Alla GAM di Torino 40 capolavori conservati al Musée D’Orsay
mostrano al pubblico lo straordinario talento del capofila
degli Impressionisti francesi: Claude Monet (1840/1926). I visitatori
della mostra potranno seguire le testimonianze pittoriche del pittore e del movimento
artistico la cui denominazione proviene dall’utilizzo in senso
dispregiativo di “Impression, soleil levant”, una tela di Monet,
suggestiva rappresentazione dell’alba, esposta
a Parigi in occasione della prima contestata mostra del gruppo nel 1874.
Accanto alle opere di Monet, infatti, tele di Manet, Renoir, Degas, Pissarro,
Sisley e Cézanne completano un quadro storico-artistico delle
diverse personalità pittoriche nella seconda metà dell’800 in Francia, ma ne rivelano anche le
influenze reciproche.
Lungo e variegato il percorso creativo di Claude Monet, anche se
nella mostra torinese non sono purtroppo presenti le opere dell’ultimo
ventennio, come le famose “ninfee”.
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Claude Monet: La gazza (1868-1869),
olio su tela; 89x130 cm.
Parigi, Musée d'Orsay
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A poco più di vent’anni Claude Monet, attratto dall’opera
dell’amico Gustave Courbet, comincia a dipingere tele contrassegnate
da un fresco realismo, sia nella scelta dei soggetti, sia nella
scelta della tavolozza; l’artista è appassionato anche
dell’opera di Edouard Manet, considerato più tardi dagli
Impressionisti il padre spirituale del gruppo, lui che con il suo
“Dejéuner sur l’herbe” (1863) aveva scandalizzato
tutta Parigi sia per il soggetto dipinto, una colazione nel bosco di
parigini azzimati e donne seminude, sia per la tecnica pittorica priva
del tradizionale chiaroscuro. Proprio ai due Maestri del Realismo,
Manet e Courbet, quest’ultimo ritratto nella tela, Monet dedica
l' omonimo “Le déjeuner sur l’herbe” (1866,
presente in mostra per la prima volta in Italia!), un’opera
pensata come un trittico, di cui però una delle tele è
andata perduta. Il confronto con il capolavoro di Manet rivela convergenze
e differenze fra i due artisti; in Monet già s’intravede
una tecnica più simile a quella utilizzata nei periodi successivi,
per l’intensità della luce e per la pennellata rapida,
due elementi che risulteranno fondamentali nella cifra più
pura dell’Impressionismo dopo un decennio circa.
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Rue Montorgueil a Parigi. Festa del 30 giugno 1878 (1878,)
olio su tela; 81x50 cm.
Parigi, Musée d'Orsay
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Regate ad Argenteuil (1875)
olio su tela; 56x65 cm.
Parigi, Musée de l'Orangerie
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Secondo la poetica monettiana, condivisa dal gruppo di giovani impressionisti,
l’artista deve ritrarre la natura non nel chiuso di un atelier
nè seguendo regole e dettami accademici, ma dipingendo “en
plein air”, con tocchi rapidi, a virgola, colorando direttamente
sulla tela l’immagine colorata impressa sulla retina, senza utilizzare disegno e prospettiva tradizionale. Le
opere di Monet degli anni ‘70/’80 attuano pienamente
questo innovativo modo d’interpretare la natura e la vita,
trasferendone sulla tela il dinamismo e l’energia vitale attraverso
luce e colore; in seguito, tuttavia, Monet affinerà uno sguardo
sempre più penetrante sul mondo e grazie ad un lirismo intenso
e una visionarietà tutta particolare darà inizio a
un rivoluzionario capitolo dell’arte del XX secolo.
Dipingere direttamente sul motivo voleva dire per l’Artista
seguire la velocità della luce atmosferica che muta in
ogni momento del giorno, significava tradurre con il colore il
divenire delle forme nell’attimo fuggevole della trasformazione
cromatica: perciò Monet spesso dipingeva serie di tele
con lo stesso soggetto e nello stesso luogo, ma ritratte in diverse
ore del giorno (ad esempio: i paesaggi costieri della Francia
oppure le Cattedrali).
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Colazione sull'erba (1865-1866),
olio su tela; 248,7x218 cm.
Parigi, Musée d'Orsay
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Studio di figura en plein air: donna con parasole
girata verso destra (1886), olio su tela; 130,5x89,3 cm. Parigi, Musée
d'Orsay
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Il gruppo degli impressionisti, che esplode nella prima mostra
del ’74 presso lo studio del fotografo Nadar, si prefiggeva di indagare la vicenda complessa e
suggestiva della luce naturale attraverso la semplice percezione
visiva: “non si fa paesaggio, una marina, si fa l’”impressione”
di un’ora della giornata in un paesaggio, in una marina, su
una figura”, diceva sempre Manet! I protagonisti di questo
movimento, così importante per la nascita dell’arte
contemporanea, erano i giovani pittori che al caffè Guerbois
di Parigi discutevano attorno ai temi dell’arte e poi lavoravano
assieme all'aperto per tradurre con la rinnovata tecnica pittorica la bellezza
della natura nella sua eterna mutevolezza. Sisley,
Monet, Pissarro vogliono dipingere ciò che l’occhio
vede, non ciò che la mente sa: fiumi, ponti, mari e laghi
soprattutto, per captare nei movimenti dell’acqua le rifrazioni
cromatiche, ma anche giardini e sentieri solitari, ricolmi di
vegetazione, attraggono i pittori desiderosi di riprodurre le mille tonalità dei
verdi. Opere come “Regata ad Argenteuil” o “Rue
de Montorgueil” mostrano quanta vitalità vi sia nella fusione
di luce e di colore attuata da Monet, tanto più emozionante
quanto più la sua visione si distacca dalla realtà
della pura percezione ottica, agognata dagli impressionisti, per
restituire, invece, soltanto “l’effetto” del paesaggio.
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Campo di tulipani in Olanda (1886)
olio su tela; 65,5x81,5 cm
Parigi, Musée d'Orsay
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La Cattedrale di Rouen. Il portale e la torre Saint-Romain in pieno sole (en 1893)
olio su tela; 107x73,5 cm
Parigi, Musée d'Orsay
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Man mano che l’esperienza artistica di Monet si avvia verso
l'inizio del XX secolo, i suoi paesaggi divengono sempre più
il riflesso del suo occhio “interno”, come testimonia
la serie di Cattedrali, due delle quali esposte a Torino: sempre
più sfaldata per una pennellata quasi liquida, l’immagine
della Chiesa di Rouen muta dinanzi ai nostri occhi sia nell’aspetto
reale, sia nel sentimento che la pervade, risultando lo specchio
di un’emozione intima quanto inafferrabile. Tipica
dell’ultima produzione di Monet, infatti, è la creazione
di visioni di luoghi e di giardini, come quello personale a Giverny,
che si sono trasformati in “paesaggi dell’anima”,
pervasi di un respiro d’infinito in cui, superati i limiti dell’estetica impressionista, il Maestro francese raggiunge
il clou della sua poetica intimistica e già pone le basi per l’arte
astratta.
Alla base della mostra torinese "MONET” è una
partnership istituzionale tra la GAM - Galleria Civica d’Arte
Moderna e Contemporanea di Torino – Fondazione Torino
Musei e il Musée d’Orsay di Parigi, che vede impegnati
nella curatela Guy Cogeval,
Presidente del Musée d’Orsay e del Musée de
l’Orangerie, Xavier Rey, Conservatore presso il Musée
d’Orsay e specialista di Monet, e Virginia Bertone, Conservatrice
della GAM di Torino. (Tutte le immagini possiedono copyright)
La mostra si concluderà il 31 gennaio
2016.
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In norvegese o La barca a Giverny (1887 circa)
olio su tela; 89,3x130,5 cm
Parigi, Musée d'Orsay
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Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte
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