Impreviste congiunture hanno portato alla ribalta due figure di donna, tra le più intriganti che l'antichità ci abbia lasciato, accomunate dalla nudità, dalla posa e dal gesto: entrambe le sculture godono di una convenzionale denominazione mitica, benché caratterizzate dal richiamo domestico degli oggetti che le affiancano. La Venere di Cirene, lavorata negli anni tra Adriano e Antonino Pio, è stata riconsegnata lo scorso agosto alla Libia, dopo una secolare permanenza presso il Museo Nazionale Romano. La Venere dell'Esquilino, eseguita nella prima età imperiale, è da poco tornata al Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, dopo aver trionfato al Padiglione Italia (1.186.000 visitatori) presso l'Esposizione Internazionale di Saragozza. Sono copie di preziosa fattura da originali nati per onorare in aspetto divino due sovrane della dinastia che seguì in Egitto al dominio di Alessandro. La statua di Cirene era stata rinvenuta il 1913, poco dopo la conquista italiana, entro le terme fondate da Traiano nell’antica colonia ellenica. Con significative differenze, l’allegoria era ispirata all’Afrodite anadyoméne, “sorgente dal mare”, che abbiamo da alcune repliche. Nell’invenzione del bronzista Cleone di Sicione, verso il 340 a. C., la dea sortiva dalle onde con la chioma ruscellante sul dorso e spartita sul davanti tra le mani intente a strizzarla. Nel nostro caso le spalle sono libere: da esemplari di plastica minore (manca la testa al cimelio cirenaico) sappiamo che i capelli si presentavano asciutti appena liberati dal nodo che li aveva trattenuti durante il lavacro del corpo. |
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Statua di regina tolemaica quale Afrodite, detta Venere di Cirene, marmo di Paro, copia romana, 130 d.C.circa. Dalle terme fondate da Traiano e restaurate dai successori. Cirene, museo, già Roma, Museo Nazionale Romano, Planetario (foto Hirmer, Monaco).
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Il Delfino accanto alla donna rimanda all’origine marina di Afrodite (come nelle versioni marmoree dell’anadyoméne), bensì è modellato a guisa di colonnetta sotto l’asciugatoio di cui la protagonista si è servita: Cleopatra III aveva trascorso un esilio a Cipro (131-129 a. C.) con il re Tolemeo VIII, ricevendo dalla sacralità di Pafo l’aura di Afrodite nascente. L’ultima che conosciamo tra le regali bagnanti dei Tolemei, è proprio la dama |
Allestimento del Pabellón Italia, Expo Zaragoza 2008: statua di Cleopatra VII quale Iside Afrodite in atto di sciogliere dopo il lavacro il provvisorio viluppo della chioma. Marmo di Paro, copia del tempo di Claudio dall’originale attribuito a Stefano (47-44 a. C.). Dall’Esquilino. Roma, Palazzo dei Conservatori (Foto Paolo Moreno).
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dei Musei Capitolini, voluta dall’Ambasciatore Claudio Moreno, Commissario per l’Expo 2008, a coronamento dell’impegno del Ministero degli Affari Esteri sul multiforme tema dell’acqua che animava la manifestazione.
Ritta su un liquido specchio, la figura ha trovato giustificazione al capo reclino e al quotidiano corredo: la cassetta dei cosmetici, un vaso egizio e il telo posato in disordine dopo l'asciugatura, certamente compiuta visto che la donna ha calzato i sandali. Da più di mezzo secolo si raccolgono argomenti e confronti con i ritratti di Cleopatra VII a dimostrazione dell'identità con la regina amata da Cesare e da lui dedicata in effigie “bella” e “aurea” presso il simulacro stesso di Venere nel tempio che dominava il nuovo Foro dell'Urbe.
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La veduta posteriore della Venere di Cirene differisce dall’anadyoméne per l’assenza delle ciocche lungo il dorso. Cirene, Museo,
già Roma, Museo Nazionale Romano, Planetario (Foto Barbara Malter, Roma) |
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Statua di Afrodite anadyoméne , “uscente dal mare”, marmo di Paro, copia romana, dall'originale attribuito a Cleone di Sicione, 340 a. C. circa. Roma, Museo Nazionale Romano, Planetario (Foto Barbara Malter, Roma) |
Paolo Moreno, Dipartimento di Studi storico artistici archeologici e sulla conservazione, Università Roma Tre, Piazza della Repubblica 10, 00185 Roma
www.paolomoreno.com
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