Carla Tomasi è Presidente dell'Associazione Restauratori d'Italia
Abbiamo voluto riportare per intero un articolo del 3 gennaio scorso,
pubblicato sul sito web Tafter, per l’ intelligenza e per
la professionalità di chi lo ha redatto, e per condividerne
i contenuti, le denunce e gli interrogativi. Con i complimenti di
Ars et Furor, riportiamo qui di seguito il pezzo scritto da Carla
Tomasi.
“Quando Cesare Brandi nel 1939 fondò l’Istituto
Centrale del Restauro, realizzò un sistema complesso ed
efficace che traduceva in razionalità, metodo ed approccio
scientifico il concetto stesso di tutela del Bene Culturale, strappandolo
alle pratiche artigianali incontrollate.
Il restauro scientifico, inaugurato dal pensiero brandiano, focalizza
sull’intervento di restauro conservativo l’occasione
per lo studio e la conoscenza dell’opera stessa, attraverso
l’operatività che impone la presenza di professionisti
preparati ed informati, in grado di interpretare i dati conoscitivi
ed effettuare le scelte più opportune, nell’ambito
del progetto di intervento programmato.
Dal criterio di responsabilità di tutela dei beni culturali,
espresso da una sentenza della Corte Costituzionale (N° 9
del 13 gennaio 2004) e dal Codice dei Beni Culturali (art. 29
comma 6), deriva la regolamentazione della professione (D.M.86/2009)
che si acquisisce con formazione o laurea specialistica (D.M.
87/2009).
I restauratori ed i tecnici del restauro operano sui beni tutelati
con le imprese specialistiche (OS2A – restauro di superfici
decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali
mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico)
caratterizzate da un alto profilo di qualificazione professionale
degli addetti che prevedono precise percentuali di restauratori
e di tecnici del restauro di beni culturali nell’organico
aziendale. Una solida teoria
del restauro, la metodologia scientifica coniugata alla qualità
operativa hanno condotto la cultura del restauro italiano ad un
indiscusso riconoscimento in ambito internazionale, dove vengono
particolarmente apprezzati e privilegiati i contributi progettuali,
i professionisti e le imprese italiane, rese solide da un sistema
di qualificazione estremamente rigoroso.
Si direbbe la situazione ideale per affrontare con successo qualsiasi
tipo di intervento specializzato, invece in occasione di un restauro
di grande visibilità come quello del Colosseo e proprio quando
il mondo chiede all’Italia un cenno di credibilità,
si pone in atto una pericolosa inversione di tendenza.
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Le superfici marmoree del Colosseo e del Tempio di Antonino e Faustina
al Foro Romano vengono considerate materiale da costruzione come
se le loro stesse superfici millenarie non fossero pura e altissima
testimonianza della decorazione architettonica, e si afferma che
un’imprenditoria edile possa attuare senza danno quelle procedure
che costituiscono il fondamento della formazione presso gli istituti
Italiani di restauro.
Il restauratore, che fino ad oggi è stato considerato una
ricchezza per la tutela, essendo allo stesso tempo intellettuale
e artefice diventa un ostacolo, una sgradevole interferenza con
il pieno e totale controllo del ciclo del restauro avocato da altre
figure professionali e da una imprenditoria con interessi dilaganti.
Si sta così risolutamente emarginando, fino a esautorarlo,
un sapere che per decenni ha costituito un’eccellenza del
nostro paese, anche a livello internazionale. Una ulteriore conferma del pericolo incombente
è la costituzione di una “Task force” organizzata
dal Ministro Bondi per far fronte alle emergenze di Pompei e che
prevede la presenza di architetti, archeologi e operai.
Pompei è un’intera città, antica di 2000 anni
e con 66 ettari di estensione, che necessita di restauri e manutenzione
costante da affidare a mani esperte.
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Avrebbe bisogno di molti restauratori, assiduamente
occupati nel curare le preziose opere e prevenirne i danni. Sarebbe
importante, oltre ad un rafforzamento degli organici attraverso
l’assunzione di restauratori, agire sui meccanismi di qualificazione
dei professionisti e delle imprese che lavorano nel settore e che
realizzano ormai la parte più consistente degli interventi.
Non si comprende dunque come tra i componenti della “Task
force”, ammesso che sia utile un’ennesima struttura
commissariale, siano indicati persino gli operai ma non i restauratori.
L’Italia ha poco rispetto del suo patrimonio e sta perdendo
il ruolo di esempio internazionale nel campo della conservazione.
La situazione europea è certamente variegata, ma caratterizzata
semmai da un’inversa tendenza alla crescita sul piano culturale,
recependo proprio le esperienze della scienza del restauro italiana,
anche per quanto riguarda la formazione (i restauratori italiani
sono i più richiesti all’estero nei programmi formativi
d’eccellenza).
La questione su cui ci si dibatte dunque è davvero spinosa
e indicativa delle politiche culturali messe in atto nel nostro
paese. In gioco, infatti, c’è non solo una questione
di etica professionale, non solo il destino dei nostri monumenti,
ma lo stesso concetto di tutela del patrimonio culturale, e se la
legge non riesce a garantirne i massimi livelli che settanta anni
di cultura del restauro hanno contribuito a costruire, vuol dire
che è sbagliata e va cambiata.
L’iniziativa sul Colosseo che poteva rappresentare un esempio
virtuoso delle varie qualità italiane, dallo sponsor a tutte
le professionalità coinvolte a vario titolo, si sta trasformando
in una operazione opaca, con possibili rischi per il monumento,
una mortificazione per le imprese di restauro specialistico, e senza
alcun risparmio economico.
Riteniamo necessario ripristinare la collaborazione, la possibilità
di realizzare una filiera virtuosa, una rete di interessi produttivi,
un volano di qualità reciproche, il rispetto per le proprie
specificità contro il cannibalismo rivolto a settori di grande
qualità ma anche di estrema fragilità, come quello
del restauro specialistico.
Solo così potremo dare un cenno concreto di credibilità
ed affrontare insieme il difficile futuro che si presenta, con serietà
e disponibilità, con ragionevolezza e concretezza.”
www.tafter.it
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