Andare a Roma per un laico pellegrinaggio al Quirinale, ritrovare il volto smarrito del nostro paese, opere meravigliose che l'Italia meridionale aveva creato e custodito intatte nella terra per duemila anni, fino allo scempio e alla dissipazione che ne hanno fatto i ladri. Tornate in patria a coronamento dell'attività dei Carabinieri e della Magistratura, grazie all'iniziativa diplomatica del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Capolavori irripetibili della ceramica erano stati frantumati dai clandestini per venderli con maggior resa, pezzo a pezzo: li vediamo restaurati accanto alle cose risparmiate dal delirio malavitoso, sessantasette monumenti usciti illegalmente dall'Italia. All'inizio dell'esposizione una kore, statua votiva di una fanciulla sottratta alla Grecia, che sta a dimostrare la solidarietà del governo ellenico nella politica del recupero: Nostoi, “ritorni”, è il titolo omerico dell'evento. Innumerevoli le antiche importazioni di vasi attici, sia nelle fondazioni occidentali, sia in Etruria, dall'arcaico alla classicità: tecnica a figure nere, poi rosse fino all'autonoma produzione in Apulia, Lucania, Campania e Sicilia, con l'esuberante sviluppo delle dimensioni, del colore e della funzione celebrativa, pretesa non tanto dai coloni della costa, quanto dai popoli dell'entroterra. Tocchiamo lo stupore davanti agli enormi crateri innalzati al tornio con perizia ineguagliabile, istoriati con un senso sontuoso della decorazione che sfida il barocco di Pietro da Cortona nella Galleria del Palazzo presidenziale.
Eravamo informati della restituzione all'Italia del vaso col ratto di Europa, firmato a Paestum da Assteas , iniziatore di quella scuola.
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Europa sul toro attraversa il mare: faccia principale di un cratere, circa 335 a. C., opera di Assteas, iniziatore della produzione ceramica di Paestum. Dalla necropoli di Saticula, attuale Sant’Agata dei Goti. Già Malibu, Getty Museum. Montesarchio, Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino (cortesia Prof. Louis Godart, foto Giovanni Ricci Novara, Parigi)
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La primavera scorsa era al Quirinale con i Capolavori dell'arte europea, per il significativo soggetto. Il mito è di remota formazione in area fenicia e greca. Europa è figlia di Fenice, re di Tiro, e sorella di Cadmo, che introduce la scrittura a Tebe; nella poesia ellenistica, coglieva fiori con le compagne quando Zeus la vide e si trasformò nel toro: “la sua apparizione non spaventò le vergini, ma a tutte venne desiderio di avvicinarsi e carezzare l'amabile toro, il cui ambrosio profumo fin da lontano superava la lieve fragranza del prato” (Mosco, Europa , 89-92). Il pittore popola il mare di una fauna variata. Il prodigio del toro che nuota con la principessa in groppa, suscita sorpresa nella Scilla e nel Tritone. L'allegoria di Pothos , “desiderio struggente”, accompagna in volo l'eroina. Sopra è il preludio del mistico amore. Zeus parla alla personificazione di Creta che lo precede, e ospiterà gli amanti con l'ausilio di Ermete: il quale guarda al piccolo Eros che gli viene incontro, liberato in volo da Afrodite e Adone. L'arcano accostamento, non pervenuto nella tradizione letteraria, accentua il carattere orientale della leggenda: Adone è figlio incestuoso di Mirra, principessa siriaca trasformata nell'albero omonimo. Nelle lingue semitiche Adone suona “signore”. |

Europa sul toro (particolare)
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l'allegoria di Pothos, "desiderio struggente" (particolare)
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Presidenza della Repubblica Italiana, Ministero per i Beni e le Attività culturali, "Nostoi, Capolavori ritrovati", Roma, Palazzo del Quirinale, Galleria di Alessandro VII , 21 dicembre 2007 - 2 marzo 2008 , catalogo a cura di Louis Godart, Roma 2007 (edizione Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica)
Paolo Moreno, cattedra di Archeologia e storia dell'arte greca e romana, Dipartimento di Studi storico artistici archeologici e sulla conservazione, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università Roma Tre (www.paolomoreno.it)
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