Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno IX - n.38 - Ottobre - dicembre 2013
IN MOSTRA 



Edvard MUNCH, "il pittore che creò l'angoscia"
di Bruna Condoleo




La nostra Rivista si è già occupata dell’arte di Edvard Munch, sia per l’originalità del suo linguaggio pittorico, precursore dell’Espressionismo tedesco del ‘900, sia per la sua capacità di comunicare stati d’animo e sentimenti forti e coinvolgenti. A centocinquanta anni dalla nascita, Genova rende omaggio a Munch (1863/1944), con una retrospettiva che girerà l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone, consacrando nel mondo la fama di uno dei padri dell’arte contemporanea. Nel Palazzo Ducale sono esposti i suoi capolavori, oli pastelli, tempere, litografie, in gran parte prestati dalla città di Oslo, oltre che da collezioni private sparse in tutto il mondo: un’occasione unica per ammirare dipinti dell’artista forse più enigmatico della storia dell’arte.
L’opera del norvegese Edvard Munch, nato a Loten nel 1863, è una delle rappresentazioni più dolenti del destino umano che il secolo scorso ci abbia consegnato: L’urlo, che è la tela più replicata dopo la Monna Lisa di Leonardo, è senz’altro da considerare il manifesto dell’angoscia e dell’incomunicabilità che attanagliano l’uomo del nostro tempo. L’arte di Munch non è riproduzione della natura, né del vero esteriore: essa svela attraverso immagini e colori inediti contraddizioni profonde, portando in superficie antiche colpe e sopiti timori. Nelle sue tele, dipinte con pennellate ondulate e frenetiche, dai colori violenti, un mondo di manichini disfatti vaga allucinato nella vana ricerca della felicità: dinanzi a queste immagini sconsolate ci si sente chiamati a riconsiderare la propria identità, inoltrandosi nei meandri misteriosi dell’inconscio, fino ad allora inesplorati, per indagare la ragione del nostro essere nel mondo.




Madonna, 1896 litografia, 60,5 x 44,7 cm Ars Longa, Collezione Vita Brevis © The Munch Museum / The Munch- Ellingsen Group by SIAE 2013
 




Vampire II, 1895 pietra litografica, china, graffito, inciso su legno, 38,7 x 56 cm Ars Longa, Collezione Vita Brevis © The Munch Museum / The Munch- Ellingsen Group by SIAE 2013




Da Van Gogh e da Ensor la pittura del primo ‘900 ha dovuto fare i conti con il malessere di vivere e Munch ha saputo tradurre l’angoscia esistenziale con una figurazione visionaria e altamente suggestiva. Del resto la sua vita è stata costellata di dolori atroci: la morte della madre, quando il pittore aveva soltanto 5 anni e quella di Sophie, la sorella quindicenne minata dalla tubercolosi, determinano nella sua psiche una prima insanabile lacerazione. Il quadro “Bambina malata”, replicato dall’Artista ogni 10 anni, è uno dei temi ossessivi della sua pittura, assieme alla paura e alla gelosia: forti passioni, drammi violenti e solitari che, al pari delle opere del connazionale autore di teatro Henrik Ibsen, i suoi personaggi vivono senza possibilità di riscatto.
Anche se grazie ai frequenti viaggi in Europa Munch ebbe l’occasione di entrare in contatto con i movimenti artistici del tempo, come l’Impressionismo, il Pointillisme e il Fauvismo, il suo linguaggio mostrò sempre una connotazione del tutto singolare, che si allontana sensibilmente dal realismo naturalistico di fine ‘800 per aderire ad un’arte che ponesse in primo piano il mondo oscuro della psiche. Attraverso una tecnica espressionista, essenziale e antiretorica, pervasa da un simbolismo di matrice gauguiniana, Munch è stato un anticipatore della psicoanalisi freudiana, dal momento che l’amore e l’erotismo sono vissuti nella sua opera come colpe ancestrali, pulsioni interiori cui sono estranei il piacere e la gioia. In Madonna, ad esempio,(il cui titolo, aggiunto in un secondo tempo, interpreta erroneamente il tema come fosse sacro), l’estasi amorosa è vista come abbandono doloroso, in cui “l’altro”, vittima o carnefice che sia, è comunque assente. Nell’opera analoga, realizzata graficamente, è anche presente un piccolo feto scheletrico e macabro, allusivo alla maternità negata, vissuta con i foschi colori della tragedia.
Anche il tema del bacio, molto amato dai pittori dei secoli precedenti, diviene in Munch aggressione e violenza, come in Vampire II; i bambini in riva al mare sono figure malate, dai visi assorti e dai corpi immobili, immagini dipinte con spesse pennellate di colore, in un ambiente silente e inospitale.


Bathing Boys, 1904-1905 olio su tela, 57,4 x 68,5 cm © Munch Musuem © The Munch Museum / The Munch- Ellingsen Group by SIAE 2013

    

Inger Barth, 1921 olio su tela, 130 x 100 cm Ars Longa, Collezione Vita Brevis © The Munch Museum / The Munch- Ellingsen Group by SIAE 2013


Malgrado la depressione del padre e la morte prematura del fratello, Munch riuscirà negli anni trascorsi a Berlino (dal ’90) ad elaborare i drammi privati oggettivandoli nella pittura, che assume perciò un aspetto catartico e un valore universale. Anche se lo spettro della follia è sempre in agguato e nel 1900 e nel 1908 l’artista è ricoverato in sanatorio, egli continua il lavoro di pittore e di grafico. I ritratti di questo periodo propongono volti attoniti, circonfusi di una vaga infelicità, mentre i paesaggi più tardi sono scenari dipinti con colori gridati, ma pervasi dal senso di una profonda solitudine.
Disperazione, morte e senso di colpa, tormenti della sensibilità esasperata dell’uomo contemporaneo, si proiettano nella pittura di Munch con spietata crudeltà, ponendoci di fronte al mistero delle nostre emozioni, all’indecifrabilità del destino, al pensiero cupo della fine. “Ognuno sta solo sul cuor della terra…”, dice il Poeta* e questa immagine potrebbe essere l’emblema di molte tele del pittore, come in Le fanciulle sul ponte, dalle cui linee oblique e tese si percepisce una visione del mondo popolata da tensioni oscure, sulle orme della filosofia di Kierkegaard, quasi una trasposizione pittorica delle tematiche del drammaturgo svedese Strindberg, molto amico dell’artista.
Munch ha inteso la pittura alla stregua della vita stessa: è indicativo, infatti, che egli ponesse le tele in giardino, alla neve e alle intemperie, perché potessero perdere di splendore e acquistare quella patina del tempo che solo la vita può dare.
Cosi scrive Marc Restellini, curatore della mostra genovese: "Munch s’iscrive nella linea di William Turner e di Gustave Courbet, è l’anello mancante della catena che unisce artisti come Pablo Picasso, Georges Braque, Jean Dubuffet e Jackson Pollock nella storia del Modernismo. Autentico innovatore per quanto riguarda l’apporto della cinetica all’arte, egli fu anche un modello in termini di avanguardia e di rottura con i modelli precedenti”.

La mostra "Edvard Munch”, inauguratasi a Genova il 6 novembre scorso, si concluderà il 27 aprile 2014.



The Red House, 1926-1930 olio su tavola, 45,5 x 55 cm Ars Longa. Collezione Vita Brevis
© The Munch Museum / The Munch- Ellingsen Group by SIAE 2013


nota* Salvatore Quasimodo, da: Ed è subito sera"

info:
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press@arthemisia.it


Bruna Condoleo, storica dell'arte, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte




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