionali, da Picasso a Beuys, da Klee a Warhol e inoltre si fregia di un'eccezionale collezione di 3000 opere di Fortunato Depero, conservate nella Casa d'Arte Futurista Depero a Rovereto, donate dall'artista stesso alla Città natale, culla del Futurismo, prima rivoluzionaria Avanguardia italiana.
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