Il ricamo nella storia del costume è un tema
molto interessante quanto antico, che anche nel termine rivela un’origine
lontanissima: ricamo deriva dall’arabo raqm e significa " segno"! Disegnare ad ago è dunque una pratica che ha origine
nel bacino del Mediterraneo e in Oriente e dal medioevo si diffonde
in tutta Europa. Per il ricamo si usano tutti i filati di origine vegetale o animale,
naturali o tinti, arricchiti da materiali preziosi, quali oro, argento,
perle, coralli, o conterie in vetro, paillettes metalliche, in plastica
o di gelatina. Analizzando la storia del costume attraverso le testimonianze lasciateci dalle arti figurative, soprattutto dai dipinti, si possono ricordare i ricchi ricami delle vesti bizantine,
immortalate nei mosaici ravennati o veneziani; gli abbigliamenti
principeschi delle età barbariche, oppure le fastose vesti
delle corti senesi del 1300, affrescate sulle pareti dei palazzi gotici.
A Torino oltre sessanta pezzi della collezione di Palazzo Madama
sono esposti al pubblico nella mostra "Lino, Lana, Seta, Oro": per circa 4 mesi si potrà ammirare
una scelta che spazia dai ricami sacri medievali fino agli abiti danzanti
degli anni Venti; sono rappresentati nell'esposizione i ricami in seta e oro, con
un prezioso san Cosma in or nué, i ricami in lino bianco
dei monasteri svizzero-tedeschi e quelli in lana colorata per i
tessuti da arredo, particolari della zona di Zurigo e Sciaffusa
nel Cinque-Seicento. Fiori e rocailles decorano con leggerezza i
tessuti e gli accessori di abbigliamento settecenteschi: pettorine
e borsette femminili, o i corpetti a trapunto, ma anche le marsine,
i gilet, i copricapo da uomo.
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Abito baiadera_Photo Graziano
Ferrari_Archivio Fondazione Gianfranco Ferré
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Borsetta da cucito
Francia, 1815-1825
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Una carrellata di più di 7 secoli di storia, dove la bellezza del ricamo rifulge in tutti i suoi aspetti, dai più quotidiani ai più raffinati, sempre frutto di un lavoro manuale paziente e sapiente. Il ricamo, infatti, fa parte della storia del lavoro di uomini e donne: alla
fine del XIII secolo a Parigi lavorano 200 mastri ricamatori,
al 50% uomini e 50% donne. Nei secoli successivi l’organizzazione
corporativa dei mestieri affida agli uomini la titolarità
delle botteghe, dove però continuano a lavorare persone
di entrambi i sessi. Oltre ai laboratori professionali, luoghi
di produzione organizzata di ricami, vi sono anche i monasteri
femminili, mentre dal XVI secolo il ricamo si diffonde come attività
domestica, intrattenimento di nobildonne ed esercizio pratico
ed educativo per le ragazze. Dopo l’invenzione della stampa
libri di modelli d'abbigliamento diffondono i disegni utilizzati per decorare
tovaglie, biancheria, camicie.
Palazzo Madama espone, inoltre, un oggetto assai raro: un quaderno
manoscritto risalente al 1538, di disegni per ricami ad inchiostro
e tempera, dedicato alla “mirabile matrona Marina Barbo”.
Assolutamente preziosa è anche la collezione di agorai,
in smalto, avorio, microintaglio ligneo, dal XVII al XIX secolo:
oggetti d’uso ma anche raffinatissimi compagni di lavoro di donne
agiate.
Ad illustrare l’antico uso di ‘imparar l’arte’
del ricamo, è presente in mostra una bella raccolta di
imparaticci, noti anche come ‘samplers’, i riquadri
di tela lavorati nei secoli dalle ragazzine per esercitarsi e
raccogliere modelli di punti per ricamo e rammendo. L’imparaticcio
più antico è firmato da Maria Teofine, che aveva
13 anni quando lo terminò nel 1617, ma gli stessi segni
– l’alfabeto, i numeri, la croce, la chiave, i piccoli
animali, i simboli della passione - si ritrovano nei lavori delle
ragazze di due, tre secoli dopo. Oggi è il ricamo di
Alta moda che più dimostra la vitalità e potenzialità
di quest’arte. I campioni di ricamo di Pino Grasso proposti
per le creazioni dei grandi stilisti italiani aprono la prospettiva
sul futuro di un alto artigianato che affonda saldamente le radici
nella propria storia.
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Pianeta ricamata su taffetas laminato
Italia centro-settentrionale, 1725-1750
Particolare
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Abito ricamato, 1925 ca
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La Fondazione Gianfranco Ferré ha concesso in prestito un
eccezionale abito dell’atelier di Grasso, disegnato da Ferré
nel 2002: una lunga tunica in georgette di seta ricoperta da una
miriade di cristalli Svarovsky e canottiglie. “Ho voluto
dare spazio alle straordinarie risorse di perizia e di pazienza
di un certo artigianato, grande e unico. Così, per esempio,
miriadi di cristalli sono ricamati con effetti “bajadère”
su tuniche assolutamente stupefacenti”(Gianfranco Ferré).
Il manufatto più antico esposto in questa bella mostra è un cappuccio di piviale della fine
del XIII – inizio XIV secolo; il più raffinato è la
tovaglia ricamata da Caterina Cantoni, tra 1590 e 1610, in cui il
ricamo è perfettamente rifinito su entrambi i lati del tessuto;
il più sorprendente e divertente un frammento di
stolone di piviale, opera spagnola del 1590-1600, con allegri teschi
infiocchettati, che ricorda il piviale raffigurato dal pittore El
Greco in “El entierro del conde de Orgaz”, un’opera
del 1586.
Il manufatto più complesso, invece, è un ricamo in
lana svizzero- tedesco del 1580 ca, che unisce la raffigurazione
della parabola delle Vergini sagge e delle vergini stolte alla raffigurazione
degli Evangelisti e delle stagioni (vedi immagine in basso).
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Particolari di un telo ricamato in lana, raffigurante la parabola delle Vergini sagge e delle vergini stolte.
Sciaffusa, 1580-1600
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