L’onda sismica che sta ancora colpendo
l’Emilia Romagna, ad un mese di distanza, sembra non avere fine:
l’ultima importante scossa si è registrata la sera del
3 giugno scorso con epicentro nei pressi di San Possidonio, in provincia
di Mantova; fortunatamente nessuna vittima né ferito si aggiunge
al già triste bilancio delle precedenti scosse del 20 e 29
maggio scorso. La scossa iniziale ha interessato le province di Ferrara
e Modena, mentre la seconda ha avuto come epicentro la zona tra Carpi,
Medolla e Mirandola nel modenese, causando un totale di 27 vittime
ed oltre 14.000 sfollati.
Avvenimenti di questo genere riportano alla memoria il recente dramma
del terremoto dell’Aquila dell’aprile del 2009, ma anche
il terremoto dell’Umbria del 1997 ed ancora prima quello dell’Irpinia
del 1980…
Oltre al lutto per le vittime umane, il bilancio dei danni riportati
al nostro patrimonio artistico è stato gravissimo, con il verificarsi
di perdite totali o parziali di moltissimi monumenti, torri, chiese
e palazzi storici, luoghi dell'identità storica e sociale della
popolazione emiliana.
La provincia di Modena è stata quella più colpita dagli
effetti del sisma: con la scossa del 3 giugno è crollata anche
la settecentesca Torre dell’Orologio di Novi. Il paese di Cavezzo
è stato praticamente raso al suolo dalla seconda onda sismica
e rimane in piedi solo il 15% delle abitazioni. Finale è stato
il comune modenese maggiormente danneggiato dalla prima scossa, con
i crolli del mastio della quattrocentesca Rocca Estense (o Castello
delle Rocche) e della duecentesca Torre dei Modenesi (Torre dell’Orologio).
Gravi anche i danni al Duomo, alle chiese della Buonamorte, del Rosario
e dell’Annunciata, di epoca barocca, ed al Palazzo Municipale.
A Modena è stata chiusa per precauzione la celebre Ghirlandina,
campanile medioevale, monumento simbolo della città: restaurata
nel 2003, si è inclinata a seguito del sisma di 5.2 cm e necessita
quindi di un monitoraggio prima della riapertura al pubblico.
|
Anche la provincia
di Ferrara ha riportato diversi crolli, che hanno riguardato la chiesa
di San Paolo di Mirabello, il campanile della Chiesa della Rocca di
Cento, la Torre dell’Orologio di Castello Lambertini, sede del
comune di Poggio Renatico, mentre nel comune di S. Agostino si sono
verificati danni gravissimi al palazzo comunale. Nella stessa città
di Ferrara sono avvenuti crolli di cornicioni e calcinacci, provenienti
da una delle due torri del Castello Estense e da altri edifici storici,
come la chiesa di S. Carlo e la Torre di Palazzo Paradiso; è
crollata anche la statua centrale della Madonna dalla facciata della
chiesa di S. Maria in Vado. A seguito del sisma sono stati chiusi
a scopo precauzionale i 3 musei statali della città: la Pinacoteca
Nazionale, il Museo Archeologico e la Casa Romei.
Ugualmente nella provincia di Reggio Emilia e di Bologna, anche se
in misura minore rispetto al modenese ed al ferrarese, alcune chiese
ed edifici storici hanno riportato gravi lesioni, come ad esempio
il campanile ed il Castello di Galeazza a Crevalcore (Bo). Non bisogna
dimenticare, considerando i danni provocati dal sisma, che gli edifici
storici, soprattutto le chiese, sono a loro volta contenitori di altrettante
opere d’arte quali affreschi, dipinti mobili, pale d’altare,
sculture, etc. che devono essere anch’essi tutelati!
Perfino a Mantova ha subito danni il Palazzo Ducale, e in particolare
la Camera degli sposi, capolavoro quattrocentesco del Mantegna.
Ai fini di valutare le condizioni di agibilità e l’entità
dei danni riportati agli edifici di valore storico artistico sono
stati attivati due centri di coordinamento, a Bologna e a Marzaglia
(Mo), da cui ogni giorno partiranno delle squadre composte da membri
delle seguenti istituzioni: Vigili del Fuoco, Protezione Civile e
Ministero dei Beni Culturali, che metterà a disposizione 22
architetti e 19 storici dell’arte. Per evitare che i beni mobili
vengano dispersi dopo essere stati rimossi dagli edifici danneggiati,
il Palazzo Ducale di Sassuolo è stato designato a centro di
raccolta nel quale saranno anche effettuati gli interventi di restauro
necessari da parte di restauratori dell’Istituto Superiore per
la Conservazione ed il Restauro di Roma e dell’Opificio delle
Pietre Dure di Firenze. La creazione dei due centri di coordinamento
serve ad evitare l’istituzione da parte della Soprintendenza
di un commissario per la ricostruzione, provvedimento che è
stato preso a L’Aquila subito dopo il sisma del 2009 e che ha
creato non poche polemiche e problemi.
|
|
Campanili quattrocenteschi e torri danneggiate dal
sisma
Il crollo ... pilotato di un campanile:
clicca qui
|
Il commissariamento della Soprintendenza
dell’Aquila provoca ancora oggi, a distanza di ben 3 anni dal
sisma, una situazione di stallo per quanto riguarda la ricostruzione
del Centro storico: i progetti per la ricostruzione del centro storico,
per poter partire, devono essere valutati dal commissario e dai consorzi
universitari Cineas e Reluis, che sono a loro volta in gravissimo
ritardo, rendendo il tutto bloccato. Della ricostruzione dell’Aquila
ormai non si parla più, ma è dato sapere che la riabilitazione
di svariati edifici storici della città è in mano alle
ditte edili, che sono ormai entrate a far parte del campo della conservazione
e restauro dei palazzi e monumenti storici italiani pur non avendo
le adeguate competenze per operare sulla linea della tutela e valorizzazione
del nostro patrimonio. La schedatura dello stato conservativo dei
beni mobili, nel caso dell’Aquila, è stata monopolizzata
da Legambiente, che aprì addirittura dei corsi gratuiti di
60 ore intitolati “Il volontariato nella salvaguardia del patrimonio
culturale dai rischi naturali-Beni mobili”, finanziati dalla
Regione Abruzzo in compartecipazione con l’Assessorato alla
Protezione Civile; i corsi erano aperti a canditati residenti o domiciliati
in Abruzzo, operanti nel campo del patrimonio culturale (storici dell’arte,
architetti, restauratori) tra i 18 ed i 35 anni. Era necessario investire
dei fondi che sarebbero potuti servire invece per il restauro effettivo
di opere e monumenti, quando sarebbero stati moltissimi i tecnici
del MIBAC provenienti da tutta Italia disposti ad andare sul posto?
Si tratta di tecnici addetti alla tutela del patrimonio culturale
e soprattutto restauratori provenienti dagli Istituti di Alta Formazione
quali ISCR, OPD e Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna. Sembra
assurdo che proprio in Italia, il Paese in cui è nato e si
è sviluppato il concetto odierno di restauro e dove la formazione
dei restauratori è eccellente, il verificarsi di eventi drammatici
come lo sono i sismi non produca un immediato intervento e dispiegarsi
di forze.
Finale: la Rocca Estense è così
ridotta!
L’Aquila ha praticamente perso il suo meraviglioso
centro storico; numerosissime opere abruzzesi giacciono in attesa
di essere restaurate, e chissà se mai lo saranno. La questione
sembrava ormai dimenticata, i telegiornali già dopo pochi
mesi dal sisma non ci hanno più parlato di cosa stia accadendo
al patrimonio culturale abruzzese danneggiato. Ma con il terremoto
dell’Emilia Romagna le ferite si riaprono e le questioni che
il mal governo ha tentato di insabbiare salgono inevitabilmente
a galla. Ci si chiede, quindi, in che modo verrà affrontata
questa nuova emergenza, augurandosi che non vengano ripetuti gli
stessi errori del passato.
A questo proposito sono state molto taglienti le critiche di Vittorio
Sgarbi, che ha denunciato in un’intervista a Il Giornale del
21 maggio scorso la situazione di stallo riguardante la ricostruzione
dell’Aquila dopo il sisma e la totale mancanza di “manutenzione
di un patrimonio architettonico considerato minore, colpito e indebolito
nel corso degli anni fino a crollare” (vedi “La prevenzione
antisismica negli edifici storici”, archivio, anno V, n. 19).
Come per i precedenti terremoti italiani, ancora una volta è
necessario porsi il problema, pratico e deontologico, di se, come
e dove ricostruire gli edifici storici crollati per non incorrere
nel “falso storico”. Sgarbi sostiene che “tutto
va ricostruito esattamente ‘com’era e dov’era’,
ovvero usando gli stessi materiali e restituendo l’intero monumento
alla comunità”;, come avvenne, ad esempio, per il campanile
di San Marco a Venezia a seguito del crollo del 1902. È, infatti,
da considerare che, mentre nell’esecuzione tecnica delle opere
di pittura e scultura c’è la mano dell’artista,
per quanto riguarda l’architettura l’esecuzione viene
demandata sempre a terzi sulla base del progetto dell’artista.
In tal senso una ricostruzione postuma effettuata rimanendo fedeli
al progetto originario e riutilizzando il più possibile i materiali
originali recuperati dopo il crollo è da ritenersi corretta
sotto entrambi i profili etici e pratici.
|
Danni da restaurare o da riedificare?
|
Crepe insanabili.....
|
Riporto qui di seguito un intervento della storica dell'arte Federica
Pace (1), cittadina aquilana, a mio parere illuminante sulla gestione
del dopo-terremoto. "Imparare dagli errori del recente passato
è l'imperativo da usare nel caso del disastroso terremoto che ha colpito
la regione Emilia Romagna. Con gli eventi sismici ancora in corso
è difficile pensare già al futuro, tuttavia bisogna prendere atto
di come la situazione già appaia diversa rispetto alle "operazioni"
compiute nella città dell'Aquila. Il riferimento è soprattutto rivolto
ai primi recuperi di beni culturali mobili che in questi giorni stanno
avvenendo in provincia di Modena e Ferrara: sono stati, infatti, salvati
due capolavori di Bernardino Loschi e del Guercino che erano in pericolo.
Il dipinto di Loschi, un trittico del peso di 250 chilogrammi, è stato
recuperato sabato 26 maggio alla presenza del Soprintendente per i
beni artistici di Modena Stefano Casciu, tolto dalle macerie del Duomo
di San Felice (Mo) e ricoverato per i restauri al Palazzo Ducale di
Sassuolo (Mo). Sempre sabato 26 maggio è stata messa in sicurezza
l'Assunta in cielo del Guercino, dipinta nel 1622 per il soffitto
della chiesa del Santissimo Rosario di Cento (Fe). Come ben si delinea
da queste prime operazioni, la Soprintendenza è attiva e coordina
le operazioni di recupero, impegno fondamentale se si pensa che a
L'Aquila questa guida è stata piuttosto debole tanto da essere commissariata
ancora oggi e l'unica cosa che ci si chiede è perché? Le risposte
potrebbero essere molte, ma invece di far polemica è bene prendere
esempio dagli amici emiliani, che con coraggio stanno salvando il
proprio patrimonio, per evitare quello che più si teme nel capoluogo
abruzzese: la dispersione delle opere. È questo, infatti, il pericolo
maggiore se si guarda ad una prospettiva futura: salvata sì in tempi
brevi da un immane disastro, l'arte aquilana ora è custodita in varie
sedi, forse dimenticata e soprattutto in quale stato di conservazione?
Un recupero fatto in tutta fretta come se il mondo dovesse finire
all'improvviso, con centinaia di volontari (preparati?!) che in sostanza
hanno ammassato opere in deposito (in che modo?), è l'esempio da evitare.
Rimanendo dell'idea che prima vanno messe in sicurezza persone e abitazioni,
ci si augura che stavolta i Beni Culturali siano davvero salvati!"
nota (1) dott.ssa Federica Pace, laureata in Scienze dei Beni storico-artistici; master in "Conservazione e Restauro delle opere d'arte contemporanee" presso l'OPD di Firenze. Scrive per la rivista "Geaart" ed ha fondato l'Associazione culturale "Contemporanea Progetti".
|
Francesca Secchi è restauratrice, diplomata all'ICR di Roma, specializzata in Restauro Pitture, moderne e contemporanee
|
E' vietata la riproduzione anche parziale dell'articolo e delle immagini
© Copyright |
|
|