Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno II - Nov./dic. 2006, n. 6
ARTinFORMA 

RESTAURI E...DINTORNI


La Necropoli di Santa Rosa in Vaticano: "una piccola Pompei"
di Francesca Secchi


Città del Vaticano: area aperta con sepolture ad incinerazione

 


Spesso si ribadisce che nuove scoperte archeologiche siano in grado di modificare dei fatti storici ritenuti ormai certi, oppure colmare dei vuoti sulla conoscenza di popoli cronologicamente tanto remoti.
Sebbene simili accadimenti siano molto rari, la recente scoperta della"Necropoli di Santa Rosa" in Vaticano dà prova di quanto ancora poco si conosca sui rituali funerari degli antichi Romani, in particolar modo delle classi sociali medio-basse.








Stele di Alcimus, servo di Nerone, addetto alle scene del Teatro di Pompeo

Lo scavo, iniziato nel 2003 a seguito della costruzione del nuovo parcheggio, è stato restaurato ed aperto al pubblico dal 14 ottobre del 2006. L'area sepolcrale di Santa Rosa è l'ultimo settore scoperto della Necropoli che si estendeva su entrambi i lati della Via Triumphalis, linea di collegamento tra Roma e la città etrusca di Veio e così chiamata perché vi si celebravano i cortei trionfali.
Non solo a Roma, ma in tutta l’Italia centrale, è l’unico esempio di necropoli in grado di fornire delle preziose indicazioni sull’intero spaccato della società romana dall'età augustea a quella di Costantino, dal I al IV secolod.C..


Sarcofago strigilato con orante e filosofo ( III sec.d.C.)
 

Accanto a tombe ricchissime, è stato rinvenuto un gran numero di sepolture al contrario poverissime, come quelle che occupano l’angolo sud-orientale dell’area, costituite da sepolture ad inumazione entro fosse individuali, risalenti al III sec. d.C. A questa tipologia appartiene la tomba di un bambino di circa un anno di età, inumato con un corredo di vasetti in ceramica e con un uovo di gallina nella mano destra, simbolo di nuova vita.
La parte centrale dello scavo è occupata, invece, da sepolture semplici ad incinerazione entro urne di terracotta o forse di vimini o legno, a noi non pervenute, in quanto materiali organici facilmente deperibili.

Le olle in terracotta, così come le stele, le are, i vasi, i bruciatori di profumo, le lucerne, i mosaici, i sarcofagi, giacciono a terra, lì dove sono stati rinvenuti; la non decontestualizzazione dei corredi funebri, oltre ad essere di forte impatto emozionale per il visitatore, rappresenta una valida scelta conservativa che dovrebbe diventare prassi. Mentre di solito si visita l'area archeologica con l'annesso museo, dove vengono custoditi gli oggetti rinvenuti durante lo scavo, qui siamo di fronte alla creazione di una “necropoli-museo”: gli oggetti più fragili sono stati portati nei laboratori dei Musei Vaticani, quindi restaurati e ricollocati nella loro posizione originaria, tranne quelli trovati fuori sede o musealizzati alle pareti per una loro più idonea conservazione. La non decontestualizzazione permette al pubblico una visione completa dell'area archeologica, ma è una



Arcosolio (sepoltura ad arco) affrescato con pavone


  soluzione molto positiva anche per gli studiosi in quanto decontestualizzando, spesso si perde la memoria storica rispetto alla collocazione originaria; ne sono un esempio gli affreschi pompeiani staccati nel corso del Settecento, per i quali si è molto spesso persa l'indicazione sulla casa di provenienza: vi si risale, solo in alcuni casi, attraverso lunghe ricerche d'archivio ed assistiti da una buona dose di fortuna!  

Mosaico pavimentale del Sepolcro VIII, con scene di Dioniso-Bacco e vendemmia

L’appellativo di “piccola Pompei” accomuna concettualmente la Necropoli di Santa Rosa alle città vesuviane: così come ceneri e lapilli hanno sepolto le abitazioni pompeiane, preservandole dall’azione del tempo, frane di ghiaia ed argilla, verificatesi nel corso del II sec. d.C., hanno coperto le tombe di prima fase (fine I sec. d.C.- inizi II sec. d.C.), creando un terreno idoneo alla costruzione di quelle della seconda fase (prima metà III sec. d.C.- inizi IV sec. d.C.). Le tombe sigillate dalle frane sono in ottimo stato conservativo e riportano spesso integralmente i corredi funerari e le decorazioni.
La conservazione del ricco patrimonio epigrafico fornisce delle preziose indicazioni sul mestiere dei defunti, tra cui è possibile individuare schiavi e liberti, postini, un "incitatore" di cavalli nelle gare circensi, uno scultore, un addetto alla scena del Teatro di Pompeo (famoso perché vi fu assassinato Giulio Cesare), ed ancora personaggi di ceto sociale più elevato, come un giovane cavaliere, probabilmente di fede cristiana. Sul suo sarcofago strigilato è infatti scolpita la figura di un orante, chiaro indizio di fede cristiana, sebbene nel III sec. d.C. non fosse ancora stato promulgato l’Editto di Costantino (313 d.C.) e con esso la libertà di culto, le persecuzioni cristiane si erano ormai placate e già comparivano più frequentemente simboli cristiani. Il sepolcro VIII, da cui proviene il sarcofago del cavaliere, è decorato da un prezioso pavimento musivo a tessere bianche e nere, raffigurante Dioniso-Bacco ebbro attorniato da amorini che vendemmiano, che ricorda l'iconografia paleocristiana del mosaico policromo della volta a botte del Mausoleo di S. Costanza, edificato a Roma nel IV secolo.
 


Colombario III, con volta cassettonata

Il mosaico, come altri rinvenuti nella necropoli, è stato staccato, restaurato in laboratorio e riposizionato in situ; a causa della presenza di gravi avvallamenti e fratture, dovuti al peso dei sarcofagi presenti nell'edificio funerario, è stato necessario fornire il mosaico di un nuovo supporto, rispettando l'andamento originario della superficie. Interessante notare la zona di rifacimento con tessere di riempiego in corrispondenza della figura di Dioniso, a testimonianza di un antico quanto grossolano restauro.
Alle pareti dello stesso edificio funerario, una tomba a camera destinata ad inumazioni sovrapposte, è conservata la traccia di un pavone affrescato, simbolo cristiano di immortalità. Ma la sepoltura più ricca è quella del colombario III (1), che conserva quasi interamente le belle decorazioni a stucco sulle pareti e sulla volta cassettonata.
La vera ricchezza di questo sito archeologico è dunque da attribuire alla straordinaria varietà di tipologie di sepoltura ed alla loro alta concentrazione: circa 250 tombe in soli 500 mq, talmente vicine e sovrapposte le une alle altre che è difficile stabilirne i limiti. Proprio per questo motivo lo scavo ed i lavori di restauro, durati 3 anni, sono risultati molto complessi. Ora, per la conservazione di questa “piccola Pompei cristiana” è necessario un programma di monitoraggio per valutare la risposta del luogo alla presenza del pubblico visitatore.




Nicchia sepolcrale con stucchi


(1) Colombario: stanza sepolcrale nelle cui pareti vi sono loculi o celle per le urne cinerarie (così chiamata per la somiglianza delle buche dove covano le colombe).

 

Si ringraziano I Musei Vaticani per la gentile concessione delle immagini

 
Nicchia del colombario III, lato ovest


 
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