Autorizzazione Tribunale di Roma n. 378 del 30/09/2005
 
Rivista bimestrale - Anno VI - n.25 - Luglio-ottobre 2010
L'ARTE NEL MIRINO 


Nino Migliori: gente d'Italia.
di Francesca Pardini




Nino Migliori, il passato è un mosaico da incontrare, ritorno agli anni ‘50' : un sottotitolo calzante, quello della mostra del fotografo bolognese appena conclusasi al Vittoriano di Roma. Una mostra sugli italiani degli anni '50, sulla vita aspra, povera, felice, speranzosa di una generazione che da nord a sud è stata immortalata dall'obbiettivo di Nino Migliori.
Formatosi nel crogiolo dei circoli amatoriali del dopoguerra e in particolare nell'ambito del gruppo Misa diretto da Giuseppe Cavalli, Migliori opera dal '53 al fianco di Piergiorgio Branzi, Mario Giacomelli e Alfredo Camisa , dai quali però si allontana nel '57 rifiutando un certo formalismo nel quale non si riconosce pienamente. Liberato dalla censura del ventennio fascista, Migliori sperimenta con la fotografia quella sete di realismo che si andava manifestando in tutte le arti, conciliando il forte interesse per l'analisi sociale con una resa fotografica documentaria, seppur attenta ad una costante “messa in scena”. Dalla “Gente del Sud”, alla “Gente dell'Emilia” fino alla “Gente del Delta” – del Po-, la sua fotografia sembra essere attraversata da una sottigliezza metalinguistica che pone l'accento sull'atto stesso del “guardare”.
E' quello che risalta nella prima serie presentata al Vittoriano, uno spaccato di vita dei paesi del Sud Italia, realizzato in un periodo di quotidiana frequentazione di questi luoghi. Migliori cerca e coglie le relazioni familiari, le dinamiche politiche e sociali, l'assuefazione alla povertà e spesso la noia di una vita scandita dai ritmi familiari.
Come dice il curatore della mostra egli non è “alla ricerca di facili scorci pittoreschi” ma è anzi guidato da un progetto preciso per ciascuna immagine. Senza mettere in soggezione i propri interlocutori crea un rapporto di naturale complicità, dando loro modo di creare -forse involontariamente- la composizione visiva migliore: ecco la foto di una famiglia seduta sugli scalini di casa presentarsi in una sorta di gerarchia anagrafica, il padre e la madre in alto e i figli a seguire nell'ordine.
Le case sono aperte, senza porte, non c'è esterno o interno, pubblico e privato, ma l'obbiettivo discreto di Migliori si ferma comunque sulla soglia, quella di casa, quella del bar, quella della sezione di partito. Le porte, gli archi, le finestre di questi paesi, che si alternano e si rincorrono l'uno dentro l'altro, sono riprese spesso singolarmente e fungono da cornici ideali, entro le quali tutto si apre alla vista come uno spettacolo reale, allo stesso tempo sorprendente e amaro.





Foto tratta da “Gente dell’Emilia”, 1957 Bologna, Archivio fotografico Nino Migliori



Il fabbro. Foto tratta da “Gente del Sud” 1956
Bologna, Archivio fotografico Nino Miglior
Creano come una quinta teatrale e segnano, in realtà, una certa distanza attitudinale tra il fotografo e l'oggetto della sua ricerca, tradiscono uno sguardo che rimane al di fuori della scena, attento esploratore degli elementi della visione.
Diversamente si presenta la serie successiva, “Gente dell'Emilia” contrassegnata da un'atmosfera provinciale più gaia, speranzosa, legata alle tradizioni religiose, alle ricorrenze e alle feste.
Il sistema fotografico di Migliori procede progressivamente verso la ricerca di un linguaggio dei segni, puntando su una concettualità analitica che volge lo sguardo alla realtà ripresa, ma soprattutto al codice che la rappresenta. Punta estrema di questo modus operandi sono gli scatti effettuati alla Fiera di Milano nel 1954, dove la tecnica dei contrasti neri e bianchi viene essenzializzata al massimo. La stessa attenzione è riservata alle scritte, alle insegne e ai segni grafici che popolano la neo società del boom, messi in continua relazione con ciò che li circonda. Si vengono a creare così dei muti dialoghi di “ironia visiva”, come nella foto tratta da “Gente del Nord”, del 1953, dove Migliori cattura una casuale parodia della bellezza nel gioco linguistico tra l'immagine pubblicitaria di Marilyn Monroe e quella reale di un'anziana al banco di un mercato.
La sperimentazione continua di Migliori passa poi per le astrazioni dell' “off camera”, la manipolazione delle Polaroid, le sovraimpressioni e i fotomontaggi, senza mai tralasciare completamente la componente figurativa della fotografia che ritorna continuamente nel suo lavoro.
Dunque un sensibile indagatore, le cui produzioni visive si distinguono per una grande capacità visionaria, sostenuta a sua volta da una costante riflessione sui linguaggi iconici.


Foto tratta da “Gente del Nord”, 1953 Bologna,
Archivio fotografico Nino Migliori





Venezia 1958 Bologna, Archivio fotografico Nino Migliori


Francesca Pardini è laureata in Storia dell'Arte Contemporanea e specializzata in Fotografia contemporanea.
francespardini@hotmail.it

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