A Roma, nella sede del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano,
si sta svolgendo fino al 26 febbraio 2012 la mostra fotografica
“Luci cinesi 1981/2011. Reportage di Enrico Rondoni”,
curata e realizzata dal giornalista Enrico Rondoni, sapientemente
allestita dall’architetto Donata Tchou, che rientra nel programma
delle iniziative della Biennale Internazionale di Culture "Vie
della Seta".
“Tornare in Cina dopo 30 anni, trovare un altro mondo rispetto
a quello visto negli anni ‘80, arrivare a Shanghai e trovarla
trasformata, questa è stata la molla che ha suscitato di
nuovo in me la voglia di fotografare”, spiega il giornalista.
“Luci cinesi ” è infatti un reportage che, attraverso
più di 100 fotografie in bianco e nero e a colori, mostra
lo sviluppo e i mutamenti della complessa e contraddittoria realtà
cinese dal 1981 al 2011, giocando sul contrasto tra luci ed ombre
di un Paese che nell’arco di 30 anni ha subito trasformazioni
rapidissime e a tratti sconvolgenti. Sono luci quelle che scorgiamo
negli sguardi degli uomini, delle donne e dei bambini fotografati,
bagliori negli occhi colti in un attimo forse apparentemente insignificante
di queste vite, ma che possono essere letti come libri privi di
parole, osservati come si fa con un’opera d’arte.
|
E. Rondoni: Tibet, Shigatse, 2011
|
|
E. Rondoni: Scuola. Bambino in una scuola di una
comune contadina che costruisce un Lego. 1981
|
E’ attraverso questi visi che percepiamo le ombre, le sofferenze,
i sogni celati e le speranze velate, ma talvolta ancora vive, di
ognuno di questi individui, sogni e speranze che si trasformano
di epoca in epoca, camminando a fianco del cambiamento globale di
un immenso paese come la Cina, cambiamento saldamente legato a quello
del singolo con cui esso è unito da un rapporto di interdipendenza.
Addentrandoci nel percorso della mostra, ecco che, tramite la forza
della fotografia, il nostro sguardo incontra in un angolo di Roma
quelle che sono due delle realtà del Paese di Mezzo: quella
degli anni ’80 e quella dell’epoca attuale. La nostra
attenzione viene attirata da immagini di visi vivi, veri e comuni,
volti dal sapore antico, assieme a foto di città appartenenti
ad un’illusione passata o a un sogno di modernità,
diventato ora reale. Fotografie che possono essere lette come poesie
e in cui la realtà, bloccata in un tempo e in uno spazio
specifico e definito, può riflettersi come in uno specchio
e indurre ad una riflessione profonda l’osservatore occidentale
come quello cinese. |
Yangzhou: pensionato in una comune del popolo, 1981
|
Scuola elementare, comune contadina, 1981
|
L’angoscia che troviamo nelle espressioni dei cinesi fotografati
nel 2011 è testimonianza di un grande mutamento, nonché
di un avvicinamento forse innaturale ai modi di vita occidentali.
Alcuni sono vestiti in giacca e cravatta e come pedine corrono per
le strade asfaltate di un mondo frenetico, alla ricerca del successo
e del benessere, mentre i loro occhi hanno perso l’energia
e la luminosità di quelli dei loro connazionali della generazione
passata. Questi ultimi, talvolta fotografati all’interno delle
comuni agricole, segnati dalla fatica e dalla sofferenza, erano
probabilmente in possesso di quella serenità e di quella
modestia che non esistono forse più nell’animo dei
cinesi di oggi. Anche questo è il prezzo da pagare al progresso:
un baratto tra la luce forte che albergava nei volti di allora e
che traspare chiaramente dalle foto di Rondoni e il benessere economico,
la corsa verso quest’ultimo e la voglia di arrivare ad un
obiettivo che è spesso difficile da raggiungere, perché
si fa sempre più elevato e rischioso.
|
Sovrapposizione: Pechino, 1981; dietro: grattacieli
oggi, 2011
|
|
La luce è la chiave di lettura di questi scatti, la luce
che ci permette di vedere e di dare forma ad un’ombra, che
ci apre alla consapevolezza dell’esistenza di qualcosa di
oscuro e invisibile che regge ogni cambiamento. Da questa luce sono
plasmate le immagini fotografate, testimonianza tangibile del dispiegarsi
di un mutamento in atto, foriero di aspetti positivi e negativi.
Rondoni ama fotografare la gente nei momenti di via quotidiana,
perché in essa è scritta la vera storia non solo di
ogni singolo individuo, ma di un paese intero. E insieme ad essa
egli immortala con il suo obiettivo i volti delle città e
dei luoghi che portano in sé la storia di un Paese quasi
costretto dalla storia ad un'inarrestabile trasformazione.
Le foto degli anni ’80 di un bambino in una scuola di una
comune contadina, che fa una costruzione con un Lego in legno è
quella prediletta dal reporter: " l’immagine di quel
bambino che oggi potrebbe essere un quarantenne o un cinquantenne,
mi intriga fortemente, chiarisce Enrico Rondoni. Il mio sogno
è rintracciare uno di questi bambini, scoprire quale sia
stata la sua storia e tramite questa capire meglio i mutamenti di
questo grande Paese”.
|
Shanghai, 1981
|
|