Con il termine mosaici si pensa immediatamente alle grandi
decorazioni pavimentali romane o agli sfavillanti e dorati
mosaici bizantini, ma esiste invece una tecnica in cui le
dimensioni di un mosaico sono di gran lunga inferiori: il
mosaico minuto o “micromosaico”. Questa tecnica moderna è nata
presso lo Studio del Mosaico del Vaticano verso la fine del
Settecento ed ha avuto grande diffusione anche nel corso del
secolo successivo, sussistendo in parte ancora oggi.
L’allestimento, nel 1997, di due nuove sezioni espositive nelle
Sale vaticane di San Pio V, di cui una dedicata interamente ai micromosaici,
rende giustizia ai mosaicisti, da non considerare dei semplici
artigiani, ma veri e propri artisti e sperimentatori.
Pensiamo alle tessere, ossia ai frammenti di smalti, pietre
naturali o marmi che compongono un mosaico; il significato
del nome, che viene dal greco “quattro”, ci fa immaginare delle
tessere aventi il contorno a forma di quadrilatero, anche se
per quanto riguarda i micromosaici questa denominazione non
è esatta: qui le tessere sono spesso poco più grandi di un capello!
Dai ciottoli colorati reperiti nel greto dei fiumi, impiegati
nella Grecia del V secolo a.C. senza modificarne la sagoma, alle
tessere in marmo e pietre colorate tagliate nell’antica Roma
per creare preziosi pavimenti, è nata l’esigenza di eseguire
i mosaici in quelle pareti dove pitture e stucchi si sarebbero
rapidamente deteriorati. Si è affermato quindi l’uso di tessere
in un materiale vetroso, detto smalto, ottenuto dalla fusione di
sostanze vetrose con composti metallici che conferiscono il
colore al materiale stesso.
Questa procedura, nata in epoca romana,
si è poi evoluta fino ad arrivare al mosaico moderno, in cui
viene abbandonata la forma convenzionale sagomata, ai fini di
ottenere effetti estremamente pittorici con tessere corrispondenti
a tocchi e pennellate.
E’ l’innovazione del “mosaico filato”,
che nasce proprio presso lo Studio del Mosaico del Vaticano nel
Cinquecento, sostituendosi all’antica tecnica del “mosaico
tagliato”: lo smalto viene fuso con la fiamma e “filato”manualmente
fino ad ottenere delle lunghe e sottili bacchette, ridotte in tessere
tramite lime e pinzette.
Nel mosaico minuto le tessere raggiungono
dimensioni anche inferiori ad un millimetro di spessore e compongono
manufatti più disparati, tra cui minuscole placchette incastonate
su collane, spille e bracciali, gioielli raffinatissimi ed unici,
non solo per l’alto valore artistico della manodopera, ma
anche per i soggetti raffigurati. Come una sorta di documenti
storici di una “Roma sparita”, possiamo ammirarvi scorci di
monumenti ed aree archelogiche oggi assai diverse, preziosi
“souvenirs” acquistati dai viaggiatori intellettuali del
Grand Tour.
Gioielli di mosaici, non nel senso stretto del
termine, se consideriamo gli inserti in micromosaico realizzati
sui più disparati oggetti di uso privato, come tabacchiere, scatole, fermacarte, piani di tavolini e decorazioni di sportelli:
un arredamento che di certo non tutti potevano permettersi!
Accanto alle “vedute-ricordo” si affermano con il tempo temi allegorici e
mitologici, lotte di nimali o soggetti floreali,
questi ultimi eseguiti con la particolare tecnica del “malmischiato”,
un’evoluzione ottocentesca del mosaico filato, inventata da
Antonio Aguatti, mischiando in modo non omogeneo degli smalti
di colori differenti in fase di fusione.
Gioielli di un’epoca ormai passata: opere d’arte di una
tecnica che viene tramandata da secoli e che sopravviverà,
evolvendosi continuamente, per molti altri ancora.
Si ringraziano i Musei Vaticani per la concessione delle immagini.
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Micromosaico: paesaggio di Tivoli, prima metà sec. XIX

Collana con mosaici e cammei,
prima metà sec.XIX

G.Raffaelli, le colombe di Plinio, 1793
tabacchiera, tartaruga e oro
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