Il Palazzo Chigi Albani a Soriano
nel Cimino (VT), visto dall'alto
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Il giorno 23 giugno a Soriano nel Cimino si è tenuto il convegno
sulla proposta di Legge regionale per creare una Rete delle dimore,
delle ville, dei complessi architettonici, dei parchi e dei giardini
storici del Lazio, organizzato dal gruppo regionale del Partito
Democratico (1), conclusosi
con un video (realizzato con il coordinamento di Alfredo Baldi)
in cui sono state raccolte varie scene di filmati girati a Soriano
e nei luoghi storici della Tuscia.
Nell’incontro si è parlato della dimora storica di
Palazzo Chigi - Albani di Soriano e di altri importanti edifici
Chigi del territorio: il Palazzo di Formello e quello di Ariccia.
Interessantissimi tutti gli interventi sugli edifici, sulle proposte
di restauro, sui criteri di lavoro e conservazione, sui giardini
di cui i nostri studiosi riescono a recuperare la stratigrafia storica
e l’immagine antica.
Insomma un incontro di saperi di altissimo livello, ognuno dei quali
richiederebbe un approfondimento specifico e puntuale.
In questa comunicazione però, vorremmo intanto portare all'attenzione
dei lettori la bellezza di edifici poco noti e ancora non completamente
inseriti in quel tessuto culturale italiano che nasconde meraviglie
in ogni angolo di territorio prima di soffermarci sugli aspetti
più “tecnici” che meritano approfondimenti da
tema a tema.
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A sinistra la fonte, a destra
l'edificio grande
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Una scultura dietro cui sgorga l'acqua
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Il Palazzo Chigi Albani di Soriano
con l'adiacente Fonte Papacqua e i suoi giardini, costituiscono
un imponente e straordinario complesso architettonico di età
rinascimentale che necessita di un importante e urgente restauro.
L’edificio si erge su un controcrinale che fronteggia il centro
storico di Soriano nel Cimino (VT). La struttura è fortemente
integrata con lo sperone di peperino le cui pareti rocciose compaiono
a vista in numerosi ambienti interni.
Il complesso è composto di due corpi principali, di alcuni
edifici minori annessi, nonché di numerosi locali sotterranei.
L’organizzazione planimetrica che alterna armoniosamente gli
edifici con due grandi giardini all’italiana a diverse quote
ha il suo fulcro nella Fonte Papacqua, che si articola in una serie
di gruppi scultorei e fontane, posti nella terrazza-belvedere di
accesso.
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Stemma della casata sul soffitto
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Simboli Chigi sulla facciata esterna
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stemma
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Cenni storici (2)
Il complesso è stato realizzato in due grandi fasi costruttive:
la prima risale alla seconda metà del Cinquecento, committente
il Card. Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento e Bressanone, la
cui importanza presso la corte papale è legata all’organizzazione
del Concilio di Trento. Il cardinale acquista nel 1560 il marchesato
di Soriano, Gallese e Bassano, per sé e per il nipote Fortunato
Madruzzo, ed è animato, nella sua costruzione, dalla competizione
con Alessandro Farnese e Vicino Orsini che stavano costruendo a
Caprarola e a Bomarzo le loro residenze extraurbane, così
dal 1564 al 1572 fa costruire presso le sorgenti della fonte Papacqua
un casino di delizie, comprendente il basamento, il viale di accesso,
un edificio a un solo piano con due logge alle estremità;
inoltre fa scolpire la fontana davanti all’ingresso del palazzo.
Le figure hanno un significato allegorico legato all'acqua del bene
e del male. Vi sono rappresentati Mosè mentre percuote con
un bastone il masso da cui sgorga l'acqua per dissetare una folla
di ebrei imploranti. C'è una faunessa gigantesca con i piedi
di capra che stringe a sé tre piccoli insidiati da un satiro.
C'è poi un pastore che pascola il gregge suonando il flauto,
e un gigantesco Pan che agitando una verga squarcia la terra. Infine
vi sono quattro statue rappresentanti le stagioni. L’architetto
indicato nel contratto è Ottaviano Schiratti da Perugia,
il cui figlio Troiano lavora per il cardinale anche in altre occasioni.
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l'Edificio e i sotterranei
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Pparticolare di un soffitto ligneo
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Alla morte di Cristoforo nel 1578, il nipote
ed erede vende il feudo a Marco Sittico Altemps. La costruzione,
secondo testimonianze dell’epoca, risulta incompleta, né
vi sono testimonianze di importanti lavori degli Altemps nel periodo
in cui rimane di loro proprietà.
Nel 1713 il feudo passa a Roberto Altemps, che nel 1715 lo vende
ai fratelli Carlo, Annibale e Alessandro Albani.
Annibale Albani elegge Soriano a propria residenza estiva e interviene
sul casino in almeno due fasi ampliandolo notevolmente; in una prima
fase (1715-1716?), egli costruisce il piano nobile e lo scalone,
e forse sul viale di ingresso un edificio basso contiguo alla fontana.
Successivamente (intorno al 1731), interviene sull’edificio
principale rialzando il pavimento delle stanze del secondo mezzanino,
realizzando l’ala del bagno, i saloni sopra lo scalone, i
terrazzamenti a giardino, gli edifici sul viale di ingresso, con
le stalle e le abitazioni della servitù. Inoltre interviene
sulla fontana, modificandola parzialmente. Alla morte di albani,
il complesso ha assunto ormai la consistenza attuale e inizia un
periodo di abbandono, da cui il palazzo si risolleva solo alla fine
dell’Ottocento, quando il principe Mario Chigi Albani torna
ad utilizzarlo come luogo di villeggiatura. Nel 1848 i Chigi, pur
rimanendo proprietari del Palazzo di Papacqua, rinunciarono ai loro
diritti feudali in favore della Santa Sede.
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Ai piedi del Palazzo una vasca
raccoglie l'acqua che sgorga da un condotto interno all'edificio
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Nel 1974 la casa d’aste,
divenuta in seguito società Papacqua, acquistò tutta
la villa dagli eredi dei Chigi Albani.
Nel 1994 la società Papacqua, a seguito dell’apposizione
del vincolo sul complesso, ottenne dei fondi pubblici per eseguire
lavori di ristrutturazione, ma dopo l’installazione di ponteggi
e di una gru all’ingresso, la società fallì
ed il palazzo è rimasto disabitato fino ad oggi.
Nel 2004 il Comune di Soriano a la Provincia di Viterbo hanno acquistato
congiuntamente l’intera Villa, già in parte proprietà
del Comune stesso.
Nel febbraio del 2005 la volta dello scalone è crollata assieme
a parte della sopraelevazione settecentesca, lasciando l’edificio
in condizioni di urgente necessità di intervento.
La villa costituisce la principale emergenza storico-artistica
di Soriano, insieme al Castello Orsini ma, mentre quest’ultimo
si presenta in buone condizioni, la villa ha subito un gravissimo
degrado dovuto principalmente allo stato di abbandono in cui versa
dagli anni ’90, preceduto comunque da un lungo periodo di
inutilizzo. Essa costituisce una parte importante dell’identità
culturale del paese, oltre che un complesso unico dal punto di
vista architettonico.
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Il complesso, visto dal basso,
in uno scenario invernale
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Nel 2005, un gruppo di lavoro (3)
presentò al Comune un primo piano relativo alla possibilità
di utilizzare Palazzo Chigi – Albani. L’idea di un progetto
integrato tra professionalità diverse che unisse in modo
costruttivo e proficuo risorse culturali ed economiche, si presentava,
allora, come un nuovo modo di procedere nel quadro economico del
nostro Paese rispondendo a quelle esigenze di sviluppo, e, al contempo,
di conservazione integrale del nostro patrimonio storico - artistico,
ponendosi, inoltre, come progetto pilota di grande visibilità.
La proposta consisteva nell’unire una funzione istituzionale,
nello specifico la realizzazione di una camera arbitrale e di conciliazione,
e una culturale, con l’utilizzazione dell’Edificio per
lo sviluppo di aspetti collegati ai Beni culturali e agli atenei
del settore conservativo.
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Particolare della bellissima
scala elicoidale
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Particolare di un interno
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Il progetto di restauro aveva già allora,
come linee guida, la conservazione della villa secondo le teorie
architettoniche più avanzate del restauro specialistico architettonico
e artistico, che miravano a studiare in modo approfondito l’edificio
e a mantenerlo senza snaturarne la struttura e l’importanza,
impiegando i più raffinati sistemi conservativi ed inoltre
ne individuano un rilevante impiego istituzionale come Camera Arbitrale
(4).
Prevedeva anche lo studio delle circostanti aree verdi con accurati
studi stratigrafici e storici per la conoscenza dell’impianto
antico di cui l’arch. Sofia Varoli ha lasciato intravedere,
nella giornata del Convegnoì, gli affascinanti quanto insospettabili
esiti storico conoscitivi.
Già allora il progetto considerava ineludibile la valorizzazione
culturale del sito collegato a tutte le risorse (archeologiche,
naturali, enogastronomiche etc.) e territoriali (collegamenti culturali
di varia natura con Roma, Bassano, Viterbo, e tutti i luoghi provinciali
e nazionali) per elaborare e gestire diversi "pacchetti"
turistici, diversificati secondo le fasce di età, e contemplare
la fruizione qualificata per diversi livelli culturali e sociali,
creando un polo economicamente autonomo e di sviluppo territoriale. |
Fuga prospettica al piano terra e prove di pulitura che evidenziano le decorazioni conservate sotto allo scilabo bianco
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La vasca marmorea nell'appartamento del Cardinale
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Particolari di un elegante interno
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Il progetto prevedeva una suddivisione degli
spazi facilitata dai molteplici accessi e ipotizzava la suddivisone
in questo modo:
Piano terra, 500 mq., Fonte Papacqua e giardino con vasca quadrilobata:
spazi polifunzionali utilizzabili sia per corsi di formazione a
servizio della Camera, del Ministero B.C., dell’Università
o di altri enti, per rappresentanza, conferenze, convegni, feste,
celebrazioni, concerti, rappresentazioni etc. ACCESSIBILE AUTONOMAMENTE;
Piano Nobile e giardino 500 mq.: Camera Arbitrale.Visitabile ACCESSIBILE
AUTONOMAMENTE;
Mezzanino 1, 120 mq. : uffici, magazzini, archivi, biblioteca.
Mezzanino 2 e Appartamento del cardinale 300 mq.
Uffici di rappresentanza senza aggiunta di suddivisioni e con arredi
adeguati, visitabile,
ACCESSIBILE AUTONOMAMENTE;
Edificio settecentesco: ricezione. ACCESSIBILE AUTONOMAMENTE (Restaurato
di recente);
Sotterranei in cui scorre l’acqua incanalata: visitabili con
destinazione da definire.
Confido che questa nuova legge consenta di recuperare l’edificio
per restituirlo alla fruizione pubblica e da restauratrice chi
scrive sarà personalmente lieta, assieme agli specialisti
interessati, di offrire ancora un contributo fattivo per il restauro
di questo straordinario Palazzo Chigi Albani.
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(1)Un'intera
giornata dedicata alle dimore storiche della Tuscia e del Lazio,
che ha visto numerosi partecipanti tra cui oltre al Sindaco di Soriano
nel Cimino, Menicacci, ricordiamo: Riccardo Valentini e Enrico Panunzi
consiglieri regionali, David Centofanti (consigliere comunale e
capogruppo Unione per Soriano), Laura D'Erme (Soprintendenza ai
Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale), Alfonso Ausilio (Università
' La Sapienza”), Elisabetta De Minicis (Università
della Tuscia, Viterbo), Sofia Varoli Piazza (Università della
Tuscia, Viterbo), Lefke van Kampen (Direttrice del Museo Palazzo
Chigi di Formello), Marina Pennini restauratrice di Palazzo Chigi
di Formello, Arch. Antonio Mascia, progettista per il l Comune di
Formello, Alfredo Baldi, Italo Moscati, Daniele Camilli.
(2) Nel 2005 gli architetti
G.Chemolli, P.David, A.Incarnati, L.Mattone della Scuola di specializzazione
in Restauro dei Beni Architettonici e del Paesaggio diretta dal
prof. Giovanni Carbonara prepararono un' articolata tesi con rilievi
e studi d’archivio. Fui coinvolta nella tesi per la parte
relativa allo studio e conservazione degli apparati decorativi.
Le foto del presente saggio appartengono allo studio effettuato
per la tesi e mi furono fornite in quell’occasione anche per
poter redigere la prime proposte progettuali. In questo saggio non
sono state inserite le immagini delle parti più degradate
per mancanza di spazio e per poter evidenziare, al contrario, la
bellezza degli ambienti che, recuperati, potranno essere locali
di grande bellezza.
(3) Il gruppo era costituito
dalla sottoscritta (restauratrice e storica), dagli architetti della
Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio,
già indicati e dal Dott. E. Merlino, dottore commercialista.
(4) Quest’ultima
avrebbe dovuto essere realizzata con la partecipazione dell’Ordine
Dottori Commercialisti di Viterbo, della Camera di Commercio di
Viterbo e di operatori privati, soprattutto in vista del potenziamento
dell'Istituto, ben evidente alla luce delle allora recenti normative,
italiane ed europee, in tema di procedura relativa al diritto societario.
Gli sviluppi di una simile interazione avrebbero consentito evidentemente
di utilizzare il Bene con fini molteplici, permettendo l’integrale
conservazione del bene e un impiego istituzionale e culturale che
valorizzavano l’edificio storico con il coinvolgimento di
istituti pubblici e privati e garantivano costanti introiti per
la manutenzione.
Marina Pennini, Aurea Sectio srl Conservazione e Restauro Beni
Culturali
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