
I Dioscuri del Quirinale, copie romane con le iscrizioni che attribuiscono gli originali rispettivamente a Fidia e a Prassitele il Vecchio
Chi visita le mostre allestite presso le Scuderie del Quirinale, in Roma, ha modo di osservare dai cristalli del vano d'uscita le rovine che degradano dal Colle: quanto resta del tempio di Ercole e Bacco voluto intorno al 198 d. C. da Settimio Severo, come auspicio del futuro dominio di Caracalla e Geta. Nell'ideologia dinastica erano stati eseguiti i Dioscuri, che oggi fronteggiano la sede del Presidente della Repubblica. Trasferiti nelle adiacenti terme di Costantino al tempo della nuova costruzione, servirono dal medioevo di riferimento topografico e simbolico per descrizioni, visioni e piante della città: insieme alle colonne istoriate e ai fregi trionfali degli archi, sono tra gli stupefacenti complessi figurati rimasti dall'antichità fuori terra.
La fortuna moderna dei colossi ammirati dagli artisti, e le fantasiose interpretazioni proposte per i due personaggi, sono state oggetto di studi e divulgazione: ma cosa conosciamo del monumento riguardo la storia dell'arte antica?
Le iscrizioni latine che segnalano le statue, quella a sinistra “opera di Fidia”, l'altra di un Prassitele, sono trascrizioni del Cinquecento da quelle di epoca imperiale: il loro valore viene correntemente disatteso per l'impossibilità di conciliare l'attività di Fidia (490-420 a. C.) con quella del Prassitele esponente del bello stile (390-326). Accostando al gruppo alcuni sarcofagi di età severiana dove i Castores appaiono nella medesima posa, gli archeologi assegnano a tale periodo non solo l'esecuzione dei marmi – il che è giusto per la tecnica – bensì l'invenzione.
Alla fine dell'Ottocento, l'archeologia filologica aveva invece accertato nell'Atene di Fidia l'esistenza di un Prassitele padre di Cefisodoto il Vecchio, quindi nonno del famoso omonimo, genitore a sua volta di Cefisodoto il Giovane e Timarco. L'alta datazione dei prototipi bronzei, rispetto alle copie marmoree, veniva confermata dall'analisi formale che portava allo stile severo (circa 470 a. C.): quante conquiste vengono oggi abbandonate nel nichilismo decostruttivista!
Aggiungiamo che il catalogo dei bronzi di Fidia trasmesso da Plinio esalta un “nudo colossale”, e nella decorazione del Partenone lo schema di entrambi i Dioscuri si rinnova per numerose figure delle metope, del fregio e del frontone occidentale. Nella discendenza del collaboratore, Cefisodoto il Vecchio adotta il disegno per l'Efesto nella nascita di Atena: e ancora il grande Prassitele riprende l'impostazione dei figli di Leda per l'Eracle combattente in un frontone del tempio dell'Alcide a Tebe, e per il Marsia a rilievo sulla base di Mantinea.
Paolo Moreno - cattedra di Archeologia e storia dell'arte greca e romana - Dipartimento di Studi storico - artistici archeologici e sulla conservazione. Università di Roma Tre
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Efesto, part. della nascita di Atena: copia romana dal fregio di Cefisodoto il Vecchio per l'altare di Zeus e Atena al Pireo. Madrid, Museo Arqueologico. Calco
Atena e Poseidone contendono per il possesso dell'Attica, frontone occidentale del Partenone. Disegno di Jacques Carrey, 1674. Parigi, Musée du Louvre
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