E’ noto che la problematica narcisistica sia molto complessa
e interessante per la sua trasversalità, tuttavia quando
parliamo di “narcisismo” potremmo anche chiederci se
ci troviamo di fronte a un deficit primario, oppure ad una reazione
difensiva verso un ambiente abusante, o ancora se si tratti di un
conformismo nei confronti di una società e di una cultura
basata soprattutto sul successo, sul potere e sul culto dell'immagine.
Ma quanti di questi fattori insieme ad altri operano contemporaneamente
in maniera tale da renderli difficilmente distinguibili? In questo
mio recente studio, che presento per la prima volta il 13 ottobre
ad Hannover presso l’Accademia Ipazia-Studio Artistico, rimando
alla possibilità di riflettere sul lato “buono”
del narcisismo, quello della capacità creativa che già
lo studioso Heinz Kohut ha avuto il merito di affermare con determinazione
nei suoi studi. Per interpretare il rapporto che si crea fra narcisismo
e arte ho scelto di mettere in campo l’arte contemporanea
e interpretarne i fenomeni ritenuti narcisistici. Tuttavia, richiamandoci
alla psicanalisi e al pensiero freudiano, possiamo riconoscere un
aspetto narcisistico positivo sia nella figura dell’artista,
sia nel fruitore che osserva l’opera. In molti artisti performer
e nel caso specifico di chi si occupa di “performer –
terapia”, come Mona Lisa Tina (1977), il lato narcisistico
positivo si manifesta attraverso il suo lavoro. Per le azioni che
ella inscena il suo obiettivo è riconciliare mente e corpo
e “Into the core”, del 2013, ne è un suggestivo
esempio: una vera elevazione spirituale, un accogliere la vita e
i suoi misteri. La Tina durante questa performance usa il proprio
corpo nudo con delle protesi realizzate ad hoc per l’evento;
si sente in tutto l’ambiente solo il linguaggio del respiro,
poichè la sua opera proietta il pubblico in una dimensione
altra, di tipo trascendentale, che rompe la barriera “Io-Tu”
e diventa un tutt’uno con il cosmo.
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Maria Chiara Zarabini
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V. Beecroft: South Sudan
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Anche l’opera fotografica di Maurizio Cesarini
crea un forte impatto visivo mettendo in stretta relazione narcisismo
e arte. Nei suoi lavori l'artista rimanda a un lato narcisistico
ideale, pronto a interrogare la coscienza umana, in una sorta di
“tableaux vivant” in cui egli è l’attore.
In molti dei suoi lavori interpreta il pensiero lacaniano e crea
ambientazioni surreali e provocatorie in cui la maschera diventa
uno sdoppiamento dell’Io. Secondo Lacan, infatti, l’incontro
con il doppio speculare è alla base della formazione dell’Io
dell’essere umano. Nella persona media, invece, sostiene Kohut,
questa forma di investimento narcisistico sopravvive soltanto nell'innamoramento,
mentre gli artisti e gli scienziati danno forma al loro lavoro con
una dedizione che rivela una sorta di avventura amorosa di tipo
universalistico, ovvero “un sé allargato che include
il mondo”. A spiegare cosa succeda a un individuo affetto
da “narcisismo negativo/ patologico” e di un “narcisismo
buono” è anche Erik Erikson (Francoforte, 1902-1994)
che da esperto di teorie psicosociali e dello sviluppo, fa riflettere
sul lato positivo e non patologico che c'è in alcuni narcisisti
creativi. Ad aprire interessanti riflessioni sul Narcisismo è
anche la mitologia che da sempre accompagna la nostra vita e continua
ad affascinare la filosofia, la letteratura, l'arte e la psicologia.
Tanti scrittori e artisti si sono serviti del mito per descrivere
sentimenti forti e coinvolgenti: Il mito di Narciso, in particolare,
riguarda il tema del doppio nel suo essere innamorato della propria
immagine riflessa nell’acqua: il suo Io cade per afferrarla
e per questo muore.
Dal mito entriamo nella vita reale per chiederci: quanti, presi
da se stessi, non si curano di chi hanno vicino? A questo interrogativo
hanno cercato di dare delle risposte non solo Freud ed Erikson,
ma anche Otto Kemberg (Vienna 1928), noto per la sua diversa concezione
psicoanalitica del disturbo narcisistico di personalità.
Kemberg, infatti, ha integrato in un’unica concezione 3 modelli
distinti: la teoria pulsionale di Freud, la teoria di Melanie Klein
e la psicologia dell’Io di Margaret Mahler e di Edith Jacobson.
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Maurizio Cesarini
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Maurizio Cesarini
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Fra i casi di narcisismo patologico investigati fino ad ora, nel
panorama della storia dell’arte colpisce molto la committenza
rinascimentale, perché presenta, secondo me, caratteristiche
narcisistiche negative e lo stesso vale per una parte di quella
contemporanea. Un caso rilevante di committente narcisista al negativo
è Vincenzo I, IV duca Gonzaga dal 1587 al 1612 a Mantova,
che fu un portentoso principe del Rinascimento: figura estroversa
e stravagante, di sfrenato libertinaggio ma anche di raffinata sensibilità
artistica, tanto da collezionare nelle sua corte personalità
del calibro di Rubens e Tasso. Egli era capace di spendere fortune
immense al gioco, in doni o acquisti, tanto che accumulò
debiti immensi e spese una fortuna per la costruzione della cittadella
di Casale Monferrato (alcuni dissero 1.000.000 scudi). Dalla figura
di committente narcisista passiamo a quella dell’artista narcisista,
del più rivoluzionario genio che la pittura figurativa abbia
mai avuto: Caravaggio. Sempre in lotta con se stesso e con gli altri,
conduce una vita spericolata: dopo aver ucciso un nobile in una
rissa violenta ed essere stato condannato a morte, fugge da Roma
per il Mediterraneo fino alla morte prematura di malaria che lo
coglierà a Porto d’Ercole sulla costa toscana. Fra
i tanti capolavori realistici, dipinge anche un bellissimo e sensuale
“Narciso”, forse interpretando se stesso, il suo doppio
riflettente nell’acqua.
Gli artisti di oggi fanno un’operazione diversa: contestualizzano
l’aspetto negativo del narcisismo che come un virus attacca
gli esseri umani trasformandoli in macchine.
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Monalisa Tina
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Carmelita Brunetti a Cosenza,
all'anteprima della sua Conferenza "Narcisismo e Arte"
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Più della metà della popolazione occidentale mette
in discussione il rapporto che si crea fra l’Io e l’Es
e le forme patologiche di narcisismo sono aumentate al 50% della
popolazione. Gli artisti contemporanei che si occupano di arte performativa
interpretano il significato del narcisismo con l’uso del proprio
corpo per mostrare il rapporto fra l'Io, l’Es e il Super Io.
Marina Abramovic, ad esempio, con il suo corpo crea scenari molto
forti e intimistici da coinvolgere e far entrare il fruitore in
mondi ancestrali riscoprendo l’archetipo, o la ghianda, come
direbbe James Hillman, per ritrovare le pulsioni vitali assopite.
Maria Chiara Zarabini, invece, dialogando con il corpo e con la
natura, subisce una metamorfosi legata alla combustione, una trasformazione
che annuncia sempre la vita in contrapposizione alla morte. Vanessa
Beecroft mette in discussione il rapporto dell’Io-Tu con l’Io
collettivo junghiano, e il pubblico difronte alle sue azioni performative
non le subisce, ma le vive. I lavori di Emiliano Zucchini, con l'utilizzo
del linguaggio tecnologico, ricordano il concetto espresso da Marshall
MacLuhan, secondo cui “il medium è il messaggio”
ed entra subito in lotta con il narcisisismo. L’artista Antonio
D’Agostino, noto nell’ambito della videoarte e di Fluxus
in Italia, usa l’ironia smaliziata e ricorre alla realizzazione
di video per esprimere il suo concetto di narcisismo buono, come
avviene con il video a colori e sonoro del 2007 dal titolo “Il
tatto di Narciso”. Diversamente dalla Beecroft e dalla Tina,
Vito Acconci usa il proprio corpo in rapporto allo spazio reale,
per entrare in relazione con il sociale narcisistico, e invitare
a pensare a un nuovo ridimensionamento urbano. Altri artisti seguono
la strada della pittura classica come Assunta Verrone, italiana
e tedesca di adozione, che dà sfogo a indagini di tipo sociologiche.
Stefan Stettner con il geometrismo sperimentale interpreta anche
l’iconografia sacra, oppure lo scultore e pittore Franco Paletta
che studia e approfondisce il concetto del vuoto, come sostanza
e come metafora. Oggi manca infatti la dimensione della sospensione
e del silenzio: proprio il vuoto è una dimensione che può
consentire il silenzio necessario ad ascoltarsi!
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Carmelita Brunetti, specializzata in Psicologia
dell'arte, Direttore Responsabile della rivista "Arte Contemporanea".
e-mail:
carmelita.arte@libero.it
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