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Perché Van Gogh firmava le sue tele soltanto con il nome?
Quanto faticò prima di ritenersi soddisfatto dei suoi disegni?
Le ultime opere dell’artista in quanto tempo vennero realizzate?
Perché rifiutò di integrarsi in una società
che, così come lo distrusse, avrebbe potuto dargli la gloria
artistica che meritava? Quanto profondo era il rapporto con il fratello
Theo? Quanto della vita di Vincent Van Gogh crediamo di conoscere
e quanto invece è solo il frutto del preconcetto “dell’artista
folle” studiato sui libri?
A queste e a molte altre domande
risponde il film documentario “Vincent Van Gogh -Un nuovo
modo di vedere”, diretto da David Bickerstaff, il quale ha
dichiarato: «Vincent van Gogh è diventato un artista
all'età di 27 anni e ha prodotto opere solo per 10 anni,
prima di spegnersi nel 1890. Ciò di cui molte persone non
si rendono conto è che per i primi cinque anni ha realizzato
solo disegni e acquerelli - non quadri. Ha quindi prodotto oltre
450 opere negli ultimi cinque anni della sua vita. E’ una
cosa incredibile quando si pensa che molte di esse sono dei veri
capolavori. Immaginate cosa avrebbe potuto realizzare se non si
fosse suicidato? Questo film dimostra che Vincent non era un pazzo
o un genio solitario: era un uomo di pensiero profondo, desideroso
di comprendere l'essenza del fare arte. Attraverso le sue lettere
si capisce che aveva fame di interagire con il mondo, in particolare
con la natura e con le persone comuni, quelle della vita di tutti
i giorni».
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Il film è stato oggetto di un evento
cinematografico unico: è stato, infatti, proiettato in contemporanea
mondiale in oltre 1000 sale cinematografiche in Europa, Stati Uniti,
Canada, Africa, Asia, Australia, Nuova Zelanda e America Latina,
in occasione del 125° anno dalla morte dell'artista olandese;
nelle sale italiane è stato proiettato solo il
martedì 14 aprile 2015 e chi scrive ha avuto la fortuna di vederlo! Interamente girato in lingua originale (inglese)
ma sottotitolato, trasporta il pubblico in un percorso totalmente
nuovo, grazie alla voce narrante dell’artista che legge le
lettere indirizzate al fratello, cui scriveva ogni giorno, lettere che
dopo la sua morte sono state raccolte dalla moglie di Theo e pubblicate
per la prima volta nel 1913. I curatori, i dirigenti del Museo di
Amsterdam, un discendente e infine una restauratrice spiegano e
poi ricollocano nel tempo della loro realizzazione le opere più
importanti o più significative per la vita di Vincent, evitando
qualsiasi didatticismo scolastico. La sua fisicità, invece,
è offerta dall'attore Jamie de Courcey, la cui somiglianza
con il pittore è straordinaria, senza però mai parlare
nè invadere il campo e, soprattutto, senza mai trasformare
l'operazione in una docu-fiction, libera, invece, da sovrastrutture
banali, già ascoltate o semi-leggendarie. |
L’intero film, per la cui
realizzazione le ricerche sono durate più di due anni, guida
lo spettatore tra le gallerie e i magazzini della struttura museale
di Amsterdam, solitamente preclusi ai visitatori. Il Museo della
città olandese (nato nel 1973) ospita il lascito della famiglia
dell’artista: un inestimabile tesoro che comprende più
di duecento quadri e un corposo repertorio di lettere e di disegni.
I curatori hanno voluto dare un nuovo ordine a una raccolta che
parte dal primo acquerello del paesaggio della regione mineraria
del Borinage (ben conosciuta dall'artista che vi aveva lavorato) e arriva fino alla tela che Vincent dipinse
appena prima di suicidarsi.
La decisione più significativa
dei responsabili della collezione, messa in evidenza nel film, è
stata quella di rompere il vincolo del percorso cronologico e di
mettere nella stessa sala (la prima) i dodici meravigliosi autoritratti
che il pittore fece in momenti diversi della sua breve ma prolifica
esistenza. Attraverso le lettere indirizzate al fratello, che accompagnano
il visitatore durante tutta la proiezione, emerge l’animo
eternamente insoddisfatto, incompleto, travagliato, sofferente e
fin troppo sensibile del genio olandese, mettendo in evidenza la
forza della ricerca artistica che lo ha spinto ad approfondire le immagini che
la realtà imprimeva nella sua mente.
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L'attore Jamie de Courcey nel ruolo di Van Gogh
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Per la realizzazione del film sono stati ricercati
tutti i luoghi dove il pittore ha vissuto, i campi, le case, gli
alberi, finanche i cieli; grazie a questo lavoro meticoloso di ricostruzione,
i paesaggi dipinti da Van Gogh diventano reali, autentici , coinvolgenti, spingendo
lo spettatore a visitarli personalmente.
Quasi certamene il film si proponeva di raggiungere proprio questo scopo:
suscitare il desiderio di conoscere in maniera veritiera
la vita di un artista fin troppo "conosciuto", fin troppo studiato
in maniera superficiale, grazie all’aggiunta di un elemento
fondamentale: una preziosa contestualizzazione storico-culturale
che ha permesso di liberare l'arte di Vincent dagli stereotipi cristallizzati
da molto tempo attorno alla sua personalità.
Un’esperienza unica, irripetibile
per chi se la fosse persa; probabilmente ci sarà il dvd da
acquistare, ma prossimamente (il 26 maggio 2015), sempre e solo
per un giorno, in anteprima mondiale, uscirà della stessa
serie “ GLI IMPRESSIONISTI”, che racconterà la
straordinaria storia dell’Impressionismo francese attraverso gli occhi
del visionario personaggio che sostenne il movimento artistico e
che più di ogni altro rivoluzionò la storia dell’arte:
l’inventore del moderno mercato internazionale dell’arte,
Paul Durand-Ruel. Di quest’ultimo così disse Claude
Monet: “Senza di lui non saremmo sopravvissuti” ! |
Alessandra Berruti, laureata in Conservazione dei Beni Culturali,
collabora, grazie alla Società Cooperativa Biblionova, al
progetto BAV nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
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