L’accoglimento del cinema nel sistema delle arti è
stato un processo lento e non sempre pacifico. “Non si può
trasformare un film in un’ opera d’arte, aumentando
ed esaltando la sua qualità. Si possono riunire i migliori
attori del mondo, farli recitare nei più deliziosi paradisi
e arricchire il programma del film con i nomi dei più eminenti
poeti-ma da tutto ciò non nascerà mai l’arte:
U’n opera d’ arte risulterà solo in quanto nata
dalle possibilità e dalle esigenze dei materiali che la compongono.”
Questo scriveva Walter Ruttmann, pittore espressionista che nel
1918 sviluppa l’idea della “pittura in movimento”,
creata utilizzando tecniche cinematografiche, dipingendo ad olio
su superfici di vetro e fotografando poi ogni movimento dall’
alto illuminando dal basso.
La prima parte dei rapporti tra cinema e pittura avviene, infatti,
nel segno di una subordinazione della settima arte al mondo pittorico,
quando l’immagine cinematografica diventa grafica. Con le
Avanguardie storiche prende corpo il fenomeno dei film realizzati
da artisti, dove la macchina da presa è usata in funzione
di ricerche sperimentali.
Il presente articolo è il primo di una serie che intende
presentare esempi di film-documentari in cui alcuni artisti, a
volte diretti da grandi registi, dipingono di fronte alla macchina
da presa, proponendo la propria tecnica al servizio dello spettatore.
Questo processo, ben diverso dai film di finzione, mette in evidenza
le particolari problematiche di realizzazione di un’opera
d’arte e ne svela il concetto della durata della creazione,
che può divenire parte integrante dell’opera stessa,
una dimensione supplementare da non ignorare allo stadio conclusivo:
quando l’immagine filmata diventa l’unico testimone
di opere andate perdute, allora se ne intuisce la preziosità!
Senza cadere nel tranello di inoltrarsi sul terreno insidioso
nel quale si trattano le differenze fra immagine in movimento
e immagine fissa, si può semplicemente affermare che il
momento più intimo e creativo di un artista sia condensato
in ciò che si prova vedendo, ad esempio, in primissimo
piano le mani di uno scultore mentre carezza la creta o il gesto
espressivo di un pittore chino sul foglio mentre traccia linee
che fissano forme e immagini dalla grande forza espressiva. Sarà
quindi questo il punto di vista da cui osserveremo l’opera
e i lavori di alcuni artisti: quello dell’obiettivo di una
macchina da presa.
FRIDA vs DIEGO
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fotogramma tratto dal film/documentario" A Portrait of Diego: The Revolutionary Gaze (Un retrato de Diego)" regia di Gabriel Figueroa Flores and Diego Lopez, dur 79', Messico 2007
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Frida Kahlo è in mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma,
dove un’ampia raccolta di opere della pittrice messicana è
aperta al pubblico fino al 31 agosto 2014; proprio qui, nella seconda
parte della mostra, si possono ammirare spezzoni di film-documentari
a lei dedicati: due grandi schermi si fronteggiano e delle comode
sedute ne permettono la visione ai visitatori. Nella maggior parte
di questi filmati, girati da Nicolas Muray (fotografo statunitense),
non è presente l’audio, sono quasi tutti in bianco
e nero (solo una piccola parte è a colori); l’artista
appare serena e a proprio agio con l’obiettivo della macchina
da presa; i video ci restituiscono viaggi in treno, incontri con
artisti, gite in campagna e i momenti nella Casa Azul, luogo d’arte
e di vita di Frida.
Rari sono, invece, i momenti in cui abbiamo la fortuna di ammirare
Frida mentre dipinge, probabilmente perchè non se ne sentiva
la necessità: la vita e l’opera di Frida Kahlo sono
legate l’una all’altra; lo si vede nelle foto: “subito
colpisce , insieme alla grazia e all’eleganza, la sua bellezza,
ma soprattutto quel suo modo serio, mai grave, non malinconico ,
di risiedere in se’. Nessuna partecipante espressività.
Quanto invece una tendenza a contenere i margini, chiudere stringere,
possedere e possedersi, che è ancora piu chiara quando accanto
c’è Rivera. Quanto più lui straripa, tanto più
lei è forma certa, forma condensata. Frida sembra aver dipinto
solo autoritratti, ma non sono autoritratti, il suo viso vi compare
come un' immagine data una volta per tutte. Usando la forma dell’auto
ritratto in realtà si libera dell’autobiografia. “(Patrizia
Cavalli in: Doppio ritratto, Ed. Nottetempo, collana Gransassi 2008,
Curatore Secci M. C.)
Scrive di se stessa Frida nel 1939: “Dato che i miei soggetti
sono sempre stati le mie sensazioni, i miei stati d’animo
e le reazioni profonde che a mano a mano la vita suscitava in
me, ho spesso oggettivato tutto questo in autoritratti, che erano
quanto di più sincero e reale potessi fare per esprimere
i miei sentimenti e le mie sensazioni”.
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fotogrammi tratti da: Chez Frida Kahlo, film documento di Xavier D'Arthuis e Xavier Villetard dedicato alla grande pittrice messicana. Girato nel 2011, il film ruota attorno alla Casa Blu, l'abitazione di Frida Kahlo, che è stata il teatro dell'intera vita della pittrice
Le immagini di repertorio che ritraggono Frida sono state girate da Nicolas Muray negli anni '30
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Per quanto riguarda invece il suo compagno di vita, Diego Rivera,
il discorso cambia. Numerose le testimonianze filmate che lo ritraggono
all’opera sui suoi immensi murales; in uno di questi preziosi
documentari, girato in pellicola 35 m/m dal titolo: 'A portrait
of Diego: the revolutionary gaze' di Gabriel Figueroa Flores and
Diego Lopez Rivera, possiamo ammirare la realizzazione, per il Rockfeller
Center di New York (1933), di “Men at the crossroads”,
murales che nonostante la protesta popolare, viene coperto ancora
incompiuto con carta catramata e pannelli e successivamente staccato
e distrutto.
Di questa immensa opera incompiuta rimane traccia ormai solo sulla
pellicola!
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fotogrammi tratti dal film/documentario" A Portrait of Diego: The Revolutionary Gaze (Un retrato de Diego)" regia di Gabriel Figueroa Flores and Diego Lopez, dur 79', Messico 2007.
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Documenti filmici in bianco e nero che ci restituiscono anche una
Frida sotto una luce diversa: spesso, mentre Diego dipingeva, Frida,
che lo aveva seguito a NY, vestiti i panni della “brava mogliettina”
(atteggiamento che aveva anche la prima moglie di Rivera), entra
nell’inquadratura con cestini colmi di cibo e si ferma spesso
ad ammirare e a criticare l’opera del marito. Il documentario
della durata di 79’ è completato solo nel 2007, a cinquant’anni
dall’inizio della lavorazione, grazie all'aiuto del nipote
dell'artista; interrotto nel 1957 con la morte di Rivera, include
i suoi lavori più famosi e racconti di esperti d'arte e membri
della famiglia. Ritrovati i materiali dell’epoca, inediti
e mai montati, il figlio di Figueroa e il nipote di Rivera hanno
dato alla luce questo film, che diviene una sorta di manifesto dell’arte
muralista e di un’epoca cruciale per la storia politica e
sociale del Messico. Nella paradossale presa diretta che si crea,
passato e presente, memoria personale e storia ufficiale si uniscono.
Il film diviene un’esperienza temporale unica sia per i registi,
sia per il pubblico, che può addentrarsi in un periodo storico
chiave tramite le voci e gli occhi degli stessi protagonisti. Il
film, inoltre, è una lezione per gli artisti di oggi su come
si possa lavorare insieme e far sì che la propria arte superi
se stessa e diventi una sorta di visione del futuro.
Dopo la mostra presso le Scuderie del Quirinale di Roma, che
ha inserito l’opera di Frida Kahlo nel contesto della avanguardie
internazionali del suo tempo, a partire dal 20 settembre
sarà possibile visitare l’esposizione di Palazzo
Ducale, organizzata da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la
Cultura, dove il rapporto di questa coppia di artisti viene messa
a confronto: l'opera di Frida sembrerebbe essere incompleta senza
la spalla che Diego Rivera offre alla sua fragilità. La
mostra di Genova è curata dall’autrice del catalogo
ragionato, Helga Prignitz-Poda, con la collaborazione di Christina
Kahlo (nipote di Frida) e Juan Coronel Rivera (nipote di Diego).
Dalle brochure sembrerebbe mancare, all’interno del progetto
espositivo, una parte dedicata ai documenti filmati dedicati a
Diego Rivera, nonostante la grande quantità e qualità
del materiale esistente. Si è sempre discusso riguardo
alla differenza di fama di questi due grandi artisti e amanti;
probabilmente Diego riuscì a dare espressione visiva ai
problemi del suo Paese rimanendone nella memoria collettiva, ma
Frida ha sempre parlato ai sentimenti universali dell’uomo:
il risultato è che lei rimane un’icona oggi come
allora, non solo in Messico, ma in tutto il mondo. Per quanto
riguarda i filmati a noi arrivati, purtroppo, Frida perde la sfida.
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fotogrammi tratti da: Chez Frida Kahlo, di Xavier
D'Arthuis e Xavier Villetard. Le immagini di repertorio che ritraggono
Frida sono state girate da Nicolas Muray negli anni trenta.
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“La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce. Eppure
vorrebbe chiamarti e
trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo
che
massacra. Il mio corpo non può comprendere. Ha bisogno di te
quanto me, può
darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt'uno. Il mio
corpo ha
bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita.[..].”
Nota Bene. Una nostra approfondita ricerca su eventuali proprietari
del materiale di repertorio (datato 1931-32-33) ha dato, ad oggi,
esito negativo. Ci siamo pertanto attenuti alla legge 22 aprile
1941 n. 633 e successivamente alla modifica il 22 maggio 2004 n.
128, secondo la quale l‘opera è da considerarsi di
pubblico dominio, per un uso strettamente didattico e senza fini
commerciali.
Alessandra Berruti, laureata in Conservazione dei Beni Culturali,
collabora, grazie alla Società Cooperativa Biblionova, al
progetto BAV nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
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