Tra i messaggi dell’arte classica che hanno alimentato il Rinascimento è il prezioso “Idolino” rinvenuto a Pesaro l’ottobre 1530, nei pressi del Palazzo Ducale, dove sorgeva la domus degli Aufidi. La colonia romana di Pisaurum era stata incrementata da Ottaviano e da Marco Antonio nel 41 a. C. (per assegnare terre ai veterani in sèguito alla vittoria di Filippi in Macedonia sugli uccisori di Cesare), e dallo stesso Ottaviano dopo un terremoto del 31: il nudo ivi rinvenuto partecipava dell’alta cultura figurativa e letteraria presso la corte del futuro Augusto nell’Urbe.
Fu presto restaurato da parenti di Girolamo Genga che innalzava in prossimità di Pesaro la Villa Imperiale, dove il bronzo ebbe una ricca base da Aurelio e Ludovico Lombardo, detti Solari (1535-1537). Alla decorazione pittorica dell'edificio partecipava il Bronzino, incantato dalla bellezza del giovinetto, tanto da lasciarne eco nell'affresco in San Lorenzo di Firenze col martirio del santo (1569). Perché la lettura dell'Idolino, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, non si confonda nella genericità del classicismo romano, basta raccogliere i punti di forza dalle innumerevoli edizioni dei diversi esponenti della serie. Al primo posto sta l'intuizione di Luigi Beschi che nel 1998 ha riconosciuto a Firenze presso il Museo Nazionale del Bargello il tralcio di vite in bronzo che gli scopritori avevano descritto come attributo della statua di Pesaro. L'insieme si equipara per la funzione alle altre versioni della stessa figura, destinate a reggere lucerne nei triclini: una da Volubilis in Mauretania, |
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fig. 1
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l'altra da Pompei, in quella che viene detta appunto Casa dell'Efebo; nei due esemplari, il ginocchio della gamba libera è flesso, portando il piede indietro col tallone staccato da terra. Recenti procedure di analisi hanno mostrato che anche l'Idolino aveva tale impianto, mentre il completo appoggio della pianta del piede sinistro che vediamo allo stato presente, dipende dal restauro cinquecentesco. L'intera tradizione iconografica – all'origine un giovane atleta in atto di porgere la libazione in riconoscenza della vittoria - risulta pertanto coerente all'innovazione introdotta da Policleto col Doriforo (440), quando la gamba destra sostiene il peso e la sinistra tocca il suolo con la sola parte anteriore del piede. A sua volta il dato della ponderazione s'innesta col carattere della capigliatura, nella restituzione del convincente archetipo dell'Idolino.
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fig. 2
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fig. 3
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fig. 5
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Se gli efebi al Museo di Rabat e all'Archeologico di Napoli sono ulteriormente aggiornati nella morbidezza dell'incarnato e nelle chiome ombrose, l'asciutto ragazzo, che aveva raggiunto Firenze nel 1630, trova rigorosa rispondenza nella calotta graffita di una testa in basanite al Vaticano. Lo scisto verde, esclusivo della cava di Uadi Hammamat nel deserto orientale d'Egitto, lavorato faticosamente con abrasivi, era prediletto dalla commitenza imperiale, per la possibilità che offriva di perpetuare in uno splendore inalterabile le creazioni più celebri ( opera nobilia) dei Greci: il frammento del Museo Gregoriano Profano è avvalorato dal passaggio nella collezione di Johann Joachim Winckelmann in Roma (1755-1768). La mirabile finitura delle ciocche simula l'effetto del bulino e del cesello di Policleto, quale appare nel busto in bronzo rinvenuto nella Villa dei Papiri, tratto dal Doriforo con l'ausilio di calchi: il prototipo dell'Idolino si afferma nell'evoluzione finale del maestro, vicino al Diadumeno (420).
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didascalie delle figure:
fig.1- Giovane atleta offerente, cosiddetto Idolino, da originale di Policleto, circa 420 a. C., versione d’arredo, bronzo, età di Augusto, da Pesaro: base attribuita ad Aurelio e Ludovico Lombardo, 1535-1537. Firenze, Museo Archeologico Nazionale (foto Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana)
fig.2-Testa del tipo Idolino, copia in basanite, età di Augusto, già Roma collezione Winckelmann. Città del Vaticano, Museo Gregoriano Profano (foto Musei Vaticani, Archivio Fotografico)
fig.3-Esperimento di collimazione tra il calco del frammento di testa al Museo Gregoriano Profano e quello di parte dell’Idolino al Museo Archeologico di Firenze. Musei Vaticani, Laboratorio di Restauro (foto Musei Vaticani, Archivio Fotografico)
fig.4-Testa del tipo Idolino. Città del Vaticano, Museo Gregoriano Profano (foto Musei Vaticani, Archivio Fotografico)
fig.5-Testa del Doriforo, dall’originale di Policleto, circa 440, erma in bronzo, firmata dall’ateniese Apollonio figlio di Archia, età di Augusto, da Ercolano, Villa dei Papiri. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (foto Luigi Spina, Napoli)
fig.6-Cosiddetto Idolino. Firenze, Museo Archeologico Nazionale (foto Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana)
fig.7-Efebo portatore di lucerne, tipo Idolino, versione d’arredo, bronzo, età di Augusto, da Volubilis, Mauretania. Rabat, Museo (foto Museo)
fig.8-Efebo portatore di lucerne, dal tipo Idolino, versione d'arredo, bronzo, età di Augusto, da Pompei, Casa dell'Efebo. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (foto Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Provincie di Napoli e Caserta)
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Sulla vicenda del bronzo da Pesaro: Mario Iozzo, Idolino, in La forza del Bello, mostra a cura di Salvatore Settis e Maria Luisa Catoni, Mantova, Palazzo Te, 2008. Catalogo a cura di M. L. Catoni, Milano (Skira) 2008, p. 347-348, n. 89.
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