Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Work in progress - Anno XVI - n.68 - Aprile - settembre 2021
IN MOSTRA 


MODIGLIANI, fra disegno e pittura. Opere dal Musée de Grenoble

di Bruna Condoleo


La Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, espone il capolavoro Femme au col blanc, un olio su tela del 1917, raffigurante Lunia Czechowska, la modella preferita da Amedeo Modiglian, assieme a cinque ritratti a matita, provenienti dal Musée di Grenoble, che rappresentano personaggi della Parigi degli anni ‘10, dove Modì fu al centro dell’avanguardia  artistica internazionale.
Scultore per vocazione e per passione, strappato forzatamente alla scultura a cauda dell’estrema debolezza fisica, Amedeo Modigliani divenne pittore insuperato per eleganza formale e per originalità espressiva. Con un destino simile a quello di Michelangelo, che pur sentendosi soprattutto scultore, negli affreschi della Cappella Sistina lasciò l’impronta superba della sua genialità pittorica, Modigliani produsse capolavori di pittura, malgrado avesse dato prova della propria versatilità in un’arte faticosa che prediligeva la pietra e i materiali duri da modellare.
Partito da una formazione classica, che gli aveva inculcato l’amore per i pittori trecenteschi senesi, come Simone Martini, e per gli artisti del ‘400, come Pietro di Giovanni Ambrosi (una sua Madonna è esposta nella mostra) e Sandro Botticelli, Modigliani, una volta giunto a Parigi nel 1906 dalla natia Livorno, appena ventiduenne, si era immerso nell’atmosfera dinamica della capitale francese, aperta alle più svariate esperienze europee, in un clima di libertà e di rinnovamento culturale. Picasso e Brancusi, i fauves, gli scultori Laurens e Lipchitz, gli intellettuali come Max Jacob, gli scrittori come Guillaume Apollinaire: un mondo fervido di idee e di entusiasmi che lo affascina!

Amedeo Modigliani, Femme au col blanc, 1917, olio su tela



Amedeo Modigliani, Portrait d' homme, circa 1915, matita su carta




Maschera africana, Gouro, Costa d'Avorio. Collezione privata Marcello Lattari


La leggenda del pittore bello e perduto, che passa dalle droghe all’hashish, incurante della precaria salute e delle convenzioni borghesi, ha contribuito a fare di lui il prototipo dell’artista “maudit”, maledetto. Tuttavia non è certamente in questa esistenza dissipata  che risieda il fascino di Modì, bensì nella sua arte raffinatissima, espressione di un cammino interiore di sofferenza, capace di distinguersi dalle avanguardie coeve come dai protagonisti dell’arte del primo ‘900. Se è innegabile l’influenza di Picasso del periodo blu sulle opere dell’Artista, è la lezione salda e volumetrica di Paul Cézanne, morto lo stesso anno in cui Modì giunse a Parigi, a incidere durevolmente sulla sua poetica. La sintesi essenziale dei volumi, la ricerca della forma geometrica, il rigore del disegno, che la mostra alla Fondazione Magnani Rocca mette in rilievo con l’esposizione di opere dei pittori preferiti dall’Artista italiano, sono elementi fondamentali del vocabolario figurativo di Modigliani, gli stessi che caratterizzano le sue sculture degli anni Dieci. Teste in pietra, molto allungate, ove i tratti del viso sono ridotti a puri segni, come fossero idoli cicladici, volti tesi all’essenza, bloccati in forme semplificate, quasi astratte, eppure sempre individuabili naturalisticamente. L’estrema stilizzazione ci fa pensare agli influssi dell’arte africana che in quegli anni affascinava tanti artisti, come Matisse e Picasso, tuttavia per Modì questa predilezione si coniuga con un amore per l’arte mediterranea delle origini: l’arte egizia, la scultura greca arcaica, perfino la lontana cultura kmer.



Amedeo Modigliani, Portrait de Gillet, circ -1917-191-matita su carta




Amedeo Modigliani, Portrait de Paul Dermée, circa 1918-1920, matita su carta.



Una passione, dunque, la sua che ripercorre a ritroso la storia della figuratività occidentale e, senza mai rinnegare la tradizione e i valori della forma, si riappropria del senso primordiale dell’esistenza, del mistero della sacralità, di un concetto di universalità della visione.
Abbandonata la scultura, a causa di un aggravamento della tubercolosi contratta da ragazzo, Modì intensifica la produzione di oli, soprattutto ritratti e nudi femminili, assecondando una vocazione innata per la figura che lo aveva portato a frequentare poco più che ventenne la scuola di nudo a Venezia e nel 1917 l’Accademia Colarossi a Parigi. Quello dei ritratti di Modigliani è un mondo singolare, estatico e silenzioso, una carrellata di persone che ruotano attorno al pittore, ne condividono speranze, ansie, delusioni e affettività, come la delicata Czechowska, moglie dell’amico d’infanzia Léopold Zborowski, mercante d’arte polacco e mecenate dell’Artista, oppure il dandy Baranowskij, il mercante Guillaume, l’esile Cocteau, ma soprattutto la dolce e fragile Hébuterne, amata profondamente dall’Artista negli ultimi 3 anni della sua breve esistenza. Ogni immagine è un capolavoro di sintesi espressiva, di bellezza lineare e formale, un’interpretazione globale del personaggio eternato nella più intima spiritualità. Non la mera somiglianza fisica, né la presenza di particolari ambientali o paesaggistici servono al Pittore per ricostruire l’identità dell’amico, dell’amata o della modella, ma una linea morbida, ininterrotta, melodiosa che costruisce la forma, un tratto incisivo che si estenua in lunghi colli sinuosi, memori di quelli del pittore manienista Parmigianino, nell’intreccio di mani, nei nasi appuntiti, nelle mandorle, spesso vuote, degli occhi.



Mostra Modigliani. Pietro di Giovanni Ambrosi, Madonna col Bambino, Siena, 1446-1447, tempera su tavola centinata.




Paul Cézanne, Arbres, 1887-1890, acquerello su carta




Occhi senza pupille, come quelli delle statue antiche, eppure occhi sempre diversamente espressivi, intrinsecamente malinconici, a volte pervasi da tenerezza o spenti da languore, a volte persi in lontananze siderali.
Mentre le figure vestite mostrano corpi privi di volumetria, circonfusi da un’aura di solitudine e isolati ieraticamente dal flusso degli eventi, i nudi si modulano in morbide curve, acquistano plasticità, accesi da rosei cromatismi, delineati da pennellate pastose e dense e si offrono in molli abbandoni, quasi a donarsi totalmente a chi li mira. Impossibile non percepire che grazie a questo flusso energetico che si instaura tra la modella e l’Artista nell’atto del dipingere, Modì riesce a infondere nel quadro una sensualità sottile e disarmante, al di là di ogni schema accademico. Lo scandalo che ha circondato l’esposizione dei suoi nudi nel 1917 alla Galleria Weill, giudicati troppo scopertamente carnali, è frutto di una totale incomprensione del significato più profondo della sua arte, capace di sublimare il soggetto grazie a uno stile inconfondibile con il quale il Pittore decanta ogni dato realistico in ritmi armoniosi, fatti di gentilezza e di grazia, ma anche di profonda inquietudine interiore, intreccio misterioso di colto e di primitivo, un inno alla vita anche se offuscato dal pensiero della precarietà di ogni cosa!
Montmartre e Montparnasse sono i quartieri parigini in cui Modì visse la breve esistenza, povera e soltanto a tratti rischiarata da qualche labile successo, divenuta più serena grazie al generoso amore di Jeanne Hébuterne, studentessa dell’Accademia Colarossi, che rimase accanto a lui fino alla fine, nel 1920, quando a soli 36 anni si spegne, poco più di cento anni fa:  due giorni dopo anche la giovanissima compagna, incinta del secondo figlio, si tolse la vita. 



Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Stefano Roffi con la collaborazione di Alice Ensabella; Saggi e testi in catalogo di Sophie Bernard, Alice Ensabella, Marcello Lattari, Stefano Roffi, Aldo Santini, Guy Tosatto.   




Bruna Condoleo, storica dell'arte, giornalista, curatrice di mostre e di cataloghi d'arte



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