Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale -Anno IV- Gen./mar. 2008, n.13
ARTinFORMA 

RESTAURI E...DINTORNI

"Rosso pompeiano"
di Francesca Secchi

Affreschi o quadri da galleria?

“Si taglieranno, e se ne farà tanti bei quadri per la Galleria del Re” (R. Venuti 1739)



Fregio con Arimaspe, intonaco dipinto. Pompei, Villa dei Misteri (II stile) Napoli, Museo Archeologico Nazionale
 

Tutti sappiamo quanto la materia, mi riferisco in questo caso alla materia che costituisce le opere d'arte, sia destinata a deteriorarsi nel tempo, nonostante con il restauro si cerchi di rallentarne la sorte. Eppure, alcune volte, particolari circostanze bloccano questo inevitabile processo, fermando l'azione del tempo per molti secoli, come è avvenuto a seguito dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Una calamità naturale così sconvolgente è stata dunque la radice di una delle più fortunate scoperte archeologiche di tutti i tempi: il rinvenimento delle città vesuviane. Mentre a Roma il vissuto ininterrotto e le trasformazioni sociali e culturali hanno prodotto una sovrapposizione degli edifici nuovi su quelli preesistenti, con la conseguente modifica o distruzione di molti esemplari, a Pompei e nelle attigue città vesuviane il fango e la cenere hanno preservato i reperti artistici in condizioni praticamente identiche a quelle originarie. Ecco perché la pittura pompeiana rappresenta un riferimento fondamentale di eccezionale valore quando si parla di pittura romana. Molto di quanto è noto sulla pittura romana è stato dedotto o confermato grazie ai dipinti portati alla luce nei siti di Pompei, Ercolano e Stabia, attraverso i quali è stato possibile ricostruire epoca, stile ed ambito culturale dei rinvenimenti romani. Per la prima volta la mostra

Rosso Pompeiano, ospitata fino al 30 marzo 2008 nelle sale di Palazzo Massimo, sede del Museo Nazionale Romano, illustra le similitudini e le differenze tra la pittura romana e quella pompeiana, affiancando circa un centinaio di affreschi vesuviani, custoditi nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ai dipinti romani delle collezioni di Palazzo Massimo.
Grazie agli studi condotti sui dipinti pompeiani è stato possibile effettuare una classificazione delle variazioni stilistiche a seconda delle epoche, riferimento valido anche per la pittura romana. Lo studioso tedesco August Mau nel 1882 distingue quattro stili decorativi parietali a Pompei nell’intervallo di tempo tra il 30 a.C. ed il I secolo d.C. (con il termine al 79 d.C., data dell’esplosione del Vesuvio), epoca in cui era molto in voga nella capitale dell’impero, come nelle città provinciali, decorare gli edifici e le abitazioni private con affreschi , stucchi e mosaici. Ville imperiali e dimore, anche delle classi meno abbienti, accoglieranno rilievi ed incrostazioni in stucco ad imitazione dei rivestimenti marmorei nel I stile, detto stile dell’incrostazione (dal II all’inizio del I sec. a.C.); nel II stile o stile architettonico verranno eseguite, invece, decorazioni in pittura dell’intera parete con elementi architettonici e figurativi attraverso effetti illusionistici, tipo moderni trompe l'oeil ( 100 - 20 a.C.);


Fanciulla inghirlandata, da Ercolano. Intonaco dipinto
(III stile) Napoli, Museo Archeologico Nazionale


Villa di Livia, affresco (part.), (II stile), da Prima Porta. Roma
campiture piatte e monocrome, a simulazione della tappezzeria con piccoli riquadri centrali raffiguranti scene di vario genere orneranno le pareti nel III stile, noto appunto come stile ornamentale (I sec. d. C), definito da Plinio "compendiario"; nel IV stile o stile dell'illusionismo prospettico si apriranno sulle pareti architetture prospettiche e fantastiche, accanto ad un revival di elementi figurati dei precedenti stili (tutto il resto del I sec. d.C. ed oltre, cioè dopo il terremoto del 62 d.C. a Pompei e la successiva ricostruzione).
Appartenenti già alle collezioni del Museo Nazionale Romano, i dipinti provenienti dalla Villa di Livia a Prima Porta rappresentano la fase finale del II stile, insieme a quelli della Casa di Augusto al Palatino; esposti nella mostra inoltre i dipinti, gli stucchi ed i mosaici asportati da Villa Farnesina, una villa suburbana datata tra il II ed il III stile, probabilmente appartenente ai membri della famiglia di Augusto. Le pitture della Villa romana di Castel di Guido (località sulla via Aurelia, vicino Fregene) sono invece un esempio eccellente e raro di III stile, poiché molti dipinti di questo periodo sono andati distrutti nell’incendio del 64 d.C a Roma.

Accanto alla pittura romana viene esposta in questa mostra la pittura pompeiana, proveniente in parte dalle recenti scoperte della Casa del Bracciale d'oro, scavata alla fine degli anni '70, e dall'Edificio dei Triclini di Moregine (zona del porto di Pompei), rinvenuto durante i lavori per la realizzazione dell'autostrada Napoli-Salerno nel 2000, ma soprattutto dalla straordinaria collezione di dipinti vesuviani conservati nelle sale e nei depositi del Museo Archeologico di Napoli. La procedura settecentesca ed ottocentesca prevedeva il distacco delle porzioni di parete considerate di particolare pregio, come i riquadri centrali raffiguranti scene mitologiche o scene di genere (vita quotidiana, paesaggio, natura morta) che, una volta incorniciati, entravano a far parte della galleria di quadri antichi del re Carlo di Borbone. Purtroppo più di mille frammenti, anche di grandi dimensioni, sono stati asportati dal contesto originario e trasformati in bei quadretti da galleria!





Villa di Livia, decorazioni parietali

All'interno del progetto di riallestimento del Museo Archeologico di Napoli è stato effettuato il restauro di una parte dei dipinti pompeiani ivi conservati, da parte dei tecnici del Museo Archeologico di Napoli in collaborazione con i restauratori dei laboratori del Museo Nazionale Romano, per rimuovere ridipinture e sedimenti e riportare le pitture il più possibile vicine a come gli scavatori del Settecento le videro a Pompei, Ercolano e Stabia al momento della scoperta. La Casa deve il nome ad un affresco raffigurante una donna che indossa un bracciale d'oro; negli ambienti della villa convivono tre stili insieme, perché il proprietario li restaurò a seguito del terremoto del 62 d.C., conservando le decorazioni del III stile ed anche di stili precedenti.
L'Edificio probabilmente era stato da poco terminato quando si verificò l'eruzione del 79 d.C.; tra le ipotesi più plausibili sembra che fosse una sorta di luogo di ristoro voluto da Nerone per i suoi spostamenti lungo le coste laziali e campane.

 

note

(1) Tecnica molto antica descritta da Vitruvio nel De Architectura (30-20 a.C) che consiste nella stesura del colore sull'intonaco ancora fresco. Vitruvio consiglia l'applicazione di numerosi strati di intonaco composti da calce, polvere di marmo, pozzolana; sull'ultimo strato, liscio, si dipingeva con colori derivanti da materiali organici o minerali. Si tratta di una tecnica molto duratura, adatta sia ad ambienti esterni che interni.
(2) Gli scavi della Villa di Livia sono stati condotti da Pietro Rosa tra il 1861 e il 1870, su incarico di Napoleone III.
(3) La Casa di Augusto al Palatino verrà riaperta nella prossima primavera, dopo lunghi e complessi interventi di restauro.
(4) Villa Farnesina è venuta alla luce nel terreno di Villa Chigi, poi Farnese, nel 1879 a seguito della costruzione degli argini del Tevere per il rinnovamento di Roma nuova capitale.



Francesca Secchi è restauratrice diplomata all'ICR di Roma, specializzata in Restauro Pitture.


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