Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale -Anno III- Mag./ago. 2007, n.9-10
INTERFERENZE 

LETTERATURA CINEMA TEATRO


I fantasmi di Goya
di Sila Berruti







Goya dinanzi al famoso ritratto "La famiglia di Carlos IV" (1800; oggi al Prado, Madrid).

 


Il cinema è sempre stato affascinato dalle vite dei grandi artisti. Importanti registi hanno cercato di raccontare la vita di quei pittori che hanno fatto epoca, attratti da personalità così carismatiche da diventare leggendarie. Sono,infatti, moltissime le pellicole che tentano di ricostruire o reinterpretare le biografie di pittori celebri, sotto molti punti di vista e con fortune alterne.
Tuttavia, spesso il confronto con personaggi così carismatici si è rivelato non facile da gestire. Alcune volte il regista affida la buona riuscita della pellicola alla fama che circonda la personalità del pittore e non sempre il risultato si puo’ definire soddisfacente. Altre volte l’atmosfera storica nella quale il pittore lavora viene trascurata per dare spazio a meno interessanti particolari biografici.





Goya dinanzi all'opera " Il Colosso" (oggi al Prado)


  Milos Forman, autore tra l'altro di "Amadeus", prova con il suo “Goya's Ghosts” (da un suo testo, tradotto in italiano con il titolo “L'ultimo inquisitore”), a raccontare la vita di Francisco Goya e la storia della Spagna a cavallo tra 1700 e l'800, tra Inquisizione, rivoluzione e restaurazione. Una storia difficile, affascinante ed angosciante al tempo stesso, quella di una ragazza, Ines (Natalie Portman), musa ispiratrice del grande pittore, che viene ingiustamente accusata di giudaismo e condannata dopo la tortura. In un primo tempo la sua sorte viene affidata a padre Lorenzo (magistrale interpretazione dell'attore Javier Bardem), destinato a divenire lui stesso vittima del micidiale ingranaggio capace di coinvolgere anche gli innocenti.
Un periodo lungo e difficile che il pittore descrive attraverso i ritratti ufficiali della Famiglia reale di Carlos IV in qualità di pittore di Corte e negli schizzi realizzati per strada tra la gente comune, con uno spirito quasi da fotoreporter dei nostri giorni.
Il film propone un ritratto di un Goya inedito che sembra osservare e riprodurre il suo tempo con occhio estraniato. Quello che Forman immagina è infatti un personaggio moderno, catapultato in un tempo che non è il suo, un pittore che somiglia più ad un cronista che ad un artista. La ricostruzione storica, gli anni dell'ascesa di Napoleone e della successiva restaurazione, è attuata con precisione, ma la buona riuscita del film non è affidata al fascino che hanno, di solito, le pellicole in costume. "L'Ultimo inquisitore" è un'opera d'atmosfera soprattutto, che trasporta lo spettatore lontano nel tempo e nello spazio e lo fa non solo attraverso la precisione filologica, ma grazie ad una attenta ricostruzione "cromatica" ed artistica.
Non è semplicemente un film su Goya, o sulla Spagna di fine '700, ma un film che
 




Goya e lo scoprimento di un ritratto equestre
sembra girato "dentro" ad un quadro del famoso pittore: le inquadrature sono infatti il risultato di una sorta di collage che affianca quadri, stampe e personaggi noti ormai al grande pubblico. Il risultato è uno strano ibrido, che oscilla dal film di finzione al documentario, passando per il saggio di genere. Lo spettatore impara ad amare Goya più che a conoscerne i particolari biografici ed il film suggerisce, a mio parere, un approfondimento della sua geniale opera, anche grazie al buon inserimento della storia nell'epoca nella quale è stata ideata. Importante risultato quello ottenuto dal regista-sceneggiatore Forman, al di là delle critiche negative riportate dal film, che riesce ad ottenere, secondo me, un'interessante commistione tra linguaggio pittorico e linguaggio visivo-cinematografico.


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