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Senza titolo, dalla proiezione"archives",2016
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Senza titolo, dalla proiezione " factories", 2016
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La storia della fotografia internazionale presenta nel panorama dell'arte contemporanea grandi nomi di artisti, che si sono conquistati il mercato di piazze importanti come Londra, Parigi, Milano. Fra i più importanti nomi di fotografi- artisti, incontriamo quello di una donna indiana, intraprendente, forte e piena di vita: Dayanita Singh. Le sue opere sono esposte a Bologna presso la Photo Gallery della Fondazione Mast, in una personale inedita intitolata "Dayanita Singh: Museum of Machines", curata da Urs Stahel. Il percorso espositivo è ben articolato, infatti le 300 opere fotografiche lasciano riflettere sullo stile di vita e sull'economia di un territorio lontano dal mondo occidentale e spesso dimenticato. Gli oggetti che la Singh impressiona con il suo terzo occhio entrano nell'anima di chi osserva e li rende vivi nella nostra mente per farli giocare con le nostre idee.
I suoi lavori non sono reportage, come spesso possiamo immaginare, ma narrano come in un romanzo la storia di oggetti che hanno segnato la nascita di aziende, luoghi vissuti dagli operai oppure oggetti che ricordano la vita quotidiana in quei luoghi. Le opere sono suddivise e presentate in serie: Museum of Machines, Museum of Industrial Kitchen, Office Museum,Museum of Printing Machines, Museum of Men e File Museum. Alcune immagini raccontano il lavoro e la produzione nelle aziende della sua terra, la vita, la sua gestione quotidiana e la sua archiviazione. Macchinari giganteschi e fumanti, processi e metodi lavorativi, luoghi deputati all'esecuzione e all'organizzazione del lavoro. Mentre visitiamo la mostra ci sembra di passeggiare e respirare la vita degli abitanti indiani. La fotografia di Dayanita Singh non punta alla perfezione estetica per regalare all'immagine particolari effetti di luce, ma alla caratterizzazione degli oggetti e dei luoghi per renderli vivi e spogli del loro valore simbolico. Il suo lavoro è psicologico e sociologico tanto da far ricordare il pensiero del sociologo Jean Baudrillard nel suo saggio "Il Sistema degli oggetti" del 1968. La Singh, come Baudrillard, vede l'oggetto senza essere dotato di un'anima, riscopre il valore in sé dell'oggetto che serve all'uomo in diverse circostanze della sua vita. Oggetti e luoghi raccontano una storia sociale, ma possono interessare perché intrigano la nostra mente. Il critico e scrittore Aveek Sen osserva nei suoi scatti: "Trascorrendo del tempo con queste creature e contemplando gli spazi d'incontro che occupano o evocano, paradossalmente sentiamo farsi strada dentro di noi la sensazione di trovarci di fronte a una personalità, a un carattere individuale".
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Senza titolo, dalla serie "file museum" , 2012
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Senza titolo, dalla serie " museum of men-recent" , 2013
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Carmelita Brunetti, specializzata in Psicologia
dell'arte, Direttore Responsabile della rivista "Arte Contemporanea".
e-mail:
carmelita.arte@libero.it
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