«La nuova moda tra ‘500 e ‘600» è
il titolo della mostra che si sta svolgendo a Tivoli (RM), nei saloni
di Villa d’Este e ospita abiti, dipinti e una selezione di
stoffe e tessuti originali per raccontare l’evoluzione del
costume in Europa, dagli inizi del ‘500 fino al secolo successivo.
L'obiettivo dell’esposizione, curata dal Prof. Roberto Valeriani,
è di offrire una sintetica panoramica della trasformazione
del costume attraverso il dialogo fra dipinti, in cui sono rappresentati
abiti del periodo in esame, e una selezione di splendidi costumi
di scena per il teatro e per il cinema, ideati e realizzati dalla
celebre «Sartoria Farani» sulla falsariga degli originali.
Dunque dipinti antichi e moda, alto artigianato e arte: connubio
vincente di un’esposizione singolare, ambientata in una delle
più belle ville del Rinascimento.
Nell’evoluzione storica della moda l’epoca rinascimentale
ha rappresentato un’età in cui la bellezza femminile
e il gusto estetico sono apparsi in primo piano. Prima Firenze,
poi Roma sono le sedi del rinnovamento intellettuale e artistico,
e anche l’abbigliamento testimonia la nuova visione del mondo.
E’ l’uomo il centro degli interessi filosofico-culturali
e politici, e anche il costume, com’è naturale, concorre
ad esprimere l’esaltazione della figura umana con l’accentuazione
dell’anatomia del corpo, riportando la linea del punto vita
al posto naturale, proponendo ampie scollature che esaltino il candore
della pelle muliebre, e assecondando le curve dei fianchi. L’abito
cinquecentesco, di broccato, velluto o damasco, è segnato
in vita, con scollatura quadrata cui si aggiungono maniche spesso
staccabili, percorse da tagli da cui fuoriescono gli sbuffi della
camicia, a volte aperte dal gomito al polso e realizzate di colore
e tessuto diversi dal vestito.
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Tivoli (RM): Villa d'Este
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Il bel manifesto della mostra
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A secondo del rango della famiglia, le donne potevano abbellire
con fodere di seta o di pelliccia i loro abiti, che nel periodo
invernale erano ricoperti da sopravvesti aperte lateralmente, dette
giornee. Altra caratteristica dell’abbigliamento nobiliare
erano le decorazioni, sul cui uso le leggi sontuarie, ovvero leggi
contro il lusso eccessivo, davano severi dettami, a seconda del
casato e del prestigio di chi le indossava.
Un indumento importante sia per l’uomo che per la donna è
la camicia, molto ricca di tessuto, che prima s’intravede
all’attaccatura delle maniche, poi fuoriesce dai tagli delle
stesse, infine s’increspa sul decolletè e sale fino
al collo con un piccolo colletto, che dopo la metà del ‘500
diverrà la gorgiera, rigida, plisettata e d’influenza
spagnola, come mostra l'abito del manifesto. E’ interessante
notare come l’uso dei tagli sulle maniche e su parte dell’abito,
sia maschile che femminile, sia il frutto di una moda arrivata in
Italia con le truppe dei Lanzichenecchi, che si trasferisce dall’abito
militare al costume civile, portando all’esagerazione anche
l’uso della passamaneria e dei nastri.
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Sartoria Farani: abito in velluto
ricamato
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Abito maschile con lungo farsetto
decorato
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Cosa portavano sul capo le dame del Rinascimento? I quadri d’età
rinascimentale lo chiariscono con dovizia di particolari: liberatosi
di ogni costrizione di gusto medioevale, il capo si ricopre di
veli leggeri e di acconciature preziose; le donne anziane e di
umile condizione usano semplici cuffiette bianche o turbanti colorati
(come si vede in “La Madonna della seggiola” di Raffaello),
mentre le fanciulle nobili si legano morbidamente i capelli in
trecce elaborate. Grande spazio si dà alle acconciature
perchè si ritengono un elemento caratteristico della femminilità
e della bellezza; i capelli vengono anche schiariti al sole con
il thè, per raggiungere il tanto agognato colore rame-dorato,
tipico delle donne immortalate da Tiziano. Sulle morbide acconciature
vengono poggiati veli o reticelle dorate, adornate di perle o
di piccoli gioielli, soprattutto rubini, come ammiriamo nei bellissimi
ritratti di Leonardo, di Raffaello, di Veronese.
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Abito in velluto con maniche
ricche di sbuffi e tagli
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Esempio superbo di corazza finemente
cesellata
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Anche l’uomo è molto elegante e austero: l’abito
è costituito da un farsetto, da cui s’intravede sempre
la camicia bianca e sopra di esso s’indossa un mantello
corto, di cui solo i popolani sono sprovvisti, spesso di color
nero, o rosso per i medici e i nobili, a volte anche lungo fino
ai piedi e provvisto di un cappuccio. Un copricapo alla moda è
la berretta, in panno morbido, ornata da un pennacchio.
Spesso i mantelli e le cappe maschili sono bordati o foderati
di pelliccia, zibellino e lince per i potenti, come la schaube
di foggia tedesca, molto di moda alla corte inglese di Enrico
VIII. L’abbigliamento maschile adotta pochi colori, che
all’inizio, soprattutto in Italia, sono sobri e moderati,
come il nero e il grigio, mentre più avantinel tempo, soprattutto
per influsso della moda tedesca e inglese, si prediligono più
accesi.
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Ritratto della regina Cristina di Svezia
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Sartoria Farani: replica dell'abito
di Cristina di Svezia
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Le calze-braghe, in uso nel '400, subiscono tra ‘500 e ‘600
alcune trasformazioni importanti, diventando calzoncini rigonfi
e imbottiti, come nella moda spagnola, o lunghi e morbidi al ginocchio,
come nella moda francese (in mostra: il costume nero utilizzato
per una piéce di Moliére), che si completano con
le calze di maglia, trattenute dalle giarrettiere. Nella seconda
metà del '500 si accentua a dismisura l’uso della
braghetta, una sacca che ricopre il pube e sporge dal farsetto,
vistosa e imbottita sia per motivi pratici, legati ai combattimenti
frequenti fra nobili, sia per motivi puramente narcisistici, ovvero
per esibire ed esaltare la virilità, vera o presunta!
Sul finire del ‘500 anche l’abito della dama subisce
cambiamenti: il corpetto diviene sempre più rigido e allungato
sulla gonna ampia, arricchita da pieghe e sostenuta da un’armatura,
che nella moda spagnola si definirà verdugade, ovvero
vertu-gardien= guardiano della virtù, mentre in Italia
si chiamerà faldiglia. Un esempio eloquente in mostra
è nel bel ritratto della regina Cristina di Svezia, realizzato
concretamente dalla Sartoria Farani sull'esemplare del dipinto!
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Abito di moda francese con lunghi
calzoni, fiocchi e nastri
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Abito austero in faille, mantello,
gorgiera e bottoni gioiello
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A questa forma a campana della gonna, ottenuta con un rinforzo
rigido realizzato in bambagia o con cerchi di arbusti simili ai
vimini, si deve ascrivere il primo esempio di quelle costrizioni
corporee che inibiranno la naturalezza del corpo femminile, e
si accentueranno nel corso del ‘600 per persistere, con
fogge e modalità diverse, fino agli inizi del ‘900,
ad eccezione dell’età napoleonica. Tuttavia è
proprio all’inizio del XVII secolo che le donne cominciano
a usare sotto le gonne dei calzoni, un indumento intimo portato
a pelle nuda, utile ma anche civettuolo, considerato immorale,
dunque molto osteggiato dai religiosi, tanto che una volta abolito,
diverrà una caratteristica esclusiva delle prostitute!
Le scarpe femminili, all’inizio del ‘400 semplici
pianelle abbinate al colore e alla stoffa degli abiti, tra '500
e '600 si modificano in un accessorio lussuoso, decorato con pietre
e ideato in forme inusuali e scomode, come dimostrano le scarpe
veneziane originali, munite di tacchi altissimi, conservate nei
Musei del costume antico.
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Panoramica della mostra: quadri
e abiti bellissimi
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Abiti sobri d'inizio Seicento,
con piccole gorgiere
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Altri accessori preziosi sono i bottoni e le cinture, quest'ultime
potevano essere forgiate anche da artisti famosi, come Benvenuto
Cellini: portate sia dagli uomini che dalle donne, costituiscono
una sorta di gioielli, perché realizzate in materiali d’
oro e d’argento, in cui venivano inseriti profumi ed essenze,
tanto che alcune normative sontuarie lombarde fanno chiaro diniego
al loro uso, come pure una bolla pontificia di Papa Sisto V del
1586. Ma si è alla soglia di un’epoca nuova; infatti
nei primi decenni del XVII secolo la moda è già
mutata per lasciare il posto ad abiti rigidi e sontuosi: è
lo stile barocco!.
Tornando all’interessante mostra di Villa d’Este,
attorno agli abiti realizzati dalla Sartoria Farani per il teatro
sono esposti, come accennato, molti bei ritratti di principi e
di nobili, provenienti da diverse collezioni pubbliche: Galleria
Estense e Museo Civico di Modena, Accademia Nazionale di San Luca,
Castello Odescalchi di Bracciano, Palazzo Chigi in Ariccia, Palazzo
Venezia, Palazzo Corsini, Palazzo Ducale di Mantova.
L’evento, realizzato dalla De Luca Editori d'Arte, è
promosso dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici
per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo; si
concluderà il 19 ottobre 2014.
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